Un barometro che fa storia

/ 20.02.2017
di Angelo Rossi

Non leggo regolarmente il bollettino del Credito svizzero e così mi era sfuggito il numero 4 dello scorso anno nel quale veniva celebrato il quarantesimo del cosiddetto «barometro delle preoccupazioni» degli svizzeri. Siccome questa pubblicazione è della fine dell’anno sono però ancora in tempo a dedicarle il commento che merita. Il barometro è  una lista di problemi che destano l’apprensione della nostra popolazione, ordinati secondo l’importanza del grado di preoccupazione. Come si è già ricordato, questa rilevazione annuale ha compiuto i quarant’anni, il che significa che ha superato, di gran lunga, la durata che raggiungono di solito test di questo genere. È probabile che se invece di indagare sulle preoccupazioni fosse stato chiesto ai ricercatori incaricati dal CS di indagare sulla felicità degli svizzeri l’attenzione dei media per questo tipo di inchiesta si sarebbe presto dissolta. Prestiamo purtroppo maggiore attenzione ai lati meno positivi e più scuri della vita che a quelli positivi. 

L’indagine del Credito svizzero è nata nel 1976, ossia nell’anno che ha seguito la maggiore recessione che l’economia svizzera abbia conosciuto, da sempre. È quasi come dire che il barometro delle preoccupazioni è nato, in Svizzera, con la disoccupazione proprio quando la nostra economia usciva da quello che era stato il periodo di maggior crescita della produzione, della popolazione e del benessere della sua storia, ossia un periodo con pochi problemi. Il barometro non ritiene tutte le ragioni di apprensione della popolazione, ma si limita a citare le dieci che, nell’indagine annuale, ottengono il maggior consenso. Con l’andar degli anni la lista delle preoccupazioni maggiori, stabilita dal Credito svizzero, è andata acquistando di notorietà e oggi viene regolarmente citata non solo dai politici, ma anche da pubblicisti e ricercatori universitari.

Si tratta ovviamente solo di una fotografia che riporta la situazione nel momento in cui l’indagine viene effettuata. Le circa mille persone che partecipano all’inchiesta devono, di anno in anno, scegliere tra una lista di temi di attualità che loro viene presentata i 5 che, secondo loro, rappresentano i maggiori problemi della Svizzera. Il ventaglio dei problemi tra i quali i partecipanti all’inchiesta possono scegliere non è quindi infinito. Viene delimitato, penso di anno in anno, dalle persone che si occupano dell’indagine, sulla base di un’analisi dei temi che destano maggiore discussione nei mesi che precedono l’inchiesta. Un minimo di manipolazione dei risultati non si può quindi escludere.

A me sembra che l’approccio scelto rappresenti comunque un buon compromesso tra la libera scelta dei temi da parte dei partecipanti e l’esigenza di poter svolgere l’inchiesta entro termini e con costi accettabili. La sua bontà la si può dedurre dal fatto che, nel corso di questi quarant’anni, il barometro delle preoccupazioni non ha mai trascurato di mettere in evidenza un problema, quando lo stesso era sentito dalla popolazione.

I lettori saranno curiosi di sapere quali sono questi problemi e come la lista degli stessi si sia sviluppata nel corso del tempo. La lista dei dieci maggiori problemi degli svizzeri del 1976 è capitanata dalla disoccupazione. A questo proposito bisogna ricordare – per i lettori che nel 1976 ancora non leggevano i giornali – che fino al 1978, in Svizzera, non esisteva una statistica rappresentativa della disoccupazione, semplicemente perché l’assicurazione contro la disoccupazione non era obbligatoria. Fu quindi dal barometro del CS che i politici svizzeri appresero che la disoccupazione era la maggiore preoccupazione della popolazione, non dalla statistica. Al secondo posto, nel 1976 e, sempre nelle prime posizioni, fino alla fine del secolo, c’era la protezione dell’ambiente. Poi venivano, nell’ordine, l’AVS, il peso delle imposte e l’inflazione (ossia l’aumento dei prezzi). Gli stranieri figuravano invece solo all’ottavo posto delle preoccupazioni degli svizzeri.

Quarant’anni dopo, al primo posto continua a figurare la disoccupazione; gli stranieri sono però saliti al secondo posto, mentre al terzo continua ad esserci l’AVS. Nella lista del 2016 figurano poi anche i rifugiati, gli accordi bilaterali con l’UE, la crisi europea e dell’euro e la sicurezza personale, ossia tutti i temi che inghirlandano i programmi dei partiti della vecchia e della nuova destra. I temi della sinistra come la protezione dell’ambiente, l’educazione, la costruzione di alloggi, lo strapotere delle banche sono invece  spariti. Dei temi cari ai partiti di sinistra si trova, nell’elenco del 2016, solo la nuova povertà.