Achillea, medicina dell’antichità

Fitoterapia - Omero racconta di come fosse usata quale pianta terapeutica già durante le guerre troiane
/ 01.10.2018
di Eliana Bernasconi

L’Achillea millefolium, della famiglia delle Asteraceae, fiorisce da maggio a settembre nei prati aridi di montagna e collina, lungo i ruscelli, nei fossi, ovunque, sparsa a capriccio dal vento. Impossibile non notarla. A volte può diventare infestante: può raggiungere i 40cm in altezza. Ha un fusto slanciato e duro. Sembra fragile, invece è fortissima. I fiori dalla caratteristica forma a ombrello hanno delicate gradazioni, dal bianco pallido al bianco rosato che sfuma nel lilla, e a volte, raramente, nel violetto. Possiede un profumo particolare, acuto e amarognolo. Come indica il suo nome, le foglie crescono alternate sul fusto. Sono lunghe e presentano una lamina frastagliata in mille piccolissime foglioline, ottime cotte in zuppe di verdura, minestre e frittate, o crude nelle insalate.

I nomi volgari della pianta sono molti, vedremo perché: è detta «Stagna sangue», «Erba dei crociati», «Erba militare», «Erba dei tagli», «Erba dei somari». Raccogliamo oggi la stessa erba che l’eroe omerico Achille, cui deve il nome, usava durante la guerra di Troia per guarire le ferite del suo compagno, dietro suggerimento del Centauro Chirone, suo maestro in medicina, ispirato da Afrodite della quale godeva la protezione. L’Achillea era apprezzata anche dai Celti, che ne consideravano la raccolta come un rito religioso. Durante le crociate i combattenti portavano con loro foglie essiccate di millefoglio, dai forti poteri cicatrizzanti. E poteva forse mancare Ildegarda di Bingen, l’illuminata monaca del Medioevo che ormai conosciamo? Così scriveva: «Il millefoglio è un po’ caldo e secco e ha forze particolari e buone per le ferite. Infatti se per disgrazia un uomo è stato ferito si lavi la ferita con vino e sul panno che sta sopra fasci leggermente del millefoglio caldo, bollito moderatamente nell’acqua e successivamente moderatamente strizzato, ed esso toglie alla ferita il marcio e le ulcere e guarisce, e si faccia spesso così finché necessiti, ma chi sia stato ferito da spiedi o ha ricevuto una ferita all’interno del corpo, polverizzi questo millefoglio e beva quella polvere nel vino caldo finché non sarà guarito».

All’alba del terzo millennio potrebbe questa pianta avere perso tante virtù? Accostiamola quindi con grande rispetto: le sommità fiorite si raccolgono da giugno a settembre, si seccano all’ombra e si conservano in barattoli o scatole di cartone. Dal punto di vista dell’analisi chimica la pianta è ricca, complessa e continuamente studiata. Sono stati identificati centinaia di composti: l’essenza contiene ad esempio canfora, eucaliptolo, cineolo, limonene, resina amara, tannini e molti altri acidi organici. È inoltre ricca di composti dalle proprietà antiossidanti, presenti nel regno vegetale, nella frutta e nella verdura, che hanno la funzione di difendere la pianta. L’Achillea ha proprietà rimineralizzanti e vaso dilatatorie, cura mani e piedi freddi: per uso esterno è antisettica, la tintura madre ha proprietà antiinfiammatorie, antispasmodiche, emostatiche, ipotensive.

Non sono noti effetti collaterali, se usata secondo le indicazioni (non dimentichiamo mai che le erbe non sono prive di pericolo solo perché naturali), si sconsiglia ad esempio la sua assunzione durante la gravidanza e l’allattamento a causa delle sue proprietà emmenagoghe (cioè di favorire le mestruazioni). Nella medicina popolare l’infuso della pianta fiorita era ritenuto digestivo e antispastico intestinale. Il decotto di Achillea, iperico e lichene d’Islanda era bevuto contro la bronchite, mentre contro la tosse si preparava un infuso di fiori di Achillea, tussillaggine e tiglio. Per cicatrizzare le ferite, trattare ragadi e emorroidi si applicava un impiastro preparato riducendo in poltiglia erbe e fiori freschi. Nelle campagne non era usata solo per le qualità medicinali, ma anche perché aveva la proprietà di conservare il vino: si metteva infatti un sacchetto di semi di Achillea nella botte.

L’Imperatore e indovino cinese Fu Hi raccomandava di costruire le 50 bacchette divinatorie per ottenere gli esagrammi dei responsi dell’I-Ching (il celebre Libro delle Mutazioni usato in Cina per prevedere il benessere pubblico e gli affari di Stato) usando i forti steli dell’Achillea.

Bibliografia
Gabriele Peroni, Driope. Trattato di fitoterapia, Nuova Ipsa Ed.
Laura Rangoni, Il grande libro delle piante magiche, Xenia Ed.