Un altro segno del nostro tempo

/ 02.10.2017
di Aldo Cazzullo

Ci eravamo un po’ tutti illusi che l’ondata populista si fosse fermata. Il ridimensionamento di Marine Le Pen in Francia e di Geert Wilders in Olanda ci aveva fatto pensare che dopo l’anno del trionfo – il 2016, con la Brexit e l’elezione di Trump – fosse venuto l’anno del riflusso e della ragionevolezza. Il voto tedesco cambia un po’ la prospettiva. La realtà si presenta come sempre più complessa di come l’avevamo pensata.

I sondaggi erano sbagliati. Angela Merkel era data al 38 per cento; non è arrivata al 33. L’estrema destra di Alternativa per la Germania è andata meglio del previsto. I socialdemocratici sono al minimo storico, e rifiutano di fare ancora i «junior partner» della grande coalizione. Formare un governo sarà difficile, perché i liberali sono da sempre un partito di centrodestra e i verdi un partito di centrosinistra. Ma l’impressione è che alla fine la Merkel ce la farà.

Resta il fatto che neppure la Germania è un Paese di buon umore. Dopo dodici anni la leadership della Cancelliera, nonostante gli innegabili successi, era inevitabilmente logora. La sua politica di accoglienza ai profughi – sia pure corretta in corsa con l’accordo che finanzia la Turchia in cambio della chiusura della rotta balcanica – ha aperto uno spazio politico alla sua destra. Eppure, al di là dei ragionamenti dei politologi, l’avanzata di Afd fa comunque impressione, in particolare nelle terre dell’ex Repubblica democratica tedesca, che è poi la patria di origine della Merkel. I Laender orientali non hanno la consolidata tradizione democratica di quelli occidentali. I partiti fondatori della democrazia tedesca – la Cdu e l’Spd – vi sono meno radicati. A Est ha colto i risultati migliori non solo l’estrema destra, ma anche l’estrema sinistra della Linke, erede della Sed, il partito-Stato della Germania comunista, poi rafforzato da Oskar Lafontaine e dall’ala sinistra dell’Spd. L’aspetto significativo è che le zone dove la destra è più forte non sono quelle con più immigrati, anzi. Proprio come in Francia il Front National quasi non esiste nella meticcia Parigi ed è fortissimo nel Nord e nell’Est della Francia, dove i numeri indicano che gli immigrati sono di meno. Certo, l’immigrazione rinfocola lo scontento e la protesta. Ma all’origine del successo dell’Alternativa per la Germania c’è il disagio sociale. Il Paese cresce; però la crescita finisce sempre nelle stesse mani. E gli esclusi, stanchi di bussare alla porta, picchiano alle pareti. Le grandi aziende investono in Polonia, nella Repubblica ceca, in Ungheria; dove il lavoro costa meno che a Dresda o a Lipsia.

Il voto tedesco non va sottovalutato, ma neppure drammatizzato. Certo, fa impressione che il Paese più stabile d’Europa esprima un Parlamento così frammentato. Nessun partito ha raggiunto un terzo dei suffragi, neppure quello della Cancelliera, donna forte d’Europa. Ma è pur sempre vero che l’87% dei tedeschi ha votato per partiti democratici. Non credo che l’Afd possa essere definito neonazista. È già grave che non sia anti-nazista. Ma, se è per questo, l’Italia ha visto al governo partiti e leader non anti-fascisti, che talora hanno fatto apologia del fascismo. Fini, prima della conversione – rapidamente seguita dalla sparizione -, definì Mussolini il più grande statista del secolo. Berlusconi disse che il Duce mandava gli oppositori in vacanza (purtroppo non morirono in vacanza Matteotti, Gobetti, Gramsci, Amendola, Carlo e Nello Rosselli, don Minzoni). Bossi minacciò di morte i magistrati, Salvini ha corteggiato CasaPound. Dall’altra parte, sono andati al governo due partiti che si richiamavano esplicitamente al comunismo: un’ideologia che ovunque ha preso il potere l’ha esercitato in modo criminale, con i gulag, la polizia politica e spesso l’eliminazione fisica degli oppositori. Insomma, gli italiani sono gli ultimi a poter fare gli scandalizzati. Diciamo semmai che neppure i tedeschi sono immuni al segno del nostro tempo: la rivolta contro le élites, l’establishment, i partiti, i sindacati e le forme tradizionali di rappresentanza. E quando i tedeschi dicono parole terribili sul passato nazista, vengono presi sul serio.