Una matita per disegnare emozioni?

/ 13.03.2017
di Ovidio Biffi

Un paio di anni fa lo scrittore e blogger Antonio Pascale volendo spiegare la globalizzazione descrisse la produzione di una matita. La sua dimostrazione mi è rimasta impressa perché seguendo la produzione di uno strumento semplicissimo e utilissimo come la matita, toccava le grandi strategie economiche e le implicazioni socio-politiche. L’esempio era basato sul fatto che per diventare strumento di scrittura le matite hanno bisogno dapprima di grafite che si trova in Cina, nello Sri Lanka o in Zimbabwe; poi di un certo tipo di argilla che, reperita in miniere europee e miscelata con la grafite, garantisce elasticità alle matite; terzo elemento il legno, che per le matite economiche proviene in prevalenza da pini piantati in 100 chilometri quadrati nello Stato di Minas Gerais, in Brasile e, per quelle di alta qualità, dai cedri che crescono in California o nell’Oregon; i tronchi vengono spediti via nave a Tianjin, in Cina, dove vengono tagliati e sagomati per finire la lavorazione inserendo la mina e generando i diversi tipi di matita da recapitare ai committenti (l’esempio riguardava la tedesca Faber Castell) .

Avviso: sorvolo sugli scrupoli di chi protesta per inquinamenti causati o eco-sostenibilità violate e privilegio piuttosto le decine di migliaia di bocche sfamate in tre continenti, come pure sui problemi delle poche persone che forse potrebbero ancora vivere fabbricando matite rispettando le antiche regole artigianali. Preferisco porre in risalto una notizia degli scorsi giorni: in occasione del recente Mobile World Congress di Barcellona la ditta tedesca Staedtler, che da circa 180 anni produce matite e strumenti per disegnatori, ha annunciato una collaborazione con la Samsung per fabbricare matite in campo digitale.

Il produttore giustifica la sua scelta con questa semplice spiegazione: produco semplici matite, ma dovendo affrontare la concorrenza della scrittura digitale, per sopravvivere diventa essenziale trovare la soluzione più economica. Nell’annuncio si ammette che al posto del legno e della grafite, arriva la plastica, ma si aggiunge subito che la nuova S Pen sarà identica alla mitica matita Noris lanciata all’inizio del ’900. Anche gli esperti che l’hanno testata non hanno dubbi: la Noris digital «restituisce, alla prima impugnatura, un feeling col passato mai interrotto» visto che anche la forma e la sua lunghezza superiore alle penne digitali in circolazione la rendono unica. Inoltre, spiega Pier Luigi Pisa su «Repubblica», la matita digitale è più leggera e confrontandola con una vera Noris non presenta particolari differenze, se si esclude l’assenza della classica mina appuntita. L’azienda tedesca, andando oltre al fatto che con il digitale stanno cercando di ovviare ad un declino quasi sicuro delle loro secolari e preziose matite, ha fatto sapere che con la Noris digital ha puntato «a costruire un ponte tra questi due mondi e a rivoluzionare la matita che conosciamo (…) per restituire all’utente almeno la forma, il design e l’esperienza tattile a cui è sempre stato abituato per esprimere la propria creatività, o più semplicemente per lavorare e studiare».

Scarto subito l’idea che queste parole siano dettate da strategie di marketing o suggerite solo da bisogni pubblicitari. Penso piuttosto che la scelta del produttore tedesco possa essere nata nel settembre di due anni fa, quando Tim Cook, andando contro i dettami di Steve Jobs, aveva presentato una Apple Pencil per lavorare meglio sul nuovo Mac Pro. E poi, a guardare bene, l’alleanza con la Samsung non cambierà di molto le strategie di globalizzazione della Staedtler: oltre a inviare tronchi americani in Cina, ora realizzerà matite anche nella Corea del sud con barrette esagonali di plastica rese «magiche» dalla digitalizzazione elaborata da Samsung. I più critici sostengono che usandola su un tablet o su un laptop non sarà mai come disegnare su un foglio vero, ma pare che Samsung e Staedtler abbiano raggiunto un buon compromesso tra analogico e digitale. Un giudizio che cambia un po’ le carte in tavola: a rischio di estinzione non è la matita ma piuttosto il foglio di carta, soppiantato da display elettronici.

Ma allora, le matite digitali, garantiranno davvero «un feeling col passato»? La domanda mi ricorda quanto ha scritto Mario Botta nel suo Quasi un diario: «Mi sento un operatore lontano dall’attualità elettronica: mi piace sentire la presenza della matita nella mano, mi piace osservare i suoi piccoli movimenti, le pause e le successive accelerazioni. (…) Personalmente mi trovo in difficoltà a leggere un disegno sullo schermo di un computer (…) Per questo preferisco la matita, porta con sé una maggior consapevolezza critica: come un sismografo riesce a registrare le nostre emozioni». Mi sa che se qualcuno alla Staedtler legge quest’ultima frase, chiederà a Mario Botta di poterla usare per pubblicizzare la Noris digitale!