Un addio tira l’altro

/ 01.10.2018
di Peter Schiesser

Se 8 anni possono bastare, soprattutto se non si è un animale politico, 12 possono essere abbastanza anche se la propria carriera è stata una lunga catena di successi: Johann Schneider-Ammann, l’imprenditore prestato alla politica si ritira dal Consiglio federale a fine anno, per trasformarsi in «nonno attivo». Con la flemma del bernese dell’Emmental, Schneider-Ammann non ha certo brillato per eloquenza, per dimestichezza con i media, da tempo i giornali d’Oltralpe ravvisavano una stanchezza crescente, si è però congedato con una punta d’ironia: «sto bene e sono sveglio» (in allusione ai colpi di sonno che lo assalivano durante sedute e visite di Stato). Lascia i riflettori che non ha mai amato e quel mondo politico dove imperversano intrighi e sospetti, «sono rimasto me stesso» ha concluso con soddisfazione. Tutto il contrario Doris Leuthard, che i riflettori li ha amati, ha saputo sfruttarli per trasmettere fiducia e simpatia, capitalizzando una credibilità politica che le ha permesso di vincere 16 delle 18 votazioni popolari riguardanti il suo dipartimento. E non erano votazioni facili: «energia 2020» (preceduta dalla decisione di abbandonare gradualmente l’energia atomica, dopo il disastro di Fukushima del 2011), la seconda galleria autostradale sotto il San Gottardo, l’iniziativa No Billag, vittorie frutto dell’impegno personale della Leuthard e della credibilità di cui gode fra i cittadini. 

Neppure Johann Schneider-Ammann è stato un cattivo consigliere federale, come ministro dell’economia pubblica ha fatto quel che ci si aspetta da un liberale radicale: intervenire il meno possibile sull’economia e garantire le migliori condizioni quadro perché possa svilupparsi il più liberamente possibile. Ha messo il focus soprattutto sugli accordi commerciali con paesi terzi, in particolare quello del 2014 con la Cina, fedele al suo motto di creare «jobs, jobs, jobs». Per lo stesso motivo ha avuto a cuore la formazione duale, l’innovazione digitale e scientifica, i rapporti con l’Unione europea. Tuttavia, l’assenza di carisma politico, forse anche una certa ingenuità, l’hanno ostacolato più volte: l’incapacità di creare alleanze e di agire tatticamente l’hanno posto spesso in minoranza in governo e in parlamento, l’hanno portato a duri scontri con gli agricoltori e quest’estate, complice Cassis, con i sindacati (sulle misure di accompagnamento della libera circolazione).

Entrambi si ritireranno dal Consiglio federale a fine anno, durante la sessione di dicembre ci sarà dunque una doppia elezione. Se per la successione a Doris Leuthard non si intravvede ancora nel PPD un chiaro favorito, per quella di Johann Schneider-Ammann un nome brilla sopra a tutti: Karin Keller-Sutter, presidente del Consiglio degli Stati e già consigliera di Stato sangallese. Da più parti, nel PLR e fuori, si vuole una donna, la Svizzera orientale chiede di essere di nuovo rappresentata nel Consiglio federale, e Karin Keller-Sutter sembra la candidata più indicata. Tuttavia, non è ancora detto che voglia ricandidarsi, dopo che nel 2010 – battuta da Schneider-Ammann – dichiarò di non voler concorrere una seconda volta per il governo. Siccome in dicembre si procederà prima all’elezione del successore della Leuthard, se venisse eletta una donna PPD, l’Assemblea federale potrebbe preferirgli un uomo, inoltre oggi Keller-Sutter non gode più del favore dell’UDC, mentre è più gradita a PS e Verdi per la sua capacità di forgiare compromessi in campo sociale. Se martedì scorso, al momento dell’annuncio delle dimissioni di Schneider-Ammann, l’elezione di Keller-Sutter sembrava scontata, da giovedì, con il ritiro della Leuthard, i giochi si sono riaperti.