Un lavoro ben fatto, poco spontaneo

/ 08.01.2018
di Bruno Gambarotta

I miei coetanei escono di casa per andare a teatro, ai concerti, a correre, al bar Sport, alla bocciofila. Io esco di casa per andare in un archivio storico. È il mio trip e per questa rubrica ci torno sopra ancora una volta. Ma è l’ultima, lo giuro. Gli addetti all’Archivio di Stato mi vivono come un incubo, ma è colpa loro: mi hanno spiegato come si fa per richiedere i faldoni e soprattutto che è lecito fotografare i documenti anziché ricopiarli con la matita. Vi ricordate quando le fotocopiatrici fecero il loro ingresso nelle biblioteche pubbliche? Per le opere in consultazione, come la Treccani, non si poteva fare altro che copiare i passi che ci servivano o riassumerli. Così facendo, ricordava Umberto Eco, si finiva anche per impararne il contenuto. Diventava più rapido e comodo fotocopiare le pagine, tornando a casa con pile di fogli che finivano sulla scrivania a prendere polvere.

In pratica cercavo, senza trovarle, tracce di un evento catastrofico verificatosi il 31 maggio 1939 e mi sono imbattuto, nella raccolta degli atti del gabinetto della Regia Prefettura di Torino di due telegrammi che, secondo me, aiutano a comprendere la costruzione del consenso in Italia durante il fascismo. Il sottosegretario al ministero dell’interno Buffarini Guidi spedisce un telegramma a tutte le prefetture del Regno alle 12 e 15  del 9 maggio 1936. Il testo decifrato dice: «Stasera come è noto saranno partecipate direttamente popolo adunato pubbliche piazze decisioni alta importanza politica Nazionale et internazionale prese da gran consiglio Fascismo et da consiglio dei Ministri punto Eccellenze loro appena adunate avranno avuto termine telegraferanno subito notizie circa imponenza adunate stesse virgola indicando numero approssimativo intervenuti et impressione riportata masse at annunzio su accennato virgola grado entusiasmo manifestato et ogni altro elemento atto at chiarire adesione popolo decisioni prese punto». Sappiamo che nel tardo pomeriggio del 9 maggio 1936 Mussolini pronuncia «il discorso dell’impero» affacciato al balcone di piazza Venezia a Roma, trasmesso via radio in tutto il paese. Perciò nel resto d’Italia il popolo doveva radunarsi per ascoltarlo dagli altoparlanti. Il duce annuncia «la rinascita dell’impero sui colli fatati di Roma». Quel giorno, con Etiopia, Somalia ed Eritrea nasce l’Africa Orientale Italiana.

Possiamo immaginare un prefetto che risponda al ministro dicendo che la manifestazione è stata un mezzo fallimento? Ecco il rapporto telegrafico con «precedenza assoluta» del prefetto di Torino: «Adunata popolare in questo Capoluogo per udire decisioni prese Gran Consiglio Fascismo est riuscita per numero partecipanti anche più importante di quella pur imponente del 5 corrente punto Circa 400 mila persone senza contare quelle che hanno altrimenti ascoltato parole del Duce sono convenute in questa piazza Vittorio Veneto e vie adiacenti punto Fra esse oltre 14 mila uomini in armi di questo Presidio Militare punto Malgrado pioggia dirotta sopravvenuta popolazione est rimasta ferma al suo posto accogliendo con vivissimo entusiasmo dichiarazioni del Duce entusiasmo che est diventato delirante annuncio proclamazione Impero punto Dichiarazione che decisioni prese saranno difese contro chiunque ha trovato convinta et entusiastica acclamazione punto At imponentissima adunata ha partecipato con autorità tutte S.E. Renato Ricci che precedentemente aveva qui presenziato cerimonia leva fascista punto At termine adunata S.E. Comandante Corpo d’Armata alle truppe che presentavano le armi ha ordinato Saluto al Re et Saluto al Duce cui hanno risposto con grido unanime tutti intervenuti punto Malgrado pioggia dirotta numerosi cortei attraversano Città festante et accompagnano alle caserme i reparti delle Forze Armate al canto inni fascisti punto Nessun incidente punto».

È difficile immaginare dei torinesi sotto la pioggia battente intenti a cantare inni fascisti. La narrazione degli eventi di massa piegata alla proprie esigenze non è finita con il fascismo. Se per partiti e sindacati i presenti a una adunanza sono 100mila la questura ne stima 3 mila. Il 14 ottobre 1980 si svolse a Torino la cosiddetta «marcia dei 40 mila»: i capi intermedi della Fiat protestavano contro i 35 giorni di occupazione degli stabilimenti. La vulgata vuole che sia stata una marcia spontanea, originatasi da un raduno organizzato al Teatro Nuovo della città. È documentata da una nutrita quantità di riprese cinematografiche realizzate da operatori posizionati sui balconi più alti delle case nelle vie attraversate dal corteo «spontaneo». Inoltre sui cartelli inalberati dai manifestanti le scritte «spontanee» presentano caratteri tracciati al tecnigrafo. Anche lo spontaneismo a Torino deve sottostare al culto del «lavoro ben fatto».