Ci siamo quasi. Tra meno di un mese inizia, per AlpTransit, l’esercizio regolare. Nuovo orario, nuovi collegamenti. È il terzo traforo sotto il massiccio alpino: 1882, 1980, 2016. Due gallerie ferroviarie, una stradale. Ma finora si doveva ancora scalare faticosamente le valli, con rampe e viadotti; l’ultima invece scavalca di slancio ogni ostacolo, per infilarsi come un fuso nel ventre della montagna, un cunicolo che cancella ogni paesaggio, ogni feritoia su villaggi, boschi, pascoli, villaggi e chiese.
C’è grande attesa per questo nuovo traguardo del genio civile. Scambi, commerci, studio, lavoro. E poi il turismo. Con AlpTransit raggiungere il Ticino dalle brume nordiche sarà più facile e comodo, una rapida gita fuori porta con rientro serale. Diventeremo la Florida dell’agglomerato di Zurigo, allegre comitive di gitanti e frotte di pensionati? Scenari simili erano già stati prefigurati nel secondo dopoguerra, con l’esplosione del traffico automobilistico. Eccesso di ottimismo. Ora l’auto ha preso in ostaggio intere zone, soffocandole: il Mendrisiotto, il pian Scairolo, la Lugano-Ponte Tresa, l’ingresso a Bellinzona, la strada che porta a Locarno. Per non parlare della N2 e del San Gottardo, calvario ormai quotidiano.
Difficile pensare che AlpTransit contribuirà a diradare il formicaio. Probabilmente la svolta si avrà solo con l’apertura del Monte Ceneri di base, con la rete integrata: una linea metropolitana di superficie che avvicinerà i principali poli del cantone. Era il sogno del «nostro» Carlo Cattaneo, il quale nel 1841 già aveva concepito nella sua mente un intreccio visionario: «Se le strade ferrate devono propagarsi in Europa – annotava nel suo Politecnico con splendida immagine –, non lo possono fare altrimenti che al modo degli aghi di ghiaccio, i quali si scontrano e si attraversano a brevi intervalli e con minuta tessitura, finché tutta la superficie dell’acqua ne rimanga invetriata».
Una visione analoga, ma su scala molto più ampia, è proposta oggi dall’urbanista e geografo indo-americano Parag Khanna. Nel suo ultimo libro intitolato Connectography, disponibile anche in italiano, questo studioso disegna una mappa intessuta da un’infinità di connessioni, materiali (strade, ferrovie, linee aeree) e virtuali (web): «La vera mappa del mondo non dovrebbe rappresentare soltanto gli Stati, ma anche le metropoli, le autostrade, le ferrovie, le pipeline, i cablaggi per Internet e gli altri simboli della nostra nascente civiltà di network globale».
Dunque una gigantesca e avvolgente ragnatela, fili e nodi in cui muoversi agilmente in base alle proprie esigenze. Ma sarà proprio così? Vediamo di esaminare da vicino anche qualche groppo di questa immensa rete. I tempi, innanzitutto. Siamo sicuri che AlpTransit li abbatterà per la gioia di noi viaggiatori? Rispetto ad oggi, l’orario dell’11 dicembre dà, sulla tratta Bellinzona-Zurigo, un guadagno di 39 minuti per il treno più veloce: non molto se si considera che la galleria di base ha inghiottito oltre 12 miliardi di franchi... Sulla tratta Zurigo-Venezia il vantaggio sarà complessivamente di mezz’ora, ma per converso diminuirà il numero dei collegamenti veloci. Peggioreranno invece i tempi di percorrenza da Lugano a Venezia, che oggi sono di 4.15 (con un cambio) e domani di 4.22 (con l’eccezione del treno delle 7.42). Un passo di gambero che si spiega con l’effetto-imbuto che si produrrà da Chiasso in poi, sulla direttrice Como San Giovanni-Milano Centrale-Mestre.
Insomma, AlpTransit non rivoluzionerà, per ora, l’intero sistema, come taluni forse si aspettano. Con l’incremento dei convogli, soprattutto di quelli adibiti al trasporto merci, è poi probabile che vedremo germinare un secondo effetto negativo, quello del congestionamento delle linee e quindi della moltiplicazione dei ritardi e della perdita delle coincidenze.
C’è infine il fattore pericolo, la molteplicità dei rischi connessi all’andirivieni nel cuore degli abitati di vagoni carichi di sostanze tossiche, infiammabili o chissà che altro. La disgrazia di Viareggio del 2009 ha mostrato quali conseguenze genera un semplice deragliamento in un quartiere cittadino. La nuova ferrovia di pianura attraverserà, sferragliando e stridendo, le città di Bellinzona, Lugano, Mendrisio, Chiasso. È quindi legittimo interrogarsi anche su questo aspetto, legato all’innesto su un tronco risalente alla seconda metà dell’Ottocento. E purtroppo sappiamo che per completare l’intero corridoio occorreranno anni, anzi decenni. Il San Gottardo: ancora una volta «via delle genti» e «via crucis».