Lunedì 2 settembre, primo giorno di scuola del nuovo anno scolastico, 28 cuochi a capo di altrettante cucine hanno servito circa 1800 pasti ai piccoli allievi nelle sedi di Scuola dell’infanzia a Lugano e delle mense di Scuola elementare gestite direttamente dalle cucine scolastiche. Il tutto rigorosamente fatto in casa. È una delle principali novità inserite nel progetto di riorganizzazione e razionalizzazione della refezione scolastica obbligatoria (Scuola dell’infanzia) introdotto dalla Città. La parola d’ordine era migliorare i processi e la qualità senza concentrare ma anzi valorizzando le realtà già presenti nei quartieri.
Una sfida non da poco, raccolta con entusiasmo da Roberta Barbieri, da gennaio 2019 responsabile della refezione scolastica cittadina. Un ruolo unico nel suo genere in Ticino, quello del «food & beverage manager per la refezione», introdotto nella grande Lugano soprattutto per migliorare ulteriormente la qualità del servizio offerto. «L’idea di introdurre questa figura rientra nella volontà del Municipio di implementare una nuova procedura legata agli acquisti in tutti i suoi dicasteri e per una corretta applicazione del nuovo sistema di valutazione del personale» spiega Fabio Valsangiacomo, direttore dell’istituto scolastico cittadino. Barbieri ha un’ottima esperienza in questo campo maturata con la gestione di molteplici tipi di ristorazione. «A livello di gestione non c’è grande differenza tra una refezione scolastica e una ristorazione classica» – sottolinea, ricordando però che nel caso della refezione scolastica va data grande attenzione alla corretta alimentazione, tenendo conto del fatto che i bambini mangiano tutti i giorni un menu prestabilito.
Per creare una lista di pasti equilibrati adatti a bambini dai tre ai sei anni Barbieri è partita dalle ricette raccolte dai vari cuochi cittadini per poi fare capo a Isabella Charbon, consulente cantonale per la refezione nella scuola dell’infanzia, che spiega: «A livello cantonale avevo creato un ricettario-guida con sei settimane di pasti che si possono poi ripetere a rotazione. All’interno di queste indicazioni generali di menu Roberta ha avuto il compito di definire nel dettaglio ingredienti e contenuto dei piatti. Per esempio, per un’insalata mista si deve indicare precisamente che tipo di insalata e di salsa, seguendo le stagioni e rispettando comunque la rotazione cantonale dei menu. Questo rende poi più semplice fare le ordinazioni settimanali per tutte le sedi». Finora i cuochi componevano i menu seguendo il ricettario cantonale con un certo margine di personalizzazione, mentre ora è tutto più strutturato.
La nuova organizzazione non vuole però essere un’imposizione dall’alto di regole e ricette a chi lavora quotidianamente ai fornelli: la personalità e lo stile di ogni cuoco restano fondamentali. «Ci teniamo che siano presenti e visibili in ogni sede» evidenzia Valsangiacomo. Per questo Lugano ha deciso di mantenere le 28 cucine con tutto il personale, senza centralizzare la produzione (a differenza di altre città come Locarno, dove una sola cucina serve tutte le sedi). «Questo è davvero un punto fondamentale che ci piace sottolineare – dice Barbieri – In fondo sono stati centralizzati solo gli acquisti. Così si crea anche un rapporto molto bello fra il cuoco e i bambini, un fatto importante a livello educativo». Anche in una sede minuscola come Brè, con una sola sezione di Scuola dell’infanzia, la cucina è presente. Solo in pochi casi si fa capo a sedi vicine con un servizio di catering: Carona, Dino 2 e Villa Luganese.
Qualità elevata e creatività individuale saranno garantiti dalla novità più importante di tutto il progetto: l’invito a produrre personalmente quasi tutto, dagli gnocchi alla pasta della pizza, dal brodo ai dolci. Il pasto diventa così davvero un momento di educazione al gusto. Barbieri fa notare come questa sia stata una parte interessante della creazione del ricettario, perché si è dovuto tener conto della fattibilità delle pietanze. «Ma il risultato è una ristorazione genuina e di alta qualità che difficilmente si trova altrove, se non nei migliori ristoranti (e nemmeno sempre…). Capita che a casa i bambini mangino alimenti preconfezionati perché i genitori non hanno purtroppo sempre il tempo di cucinare». Per rendere possibile tutto ciò, negli scorsi mesi Barbieri ha collaborato con i vari cuochi per allineare la dotazione delle cucine con i necessari elettrodomestici e macchinari.
Una particolare attenzione è data anche ai prodotti utilizzati. «Nell’ottica di promuovere le attività cittadine, ogni cucina fa capo anche, nel limite del possibile, a fornitori del quartiere o delle vicinanze per i prodotti alimentari. È un grande impegno perché è stato centralizzato un sistema che prevede di mantenere quasi trenta cucine e diversi fornitori. Questa forse è stata la parte più laboriosa del progetto, ma sono sicura che ne sia valsa la pena» è convinta Barbieri.
Lugano aveva anche aderito al progetto del Centro di Competenze Agroalimentari Ticino (CCAT), che mira a promuovere l’uso di prodotti locali nei menu scolastici. Un test è stato iniziato del 2019 in quattro sedi di Scuola dell’infanzia (Davesco-Soragno, Pazzallo, Viganello e Cassarate). «È un progetto che si ha il desiderio di consolidare inserendo quindi gradualmente un maggior numero di prodotti locali, laddove fattibile: il concetto di territorialità è fondamentale. Ma d’altra parte le dimensioni dell’Istituto scolastico luganese implicano una certa complessità organizzativa nell’attuazione pratica» fa presente Valsangiacomo.
Il nuovo progetto è dunque partito per il primo anno: saranno ora i 1800 piccoli critici gastronomici a valutare qualità e gusto dei piatti preparati con cura e serviti ogni giorno dai loro cuochi personali.