Un caleidoscopio di sfide

/ 24.09.2018
di Peter Schiesser

Dopo aver letto su «Foreign Affairs» un’analisi del mondo in cui viviamo da sei prospettive diverse, mi sono detto che forse è giunta l’ora di uscire dal sonno di bell’addormentato nel benessere e di rendersi conto dei profondi mutamenti in atto, che si intersecano, si sovrappongono, si condizionano a vicenda. Non per sprofondare nella depressione o in un cupo pessimismo, bensì per prepararsi alle sfide epocali che ci attendono, sia noi adulti che abbiamo creduto di poter godere di un contesto stabile a vita, sia i più giovani per i quali, il contesto, stabile non lo è più da un po’.

«Foreign Affairs» approfondisce sei temi: l’eterno scontro-confronto fra potenze mondiali, quindi l’importanza della geopolitica classica; l’ordinamento liberale di fronte alle democrazie illiberali, ai vari nazionalismi e sovranismi; la sotterranea ma capitale importanza del tribalismo, insito in ogni gruppo e società, sulla politica nazionale; una critica al capitalismo dal punto di vista marxista; l’inesorabile affermazione dell’intelligenza artificiale a partire dalla metà di questo secolo (al cui confronto le eccellenze tecnologiche e informatiche di oggi sembreranno giocattoli per bambini) il cui influsso sarà superiore a quello della rivoluzione industriale da cui deriva tutto il nostro sistema economico-politico-sociale-culturale; l’impatto dei cambiamenti climatici sulla vivibilità del pianeta per gli esseri umani. E ditemi se il presente non offre spunti drammatici in ognuno di questi campi (eccetto quello dell’intelligenza artificiale, che ancora ci sfugge come concetto). La guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina, potremmo dire fra l’America trumpiana e il resto del mondo, le rumorose democrazie illiberali turca e ungherese e la ruggente autocrazia russa, la tribù nazionale che si serra attorno a Matteo Salvini nella difesa dell’identità italiana di fronte all’«invasione» dei migranti che attraversano il Mediterraneo, la globalizzazione che in Occidente, da dove è partita, premia soprattutto i più ricchi (come è logico che sia nel capitalismo, secondo una lettura marxista) e tradisce le promesse di prosperità per tutti, la violenza della natura insita in tifoni da 300 chilometri all’ora, in piogge torrenziali che allagano improvvisamente vaste zone, le estati calde che si ripetono (16 dei 17 anni più caldi sono stati registrati dal 2001 ad oggi) sono fatti sotto gli occhi di tutti. Basterebbe una di queste sfide, invece sono presenti tutte allo stesso momento, in qualche modo derivano le une dalle altre. E avranno un impatto enorme se non saranno gestite con una consapevolezza delle cause e delle conseguenze possibili.

Attualmente, però, non si vedono all’orizzonte politici e governanti lungimiranti e con sufficiente potere per rispondere a queste sfide. Serviranno visioni e risorse immense: se l’intelligenza artificiale porterà le macchine e i robot a sostituirsi alle braccia e al cervello degli umani, come dovrà essere redistribuita la ricchezza in una società in cui saranno sempre meno le persone che lavorano? Come affrontare nel modo meno conflittuale possibile le migrazioni, in futuro ancor più acuite dalle emergenze ambientali date dai mutamenti climatici, ed evitare che il tribalismo e la difesa dell’identità di gruppo rovesci l’ordinamento politico democratico e liberale? Come coprire i costi dei cataclismi, dei trasferimenti forzati dovuti a siccità, scarsità di acqua, salinizzazione dei terreni?

Ci vorrà un enorme sforzo di solidarietà e cooperazione internazionale, ma anche una nuova visione dello Stato, una ridefinizione degli equilibri di potere fra politica e economia, un nuovo ruolo per i cittadini. Un balzo in avanti, per evitare brutte cadute all’indietro.