Vedere Bisanzio da San Carlo in Negrentino

/ 05.03.2018
di Orazio Martinetti

È certamente motivo di soddisfazione ritrovare le chiesette di Negrentino e Mogno elevate a tappa di un circuito europeo, accanto a luoghi dell’anima ben più blasonati, come Anderlecht, Treviri, Odessa, Otranto... Un itinerario composto di diciotto stazioni, che il professor Carlo Ossola, fondatore e primo direttore dell’ISI (Istituto di studi italiani affiliato all’USI), ha compiuto sotto forma di anabasi personale sulle tracce dei miti d’Europa. Le riflessioni, prima pubblicate sul domenicale del Sole 24 Ore e ora raccolte in volume (Europa ritrovata, edizioni Vita e Pensiero, Milano, 2017), fanno parte di un personalissimo disegno che l’autore va definendo da tempo, una sinopia di scoperte, figure, meditazioni, evocazioni. Ossola, lo sappiamo, non è un viaggiatore qualunque. I suoi resoconti traboccano erudizione, il suo bagaglio lascia intravedere interi scaffali di biblioteche, studi severi, corsi universitari (tenuti soprattutto nel parigino Collège de France). Tre finora i frutti della sua ricerca, non ancora ultimata: la citata Europa ritrovata, il volume su Erasmo nel notturno d’Europa (2015), e da ultimo, fresco di stampa Nel vivaio delle comete, trentasei medaglioni di «un’Europa a venire» (Marsilio editore).

Qual è l’Europa di Ossola? È l’Europa della cultura, anzi delle culture, un patrimonio di civiltà condiviso, in cui spicca – zoccolo comune – l’eredità greco-romana, bizantina, cristiana; un lascito spirituale e materiale, sedimentatosi, il primo, nella grande letteratura, il secondo nell’architettura e nell’arte. Ma l’autore, fattosi pellegrino, non si accontenta di registrare questo doppio retaggio, ma cerca, ogni volta, di intrecciare relazioni tra i due ambiti per suscitare una reazione chimico-intellettuale. Il risultato vuol essere la formazione di un autentico spirito europeo che sbarri la strada alle derive autoritarie, tentazione purtroppo ricorrente nella storia del vecchio continente (disposizione che ricorda il titolo di un saggio del filosofo franco-bulgaro Tzvetan Todorov: «memoria del male, tentazione del bene»).

Sappiamo quanto sia impopolare oggi l’Europa, anche sul piano ideale, dunque al di là del suo concreto cammino politico-economico (Unione europea e moneta comune); un’impopolarità che nel nostro cantone ha raggiunto picchi inimmaginabili fino a qualche anno fa, al punto di disconoscere quanto di positivo si è pur edificato nel corso dei decenni fra mille difficoltà e resistenze. Perfino lo stesso concetto di «Europa» incute timore, svalutato a testa d’ariete di forze oscure pronte a sfondare le porte dei piccoli paesi neutrali. George Steiner, critico letterario molto vicino all’orizzonte di Ossola, riconduce la sua idea d’Europa ai caffè storici, spazi di lettura, arena dell’eloquenza e del dibattito, eredi diretti dei circoli del secolo dei Lumi, dove gli «hommes de lettres» s’industriavano per far conoscere i loro progetti riformatori.

Ma torniamo al percorso di Ossola, soffermandoci sulla tappa ticinese. Prima Negrentino, chiesa protoromanica: «ci accoglie nel vento un’architettura di absidiole e un campanile svettante al cielo; entrati dalla porticina, le pareti sono una festa di colori di tutte le epoche, dal tardobizantino al Rinascimento: Cristo in mandorla, apostoli, Natività, angeli e cavalieri, come se le varie generazioni e secoli del credere e del camminare avessero voluto la loro parete, il loro spazio, il loro racconto. Ma più commuovono le tracce bizantine, quasi un pittore – nelle ricorrenti furie iconoclaste dell’Oriente cristiano – fosse fuggito da Bisanzio per venire a Castelseprio e a Negrentino, per lasciarvi il segno della sua arte, dei colori dell’eterno».

E poi la chiesa nuova di San Giovanni Battista a Mogno, progettata da Mario Botta, «uno dei capolavori dell’architettura contemporanea, un gioiello che appena spunta sopra le case, nella sua misurata perfezione di cilindro, trafitto, fasciato a spire, celeste. L’alternanza delle fasce marmoree richiama il romanico pisano, che si contempla nella stessa inviolata luce...».

Vecchio e nuovo, tracce antiche e linee moderne che si rincorrono, sovrapponendosi e avvolgendosi sotto lo stesso cielo, distanti secoli le une dalle altre eppure unite dalla stessa energia spirituale. Un anelito che per alcuni equivale alla fede, per altri alla speranza. Contro l’indifferenza e la disperazione.