Abitudinari di natura

Psicologia – Perché è difficile cambiare le routines della nostra quotidianità? A colloquio con lo psicologo e psicoterapeuta Fabian Bazzana
/ 07.05.2018
di Alessandra Ostini-Sutto

Dal preparare il caffè la mattina fino a mettere il pigiama la sera, passando per l’ascolto delle notizie alla radio e la passeggiata con il cane. La nostra quotidianità è costellata da routines. Tanto che gli esperti affermano che svolgiamo automaticamente più dell’80 per cento delle nostre azioni. Oltre al modo in cui eseguiamo i compiti abituali, anche quello in cui reagiamo a molteplici situazioni è spesso determinato da automatismi che abbiamo appreso nel corso della nostra vita e di cui siamo in genere poco consapevoli. Se ripetuti di continuo, certi comportamenti vengono infatti registrati e compiuti poi meccanicamente nella quotidianità e in risposta a determinati stimoli. Si tratta di una sorta di «programma risparmio» messo in atto dal cervello perché pensare costa fatica, inoltre vengono ridotti i rischi. Il fatto di trasformare i nostri comportamenti in routines ha quindi un senso da un punto di vista neurobiologico ed è utile alla sopravvivenza. «L’essere umano è abitudinario di natura. In modo innato crea degli schemi e dei rituali che gli danno conforto e sicurezza», spiega Fabian Bazzana, psicologo e psicoterapeuta di Locarno, «questo impariamo a farlo fin da bambini. I piccoli hanno infatti bisogno che ci siano delle ritualità, delle abitudini ricorrenti che li tranquillizzano e li rassicurano».

Di principio le abitudini non sono quindi una cosa negativa. Taluni di questi comportamenti ricorrenti sono premiati dal cervello con il rilascio di sostanze oppioidi, che ci procurano sensazioni piacevoli o, nel caso in cui una determinata azione abitudinaria non possa essere svolta, spiacevoli, rendendoci quindi dipendenti da essi. Il problema si pone di conseguenza quando le abitudini riguardano comportamenti negativi – per esempio il ricorso ad alcol o a determinate sostanze – o quando esse diventano talmente rigide da non permettere alla persona di affrontare i cambiamenti.

In generale comunque siamo tutti un po’ «autori e vittime» delle nostre abitudini. Basti pensare a quante volte diciamo che vorremmo, per esempio, mangiare di meno, muoverci di più, passare meno tempo online, eccetera. Nella realtà dei fatti però cambiare determinati atteggiamenti, e soprattutto farlo in modo duraturo, è difficile. In un certo senso, è come se il nostro cervello ci mettesse «il bastone tra le ruote». È vero che si tratta di un apparato che può imparare e disimparare, ma, se può scegliere, privilegia la stabilità, il mantenimento delle abitudini anche negative. Ciò vale anche per gli atteggiamenti che abbiamo nelle relazioni, i modi di reagire agli altri; spesso, quando qualcuno ci fa notare alcuni nostri comportamenti, rispondiamo semplicemente «sono fatto così». «Cambiare per l’essere umano è quasi sempre destabilizzante. Si fa fatica perché le abitudini diventano parte della nostra stessa identità, come se fossero dei fondamenti della nostra anima, ciò in cui ci riconosciamo a livello profondo. Inoltre il comportamento che desideriamo cambiare, perché, in un dato momento della nostra vita lo consideriamo, razionalmente, in parte dannoso, spesso ci dà o ci ha dato in passato gratificazioni e sicurezze», commenta lo psicologo, «di conseguenza cambiare richiede un grandissimo livello di energia, motivazione e costanza». Più facile sarebbe creare un comportamento ex-novo piuttosto che cambiarne uno che svolgiamo ormai in modo automatico.

Un trucco per riuscire nell’intento è quello di «ridefinire» l’abitudine che si vuole cambiare. Mettiamo che l’obiettivo sia quello di mangiare meno e fare più sport. Se quando arriviamo a casa la sera, senza pensarci, apriamo il frigorifero, potremmo sostituire questo gesto con quello di aprire lo sportello della scarpiera ed andare a correre. In questo modo si collega il nuovo comportamento (fare più sport) ad uno stimolo già esistente e ad una situazione determinata (il rientro dal lavoro). Certo poi affinché la novità introdotta diventi a sua volta una routine ci vogliono volontà, autodisciplina e molte ripetizioni ma ci sono pure delle strategie che possono venire in aiuto. «Come regola generale è bene ricordarci da dove partiamo e perché vogliamo cambiare. Deve essere qualcosa che sentiamo a livello profondo come veramente significativo e rispondente ad un bisogno. Dopodiché esistono tutta una serie di strategie che ci aiutano nel percorso di cambiamento», spiega Fabian Bazzana, «qualcuno che ci accompagni può essere di aiuto. In certi casi può trattarsi di uno psicologo, in altri può essere più semplicemente una persona a noi vicina che ci aiuta a ricordare l’obiettivo e ci sostiene nei momenti di demotivazione e difficoltà. Un po’ come fanno i personal trainer per quel che riguarda l’attività sportiva». Il fatto stesso che un determinato comportamento venga associato ad una persona alla quale siamo legati può sicuramente avere un’influenza positiva. «Quando il tipo di abitudine che vorremmo instaurare lo consente, può rivelarsi utile creare un piccolo gruppo accomunato dallo stesso obiettivo, nell’ambito del quale sostenersi a vicenda. Questo aiuta molto, dato che è praticamente impossibile che si sia tutti demotivati nello stesso momento, inoltre c’è sempre qualcuno che ricorda l’obiettivo e questo sostiene motivazione e volontà», continua lo psicoterapeuta.

Per gli uomini pare che risulti più semplice cambiare abitudini una volta posto un obiettivo concreto, ad esempio perdere 5 kg. Per le donne, invece, il raccontare i buoni propositi ad amici e parenti sembra essere più valido come aiuto.

«Poi immaginarsi già il risultato, visualizzarlo (come starei se perdessi 5 kg, se facessi sport regolarmente,...), scrivere questi obiettivi, fare un programma per raggiungerli, con delle scadenze che consentano di verificare quanto ottenuto e darsi delle ricompense per i vari risultati intermedi. Un altro aspetto fondamentale su cui lavorare è la convinzione di potercela fare. Tra tutte le cose dette questa è probabilmente la più importante», spiega Fabian Bazzana, che continua: «Quando possibile, è interessante inserire il cambiamento in un momento significativo». Se non dovesse essere il caso, uno dei periodi migliori per cambiare abitudini coincide con le vacanze, quando vengono cioè a mancare gli stimoli abituali che fanno scattare i comportamenti routinizzati. Oppure quando già si vivono delle situazioni di cambiamento, come la nascita di un bambino o un divorzio. «Tante volte i cambiamenti nascono proprio da una situazione di crisi. La rottura del precedente equilibrio è infatti il momento giusto per fare un bilancio della propria situazione e ripartire verso un nuovo stile di vita», conclude Fabian Bazzana.