Molti giornalisti attendevano con curiosità di capire come si sarebbe concretizzato il famoso reset nella politica europea promesso dal neo-ministro degli esteri. E qualcuno sarà rimasto deluso nell’apprendere che il consigliere federale Cassis non aveva grandi rivoluzioni da annunciare. Tuttavia, nella conferenza stampa del 31 gennaio, Cassis ha portato un messaggio molto chiaro: per l’economia svizzera, l’accesso al mercato unico europeo è di importanza capitale, un accordo quadro con Bruxelles è il mezzo per garantirlo (vedi a pagina 26 Marzio Rigonalli). Il focus, ha detto il ministro degli esteri, è stato troppo a lungo messo sui «giudici stranieri» (ossia sulla possibilità che in una vertenza riguardante gli accordi fra Svizzera e UE che garantiscono l’accesso al mercato unico l’ultima parola spetti alla Corte europea di Giustizia), anziché sull’importanza che gli accordi hanno per la Svizzera. Il reset potrebbe dunque anche essere interpretato in questo modo: via da una narrazione negativa (perdita di sovranità) per concentrarsi su una narrazione positiva (la ricchezza e le libertà che gli accordi offrono alla Svizzera).
Cassis ha naturalmente rassicurato: firmeremo solo dei buoni accordi; e cercheremo di farlo entro quest’anno, se funziona. Egli ha però riconosciuto che oggi l’UE è meno disposta a compromessi con la Svizzera, per non creare precedenti verso altri paesi (vedi Brexit). Ma a questo punto la domanda fondamentale da porre è: che cosa vuole il Consiglio federale? Dopo aver tergiversato per anni, oggi sappiamo, grazie a Ignazio Cassis, che infine vuole un accordo quadro istituzionale con Bruxelles. Ma poi? Quali altri dossier sono interessanti per la Svizzera? Il governo, assieme ai rami economici interessati, analizzerà a fondo i dossier aperti, per valutare se portare avanti altri negoziati in parallelo, così da bilanciare eventuali concessioni da una parte con vantaggi da un’altra. Un impegno che richiede molta coordinazione per riuscire a trovare una linea comune. Posizione che poi il Consiglio federale dovrà comunicare in modo coerente. Ciò che non è avvenuto spesso, in questi anni.
Già durante l’era Burkhalter, ma anche in questi 100 giorni da quando Cassis è in Consiglio federale, i suoi colleghi si sono espressi sull’Europa in ordine sparso e con accenti decisamente contraddittori (rimando ancora a Rigonalli). Non esattamente quello che servirebbe ad un governo per essere credibile in patria e all’estero. Oggi i sette magistrati ne sono consapevoli e Cassis ha potuto annunciare che il Consiglio federale intende migliorare la comunicazione sulla politica europea – leggi: parleremo con una sola voce.
E con un volto nuovo , viene da aggiungere dopo la nomina del ticinese Roberto Balzaretti a segretario di Stato e responsabile della Direzione affari europei. Balzaretti ha una personalità profilata e una vasta esperienza nelle relazioni con Bruxelles: come ricordano alcuni giornali, fu nel gruppo dei 4 diplomatici svizzeri – lui il più giovane, allora 26.enne – che nel maggio del 1992 consegnò a Bruxelles la domanda di adesione della Svizzera all’Unione europea. Quella domanda venne poi ritirata, Balzaretti ha fatto carriera ed è anche stato ambasciatore a Bruxelles dal 2012 al 2016. La NZZ lo ha definito un diplomatico poco diplomatico, per i suoi modi a volte passionali, ma è certo una persona adatta a negoziare seriamente con Bruxelles; allo stesso tempo, Balzaretti viene descritto come una persona consapevole dei rapporti di forza fra Unione europea e Svizzera e sa che cosa è negoziabile e che cosa no. Riassumendo, si può dire che Cassis sta mostrando profilo.