Urge «barometro degli spazi vuoti»

/ 28.01.2019
di Ovidio Biffi

L’idea iniziale era di proporre qualche considerazione su un argomento presentato dal «Bulletin» del Credito Svizzero del dicembre scorso, pubblicazione a mio avviso meritevole di lettura e discussione nelle scuole superiori cantonali. Ero rimasto colpito, e perciò volevo parlarne, dal «Barometro dei progressi», uno studio che si interroga «sull’atteggiamento della popolazione svizzera in relazione al progresso sociale ed economico». Mi sono però accorto che sulla stessa pubblicazione si era già soffermato il collega Ignazio Bonoli per riferire di un altro interessante tema trattato (Barometro delle apprensioni, vedi «Azione» del 7.1). Un argomento alternativo lo trovo allora nella «cronaca minuta», sovente sinonimo di monitoraggio del territorio. La notizia proviene da un discosto quartiere della grande Lugano e annuncia che l’ex-Ostello della gioventù di Figino, chiuso a fine 2017, ha riaperto le porte una delle prime sere di gennaio per presentare l’attività avviata dai nuovi proprietari. Sempre le cronache dicono che circa duecento le persone sono intervenute per scoprire cosa avviene dentro le mura dell’ex-ostello e per conoscere il progetto che sostituirà l’attività di accoglienza di giovani generazioni, condotta per oltre un sessantennio e cessata di fronte all’impossibilità di procedere a una troppo costosa ristrutturazione dello stabile. Le cronache (Ticinonews) precisano anche che «i vicini di casa hanno partecipato donando delle sedie per il teatro di quartiere, mentre gli artisti ospiti hanno preparato torte dolci e salate per il buffet».

Grazie alla Fondazione Claudia Lombardi per il teatro che coraggiosamente l’ha acquistato, l’ex-ostello di Figino continuerà dunque a vivere, cambiando formula, senza troppe e utopiche pretese. Il progetto della fondazione ruota attorno a un attivo inserimento nel quartiere: tornerà a essere un moderno punto di accoglienza (previsto un B&B), ma la struttura verrà proposta anche come luogo d’incontro, oltre che per artisti e attività teatrali, anche per la comunità (si prevede l’insediamento di un’agenzia postale). Questi interventi, proposti a poco più di un anno dalla chiusura dell’ostello della gioventù, mi suggeriscono di passare dal «Barometro dei progressi» a un ipotetico «Barometro degli stabili vuoti», ovviamente inesistente (eppure bisognerebbe inventarlo e attivarlo, con urgenza, perlomeno in Ticino!). In effetti mi fanno capire che l’evento che riguarda l’ex-ostello di Figino non è poi così «minore» come si potrebbe desumere a prima vista. È un progetto che si propone di individuare e offrire ai giovani uno spazio da autogestire, quindi richiama una delle problematiche più dibattute nella città sul Ceresio, da decenni alle prese con la ristrutturazione dell’ormai decrepito (socialmente, oltre che architettonicamente) ex-Macello e, soprattutto, con il varo di un’attiva politica giovanile che ponga fine a ricatti e ripicche. Figino, sia pure indirettamente, ricorda che le soluzioni esistono e mette a confronto i fallimenti delle autorità luganesi e delle controparti con lo spirito di iniziativa di un’associazione privata che sfoggia coraggio, oltre a capacità finanziarie e chiara progettualità, per ridare un futuro a un ex-ostello della gioventù.

La determinazione di Figino suggerisce l’esistenza di un collegamento ancora più diretto anche con i problemi relativi agli spazi vuoti e alle strutture dismesse, tormentone che riaffiora periodicamente in tutto il cantone, ma che poi – anche di fronte a un degrado che si manifesta anche a livello sociale (casi limite riscontrati in appartamenti e abitazioni a Pregassona e a Bellinzona) – scivola sempre nel dimenticatoio. Tenendo conto anche di strutture private assurte a simbolo negativo o a scomodo scandalo (si pensi solo agli ex-Motel), ci si rende conto che «a bilancio», in tutto il cantone, sono molti gli spazi vuoti e le aree che attendono sempre più improbabili acquirenti, inquilini o concreti progetti. L’elenco parte dall’alta Leventina (ex-sanatori, ex-grandi alberghi, ex-Monteforno), passa per l’ex-Cima Norma bleniese, arriva a toccare l’ex-Caserma a Losone, sfiora l’ex-Grand Hotel a Locarno e si spinge sino a Chiasso (Palazzo Ovale, Magazzini FFS, scalo merci). A Lugano, dove ci si meraviglia per il fatto che le grandi opere pubbliche della città più che adesioni e partecipazione registrano latitanze di partner privati, l’armata di strutture vuote presto potrebbe ricevere rinforzi da alcune sedi di ex-istituti bancari sulle quali aleggiano giustificati interrogativi dopo fusioni e relative dismissioni. Oltre al già citato ex-Macello (quest’ultimo... presente anche a Locarno), c’è solo l’imbarazzo della scelta fra i tira e molla per il palazzo Mizar, l’ex-fattoria di Cornaredo e l’ex-Garage Morel. A ribadire la necessità di un nuovo spirito imprenditoriale giungono le parole di un esercente luganese impegnatosi a «salvare» uno storico ritrovo cittadino (il ristorante Orologio). Dice che spera di ritrovare clientela facendolo ritornare popolare: perché se vogliamo «tenere vivo il centro», aggiunge, «non possiamo pretendere di continuare a guardare la gente dall’alto al basso». Altro segnale degno di attenzione che giunge dalla «cronaca minuta». Se ne terrà conto?