Tempo di Sanremo

/ 14.01.2019
di Bruno Gambarotta

Il tempo fugge, l’inesorabile tempo, e nel cielo d’Italia sta per battere ancora una volta l’ora del Festival di Sanremo, che per la verità sarebbe il Festival della Canzone ma, si sa, le canzoni sono l’ultimo pensiero al mondo per gli organizzatori e per gli spettatori. Tanto è vero che il giorno dopo la proclamazione della canzone vincitrice nessuno se la ricorda più. Tutta l’Italia si ferma e trattiene il fiato per una settimana per un evento che è solo una gigantesca cornice attorno al nulla.

Durante quella settimana i palcoscenici dei teatri sono calcati da quegli artisti che nel resto dell’anno non troverebbero una scrittura e, in ogni caso, accettano solo contratti che prevedono il pagamento a cachet, anziché a percentuale sull’incasso. Non è sempre stato così, un libro del giornalista sanremese Claudio Porchia racconta, aiutato da una ricca documentazione fotografica, i primi 25 anni del Festival, che si svolgeva al teatro del Casinò, dal 1951 al 1976.

Dall’anno successivo, l’evento traslocò al teatro Ariston e fu tutta un’altra storia. Nelle prime due edizioni, quando era solo ripreso e trasmesso dalla radio, la platea del teatro era occupata dai tavolini attorno ai quali sedevano, bevendo, mangiando e parlando, gli ospiti del Casinò che offriva gratuitamente l’intrattenimento. L’orchestra diretta dal maestro Cinico Angelini suonava, i cantanti (Nilla Pizzi, Achille Togliani, il duo Fasano) si sgolavano e i camerieri si aggiravano fra i tavoli servendo cibi e bevande. Il presentatore Nunzio Filogamo, per ottenere un po’ di silenzio e di attenzione, s’inventò un saluto diventato proverbiale: «Miei cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate». Orchestra e cantanti eseguivano tutte e venti le canzoni in gara. In compenso o forse grazie a questo stile da dopolavoro, dal giorno dopo tutta l’Italia cantava le canzoni vincitrici e ancora adesso l’enunciazione del titolo fa tornare in mente, a noi che c’eravamo, le parole e il motivo delle prime tre classificate.

Fin dalla prima edizione non mancano le polemiche. La manifestazione è promossa dall’azienda turistica della Riviera dei Fiori, si svolge nella Città dei Fiori e qual è la canzone vincitrice? Grazie dei fior. Da lì il sospetto di una manipolazione del verdetto. In compenso nessuno ha pensato a preparare un mazzo di fiori da consegnare a Nilla Pizzi. Un cameriere più sveglio degli organizzatori arraffa dai tavolini della sala un po’ di garofani appassiti, li assembla e compone il mazzo da offrire alla cantante. Siamo ancora in radio e il resto d’Italia non s’accorge di nulla.

La televisione italiana, iniziata il 4 gennaio 1954, sbarca a Sanremo per riprendere il festival solo a partire dalla quinta edizione, nel 1955. E inizia subito a imporre le sue regole, a iniziare dalle scollature delle cantanti: nel 1958 Jula de Palma non volendo cambiare un vestito che offriva un panorama a giudizio dei dirigenti della Rai troppo vistoso, fu costretta ad applicare una grande rosa sul petto. Sempre in quel 1958, il regista delle riprese televisive era Vittorio Brignole, un anziano napoletano che proveniva dal teatro.

Durante le prove c’era un cantante che durante l’esibizione faceva dei salti alzando le braccia al cielo e Brignole spedì il suo aiuto a dire a quel signore che cantasse pure quello che voleva ma che non facesse salti né alzasse le braccia perché, così facendo, usciva dall’inquadratura. Si trattava di Domenico Modugno che avrebbe vinto quell’edizione con Nel blu dipinto di blu, la canzone italiana più venduta di tutti i tempi. Per fortuna quel signore ha continuato a saltare e ad alzare le braccia per il resto dei suoi giorni.

Come racconta il fotografo Andrea Moreschi, la mattina dopo la vittoria Modugno si presenta nel suo studio per realizzare immagini pubblicitarie per un amico che aveva una piccola azienda con la quale produceva e vendeva apparecchi radio. Per fargli un favore, non per guadagno. Altri tempi, ora tutti, prima ancora di affacciarsi nel mondo dello spettacolo, si fanno rappresentare da un agente.

Le canzoni erano eseguite da due diversi cantanti. I quotidiani volevano la fotografia della coppia dei vincitori, ma l’intervallo di tempo era troppo breve fra la proclamazione e l’avvio della stampa. Così nei giorni precedenti i concorrenti accettavano di mettersi in posa simulando un’ipotetica vittoria. In quell’Italia democristiana tutti i cantanti prima dell’inizio della gara andavano nella chiesa dei frati Cappuccini per assistere alla Messa.

Quasi subito iniziò la ricerca di ospiti illustri. Nel 1968, in un festival visto oramai in Mondovisione, arrivò Louis Armstrong per cantare in coppia con Lara Saint Paul. Dopo l’esibizione, il grande trombettista jazz iniziò a suonare When the Saints Go Marching in, pensando di iniziare il concerto. Trascinato in camerino, non riusciva a capacitarsi: «Mi avete dato tutti questi soldi per una canzone di pochi minuti?»