È una dilatazione localmente circoscritta di un’arteria e in teoria si può manifestare in qualsiasi vaso arterioso dell’organismo. Quella più comune e frequente riguarda l’aorta addominale con oltre 700mila persone colpite in Europa e 220mila nuovi casi diagnosticati ogni anno. Parliamo dell’aneurisma (dal greco: dilatazione): un disturbo serio e subdolo che negli Stati Uniti si è meritato l’appellativo di silent killer, cioè assassino silenzioso. Una malattia temutissima che potrebbe essere prevenuta con successo attraverso lo screening mirato già in uso in alcuni Paesi (come ad esempio la Germania): un’ecografia addominale per gli uomini over 65 anni.
«L’aorta addominale è l’arteria più colpita: 80 per cento dei casi rispetto alla totalità che comprende il 4 per cento degli uomini sopra i 65 anni; nelle donne è da 5 a 8 volte meno frequente, anche per il fatto che una delle possibili cause è rappresentata dal fumo (il tabagismo nella donna è ancora inferiore rispetto all’uomo), fattore rischio più importante insieme alla famigliarità», esordisce il vice primario di chirurgia all’Ospedale Regionale di Lugano dottor Luca Giovannacci, responsabile di chirurgia vascolare dell’EOC.
Gli chiediamo di illustrare sintomi, diagnosi, terapie e prognosi di questa patologia che purtroppo, se non preventivamente diagnosticata e monitorata, può non lasciare scampo: «L’aneurisma addominale non provoca alcun disturbo fino al giorno in cui si espande all’improvviso o si rompe». Il tratto di arteria malato tende a compromettersi progressivamente, in modo silenzioso e senza creare disturbi, fino a quando viene scoperto per caso o, nella peggiore delle ipotesi, si dovesse rompere generando un’emergenza: «A quel punto, l’80 per cento dei pazienti non riesce ad arrivare nemmeno in ospedale, sebbene il personale delle nostre ambulanze sappia riconoscere tempestivamente la problematica e, per aumentare la possibilità di sopravvivenza, convoglia immediatamente i pazienti di tutto il Cantone a Lugano dove questa patologia e i suoi trattamenti sono centralizzati e presi a carico con eccellenza dal team multidisciplinare di chirurghi, anestesisti e interventisti».
Di quel 20 per cento che giunge in ospedale, operato in emergenza, se ne salva poco più della metà: «Il paziente arriva in condizioni già estremamente disperate, in cui sono i minuti a fare la differenza, perché il sanguinamento dell’aorta è interno e massiccio». Torniamo al concetto di prevenzione: per attuarla concorrono la conoscenza dei fattori di rischio per la formazione di un aneurisma e lo screening selettivo. Il principale fattore di rischio deriva dalla famigliarità, a cui se ne associano altri: «Avere un parente di primo grado con un aneurisma aumenta di 5 o 6 volte il rischio di contrarlo. Per questo, consigliamo a tutti i parenti di primo grado dei pazienti con aneurisma di effettuare una semplice ecografia, soprattutto se maschi, ma a questo punto vale anche per le donne. Oltre alla famigliarità, concorrono ipertensione, arteriosclerosi e fumo (perciò poniamo il divieto assoluto di fumare anche per i parenti di un paziente portatore di aneurisma!)».
Malgrado la sua efficacia, lo screening ecografico non ha ancora preso il via in Svizzera e per questo, dati alla mano, si batte la Società Svizzera di Chirurgia Vascolare: «Un nostro studio pilota ne ha dimostrato l’assoluta efficacia: su mille persone, abbiamo constatato che duecento avevano effettuato un’ecografia o una TAC nell’ambito dell’indagine di altre patologie (se avessero avuto un aneurisma sarebbe emerso in tale circostanza). 800 però non vi erano mai stati sottoposti e ciò dimostra che la maggior parte dei pazienti tra 65 e 80 anni non era mai stata controllata». Cosa effettuata nell’ambito dello studio, con risultati che fanno comprendere l’indubbia efficacia di un’ecografia selettiva per questa fascia d’età: «Dall’ecografia effettuata a queste 800 persone è risultato che 31 presentavano un piccolo aneurisma (poi monitorato, sempre attraverso una periodica ecografia, una o due volte l’anno); un paziente è stato repentinamente operato perché presentava un aneurisma grosso (55 millimetri), e oggi a 4 anni di distanza altri 4 pazienti sono stati operati con successo».
Il rischio di rottura aumenta in modo esponenziale con l’aumento del diametro della dilatazione aortica: «Si interviene quando la dilatazione arriva a 5-5,5 centimetri e il rischio è drammaticamente concreto». Affrontare un’emergenza dovuta alla rottura dell’aneurisma, ammesso che il paziente arrivi vivo in ospedale, è molto più rischioso che non il programmarne l’intervento: «Con la pianificazione, il paziente è ancora in buone condizioni, il team chirurgico è fresco e non deve operare in emergenza, gli accertamenti cardiaci e polmonari (atti a minimizzare i rischi operatori) che precedono l’operazione sono stati effettuati con calma. Tutt’altro è operare un paziente non noto e senza gli esami necessari perché in emergenza assoluta».
Secondo la valutazione del singolo caso, e in accordo con il paziente, i possibili interventi sono due: «Con quello endovascolare si pone una protesi all’interno dell’arteria senza togliere l’aneurisma. Ha una mortalità media dell’1-1,5 per cento ma non è adatto a tutti; necessita di periodiche revisioni e non tutti gli aneurismi possono essere risolti con questo metodo che, però, ha il pregio di essere indicato per anziani o coloro per cui il rischio di intervento aperto risulta troppo elevato». L’intervento aperto è risolutivo anche se più impegnativo: «Consiste nella resezione dell’aneurisma conseguente all’applicazione di una protesi sintetica in poliestere molto ben tollerata». Un intervento la cui mortalità (quando è programmato) è del 3 per cento, a causa delle possibili complicazioni come infarto e polmonite: «Un paziente con una buona qualità di vita e non particolarmente anziano non andrà incontro a potenziali complicazioni come uno di 85 anni, anche se ogni caso è ottimizzato attraverso la discussione del consesso interdisciplinare tra chirurghi vascolari, radiologo interventista, angiologo. La scelta del metodo da proporre al paziente tiene conto dei suoi fattori di rischio, della sua morfologia e delle sue malattie concomitanti».
L’aneurisma aortico è davvero cosa seria che si può risolvere preventivamente con un’indagine ecografica e un eventuale intervento salvavita: «Sopra i 5 centimetri, il rischio di rottura, e la morte conseguente del paziente, supera di gran lunga quello dell’intervento programmato».