Tweet, Twist e penne montate

/ 16.04.2018
di Paolo Di Stefano

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha mandato un tweet al presidente russo Vladimir Putin per avvertirlo: «Russia stai pronta perché i missili arrivano, belli nuovi e intelligenti». Affidare a un tweet un messaggio così drammatico è il segno di un infantilismo comunicativo che diventa aberrazione morale. Come se un missile, che sicuramente provocherà disastri e morti, equivalesse a un TVB o a un emoticon spiritoso.  

Chissà se Trump (-1 di scoraggiamento) conosce questa frase: «Si nasce per far guerra alla morte ed esserne sconfitti», autore il grande umorista (spesso amaro) Marcello Marchesi (5½++). Che puntualizzava: «Si vis pacem para bellum, si vis bellum para culum». Marchesi, chiamato il «Signore di mezza età» (titolo di un varietà televisivo di cui era autore), è morto quarant’anni fa schiantandosi contro uno scoglio nel mare di Sardegna per uno scherzo finito male: voleva far ridere, con un tuffo, il figlioletto Massimo. Fra pochi mesi avrà un Meridiano, cioè entrerà nella collana dei classici Mondadori che è il Pantheon della letteratura italiana. Leggere il presente attraverso le parole di Marchesi, l’uomo che ha inventato moltissimi geniali slogan pubblicitari di «Carosello», può essere sorprendente. 

«Il signore sì che se ne intende» (brandy Stock 84), «Come se niente fudesse» (Cera Liù), «Basta la parola» (confetto Falqui), «Con quella bocca può dire ciò che vuole» (dentifricio Chlorodont) sono sue creazioni verbali. «Non è vero che tutto fa brodo» era la pubblicità del dado Lombardi e mai frase fu più adatta al nostro tempo privo di discrimine e di distinguo. Non è vero che tutto fa tweet, caro (per niente caro) presidente Trump. «Il twist», scriveva Marchesi negli anni 60, «accomuna tutta la gioventù d’oggi» («chi va con lo zoppo impara il twist», aggiunse). Il tweet invece accomuna la gioventù, la mezza età e l’età avanzata del nostro tempo: in mano a un demente può provocare tragedie. «Sbagliando si spara», diceva Marchesi. 

Il futuro signore di mezza età era nato nel 1912 in via della Spiga a Milano, da ragazzo scrisse poesie burlesche in romanesco, negli anni 30 cominciò a collaborare per settimanali umoristici, tra cui «Il Bertoldo» diretto da Cesare Zavattini, «Il Marc’Aurelio» e «Omnibus». A proposito di Vittorio De Sica, scrisse: «Dai a Cesare quel che è di Cesare», aggiungendo un asterisco su Cesare* e un richiamo a fondo pagina: *Zavattini (autore di Miracolo a Milano). Non resistette all’attrazione del cinema (sceneggiando anche film di Totò), ma soprattutto al fascino della tv, scrivendo per Bramieri, per Vianello, per Tognazzi, per Sordi, per «Canzonissima»,  e vivendo in simbiosi con Walter Chiari al quale fornì sketch irresistibili. Umberto Eco, che lavorava come editor alla Bompiani, nel 1972 diede il visto si stampi al suo capolavoro, Il malloppo, una sorta di romanzo-monologo delirante che combinava i ricordi di una vita con le battute. Era un maestro del gioco di parole. Aveva in serbo calembour per tutti. Definì Aldo Moro il «Dottor Divago» per la sua retorica, Giulio Andreotti «Chi non muore si risiede» per l’attaccamento alla poltrona, Marcello Mastroianni «Marlon Blando», Gina Lollobrigida il «Petto Atlantico», Mike Bongiorno «Tutto è perduto fuorché l’ospite d’onore», l’avvocato Gianni Agnelli «Fiat Dux!», Claudio Villa «l’acuto ottuso», Alberto Moravia «autore di pubico interesse», Dacia Maraini la «Penna montata», Renato Guttuso una «picassata alla siciliana» e si potrebbe continuare (lascio al lettore il piacere di dare i voti). Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano, che nei primi anni 90 diede il titolo a un best seller di Gino & Michele, è una sua battuta. Diceva che «una (battuta) al giorno leva lo psicanalista di torno». E dopo il clamoroso errore giudiziario del caso Tortora postillò: «Quiz pro quo». 

Chissà quante Penne montate e quanti Marlon Blandi vedrebbe in giro oggi. «Oggi tutto non basta più», diceva, anticipando di molto l’età dei consumi sfrenati e dei social network. Nel 2018, guardando i candidati premier italiani, potrebbe parodiare se stesso e commentare: «Il signore sì che non se ne intende». Intuì il pensiero di tanti produttori cinematografici simili all’americano Weinstein con due versi folgoranti: «Senza sesso / non c’è successo». Parlando di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia anticipò il ritratto della coppia Fazio-Littizzetto ma anche Renzi-Boschi: «Uno è poco, due son troppi». Prefigurò la malattia della società dello spreco: «la nuova fede è il Buttismo, saremo tutti buttisti, seguaci del dio Butta…». 

Tra le promesse assurde che si sono sentite durante l’ultima campagna elettorale italiana, visti i risultati ci sarebbe stata bene una proposta demenziale avanzata dal signore di mezza età: «Se lei viene al mio funerale, io verrò al suo».