Una repubblica in marcia verso l’ignoto

/ 22.05.2017
di Peter Schiesser

Il sollievo è grande. Ma potrebbe essere di corta durata. Oppure potremmo davvero essere all’inizio di una nuova epoca. Eleggendo alla presidenza della repubblica il giovane e sorprendente Emmanuel Macron, la Francia si lancia in un esperimento politico che può sfociare in un rinnovamento radicale o in una grande delusione. Macron non ha un partito dietro di sé, solo un movimento nato un anno fa (En marche!), e deve costruirselo il più rapidamente possibile.

Il suo primo banco di prova saranno le elezioni del parlamento in giugno, il fatto che per i 577 seggi della Camera bassa sia riuscito a presentare solo 428 candidati, raccolti fra la cosiddetta società civile, ci indica due cose: che non ha voluto accogliere transfughi da altri partiti, ma anche che il suo movimento non presenta ancora sufficienti personalità da poter schierare, con cui tradurre in decisioni concrete la tuttora poco identificabile visione politica di Macron. Per contro, i Républicains non staranno a guardare, tanto meno la sinistra di Mélenchon e i resti dell’ala sinistra del Partito socialista: impedire una maggioranza a Macron significherebbe imbrigliarlo in laboriose trattative e faticosi compromessi. Significherebbe asfissiare la neo-battezzata République en Marche! e ricondurre il processo politico sui binari dei partiti storici.

La Francia invece ha bisogno di recuperare uno slancio economico e al contempo di ricucire le sue profonde ferite: il voto e le condizioni di vita degli esclusi, dei perdenti della globalizzazione, non possono essere ignorati. Macron ha il difficile compito di riformare in senso più liberale l’economia e l’apparato statale del Paese e al contempo di trovare le misure per risollevare le regioni che hanno visto un declino dell’apparato industriale (nel nord e nord-ovest) e quelle in cui l’economia non è mai andata molto bene (nel sud). Le regole dell’Unione europea non gli permettono mano libera, le leggi del mercato neppure, lo stato delle finanze pubbliche tanto meno. Non può quindi esimersi dal riformare il diritto sul lavoro (in senso meno garantista per i dipendenti) e dal ridurre il debito pubblico. Inoltre deve riuscire a colmare il vuoto lasciato dai partiti storici, quello socialista e quello neo-gollista che dal dopoguerra si sono alternati al potere, cercando al contempo di contrastare il Front National di Marine Le Pen, che da parte sua vuole creare una nuova forza politica (anch’essa con un nuovo nome) per raccogliere i consensi della destra borghese. E Macron non potrà dimenticare la lotta al terrorismo islamico, strettamente connessa all’immigrazione dal Maghreb e da altri Paesi con popolazione musulmana.

Macron stesso solleva molte aspettative (come a suo tempo Barack Obama), nei francesi ma anche in Europa. Si è presentato orgogliosamente come un fervente europeista, con una fitta agenda di riforme da portare avanti in seno all’UE: intende ridare slancio al motore franco-tedesco dell’Unione, crede nell’Eurozona e in un suo risanamento, per essa vorrebbe un bilancio comune, un parlamento e un ministro delle finanze unico, ma anche più in generale mira a un rafforzamento dell’UE; inoltre intende convincere la Germania a scostarsi dalla via dell’austerità (ci provarono già, senza esito, il suo predecessore Hollande e il primo ministro italiano Renzi). In questo momento storico, in cui l’Unione europea ha estremo bisogno di un nuovo slancio e di capire quale direzione imboccare per superare gli strascichi della crisi economico-finanziaria mondiale del 2008 e l’addio della Gran Bretagna, sono necessarie figure dinamiche, come Macron segnala di essere. La realtà politica dirà poi se l’UE è davvero riformabile o se è avviata verso un declino. Se vogliamo concludere con una punta di ottimismo: a volte possono essere determinanti le circostanze in cui delle figure politiche emergono: nessuno avrebbe scommesso su Macron un anno fa (ma neppure su Trump…); e se in Germania in settembre vincesse la SPD con Martin Schulz, il presidente francese potrebbe trovare un alleato importante per la sua agenda europea.