Vivere come una volta

/ 14.05.2018
di Maria Bettetini

«Materassi con aloe e ingredienti naturali». Tra telegiornale e partita, appare un signore elegante che mostra la novità del momento (del mondo dei materassi, che – non ci crederete – è in continua evoluzione): basta con i giacigli chimici o, peggio, OGM! Torniamo alla natura. Non si dormirà più sul polistirolo. Nel timore però che qualche anziano possa ricordare i materassi di lana, che ogni estate bisognava cardare per motivi di igiene, insomma per evitare le pulci, si lasciano perdere gli «ingredienti» animali, che sono anche costosi, e si propinano materassi con aloe e «ingredienti naturali». I problemi non sono pochi: in che forma e dove si inserirà l’aloe nel supporto per dormire? Quali altri ingredienti naturali accompagneranno il magico fogliame dell’aloe, panacea pari solo allo zenzero? E, poi, che cosa significa «cardare», chiederanno i miei piccoli lettori. Cominciando dal fondo: cardare significa aprire con le mani i fiocchi di lana che una volta riempivano i cuscini e i materassi. Era un’attività estiva delle donne: si scucivano uno o due lati, si tirava fuori la lana schiacciata dalle schiene e dalle teste che nell’anno lì avevano riposato, e poi si «aprivano» le pallette di lana che sembrava infeltrita, ma tornava invece soffice nuvola tra le sapienti mani di tutte le donne della casa. Il sole e l’aria cacciavano disturbanti animaletti, una lavata a federe e fodere e via, il materasso era meglio che nuovo. Dopo la lana ci furono più asettici materiali sintetici, ora l’aloe. Certo le foglie non potranno essere, hanno le spine. Nemmeno se triturate, sono piene di gelatina, quella che possiede appunto le proprietà antinfiammatorie per cui l’aloe è famosa.

Ricordo la moglie di un filosofo che incautamente aveva pensato di prendere dal forno una pirofila a mani nude. Poi infilò le estremità bruciacchiate dentro una grande foglia di una grande pianta di aloe e disse di stare benone. Io credo che il padrone del materassificio abbia preso una foglia della miracolosa pianta e l’abbia agitata sui manufatti della sua azienda, lasciandone cadere un infinitesimo frammento su ciascuno dei giacigli, come in un rito vudù. Perché non voglio pensare che stia mentendo, quando vende i materassi all’aloe: un’espressione piena di promesse, che fa sognare di materassi che guariscono mali di schiena, cervicali, persino irritazioni dell’animo, l’aloe cura tutto. E gli altri ingredienti «naturali», che escludono naturalmente la lana? Qualcosa ci sarà, un po’ di filo di cotone, una molla in acciaio, lega composta da ferro e carbonio, che sono – chi può negarlo? – naturali, naturalissimi. Ecco, tutta la nostra nostalgia per la vita naturale si risolve nell’assunzione di questi placebo, senza olio di palma, contiene fibre, con aloe e ingredienti naturali, e andiamo via contenti, convinti inoltre di aver reso omaggio alla vita «di una volta».

Proprio l’altra sera, il giorno della morte di Ermanno Olmi, la televisione ha mandato in onda L’albero degli zoccoli. Su un canale secondario, per non disturbare gli spettatori di fiction e reality. Ambientato nel 1898, il film racconta la vita di una cascina nella bergamasca. È un racconto, certo, quindi una finzione. Ma questo finto racconto non toglie né aggiunge nulla a quello che mostra, con l’ineluttabilità che allora doveva avere la vita quotidiana dei contadini poveri. Nascono bambini, si festeggia dando un pezzo di pane bianco alla puerpera; tutti lavorano tutto il giorno; c’è affetto famigliare, ma nessuna solidarietà tra poveri; il padrone è crudele, senza cuore, come il suo fattore, ma è così. Il titolo del film viene da un albero – un piccolo pioppo, uguale a tanti altri lungo la roggia – che un padre di famiglia taglia di nascosto, per fare al figlio un altro paio di zoccoli, perché, nel cammino per andare a scuola, al bambino uno zoccolo si era rotto, aperto in due. Con l’arrivo della primavera spariscono neve e brina, il ceppo dell’alberello mostra la sua nudità, il fattore indaga e trova subito il figlio dei vicini disposto a fare la spia. Quello stesso giorno, Batistì, la moglie e i tre bambini devono lasciare la cascina e il lavoro. Raccolgono sul carretto le loro quattro cose e partono verso una vita ancora più povera, ancora più sola. Però, tutto è molto naturale. Non solo i cibi sono senza pesticidi, non solo è il fuoco l’unica naturalissima fonte di riscaldamento, ma addirittura si vedono le donne che raccolgono il prezioso tarassaco, le cui foglie hanno proprietà depurative per fegato e cistifellea. Oggi le insalate al tarassaco sono una squisitezza per palati fini, la polvere di foglie di tarassaco si compra in erboristeria, dove tutto è a peso d’oro. E invece, beate loro e beata ignoranza, le contadine di fine Ottocento lo raccoglievano a mazzi. Tutti ingredienti naturali, che vita meravigliosa, altro che l’aloe nel materasso.