Un presidente fuori controllo

/ 21.10.2019
di Peter Schiesser

Non che ci fosse bisogno di questa prova, ma la decisione di ritirare gli ultimi 1000 militari americani dalla Siria, lasciando campo libero alle truppe turche, rivela l’incompetenza, l’imprevedibilità, il cinismo di Donald Trump. I curdi, alleati decisivi nella lotta contro lo Stato islamico (ISIS), sono stati abbandonati, al contrario i russi si sono trovati l’intera Siria su un piatto d’argento.

Non abbiamo nulla a che fare con i curdi, hanno combattuto perché li abbiamo ben foraggiati, ora continuino a combattere da soli come hanno fatto negli ultimi 1000 anni: così il presidente americano ha giustificato la sua decisione, presa una decina di giorni fa durante una telefonata con il presidente turco Erdogan. Riuscite ad immaginare l’incredulità che si è dipinta sui volti di chi, come avviene sempre alla Casa Bianca, ascoltava la telefonata? Trump è definitivamente diventato un fattore di pericolosità per la politica estera statunitense, tant’è vero che in seguito, per salvare il salvabile, il segretario di Stato Pompeo e il vice presidente Mike Pence si sono precipitati ad Ankara per indurre il presidente turco ad interrompere la sua offensiva militare e l’Amministrazione Trump ha varato delle sanzioni economiche mirate contro Erdogan e il suo governo. Il risultato è stato comunque di ottenere un cessate il fuoco per 5 giorni (in cambio le sanzioni sono state levate), per permettere ai curdi di ritirarsi oltre una linea di 20 chilometri dal confine. Erdogan mantiene tuttora l’obiettivo di una zona cuscinetto, visto che per il presidente turco questa guerra ha valore strategico nella sua lotta alla guerriglia curda nel proprio paese.

Come scrive Anna Zafesova a pagina 30, il tradimento ai danni dei curdi era nell’aria fin dallo scorso dicembre, quando Trump annunciò per la prima volta il ritiro dei 2000 militari americani in Siria, poi limitato a 1000 uomini. Un riavvicinamento dei curdi al governo centrale di Assad e quindi ai russi era d’obbligo. In questo modo, Putin conquista un ruolo ancor più di primo piano in Siria e nello scacchiere mediorientale, visti i suoi discreti rapporti con la Turchia e con l’Iran. Ma ancor più gli Stati Uniti di Trump si dimostrano un interlocutore non credibile, inaffidabile. Rompendo l’accordo sul nucleare con l’Iran, gli USA hanno dimostrato di non onorare gli impegni presi; abbandonando i curdi, gli unici alleati affidabili che abbiano trovato in Siria, segnalano che tutti possono essere traditi.

I curdi l’avevano annunciato: se ci lasciate soli non saremo più in grado di badare ai prigionieri dell’ISIS rinchiusi nelle nostre prigioni. Si tratta di 11mila combattenti e loro famigliari, 9mila da Siria e Iraq e duemila foreign fighters, anche europei (quelli che i governi europei non volevano riprendersi per evitare di giudicarli in patria). Siccome i combattenti curdi sono stati richiamati al nord per contrastare l’avanzata turca, da queste prigioni sono già fuggiti a centinaia, se non migliaia. Sapremo chi ringraziare se fra questi ci saranno gli autori di futuri attentati dell’ISIS in Europa, in Siria, in Iraq.

E in Medio Oriente? L’unica certezza è lo storico legame degli Stati Uniti con Israele e un rinnovato legame con l’Arabia Saudita del principe ereditario Mohammed bin Salman. Al prezzo di chiudere entrambi gli occhi sulla tragedia innescata dalla guerra dell’Arabia Saudita nello Yemen. E di screditare le forze riformiste in Iran, che avevano mostrato al paese che con il Grande Satana si poteva anche trovare un accordo. Così facendo, gli Stati Uniti lasciano mano libera alla Russia ma anche alle potenze regionali, che ancora più di prima cercheranno di regolare i loro conti con le armi.