Tempo di consuntivi

/ 05.12.2016
di Angelo Rossi

È arrivato dicembre e per chi commenta l’attualità dell’economia è arrivato il momento di tirare le somme sull’anno che se ne sta andando. Per quel che riguarda la congiuntura possiamo affermare che il 2016 è stato uno dei pochi anni nei quali le previsioni congiunturali vengono confermate. E non sarà dicembre – che è comunque un mese importante per il commercio al dettaglio – a cambiare i risultati annuali. A livello di Unione Europea si prevedeva una crescita del Prodotto interno lordo dell’1,7%. Ed è stato così. In Svizzera le previsioni di crescita della primavera di quest’anno erano più modeste: +1,3%. Sono ora state corrette verso l’alto: il Pil svizzero dovrebbe crescere dell’1,6% ossia solamente un po’ di meno del Pil europeo.

La rivalutazione del franco, dovuta alla decisione della Banca nazionale svizzera della metà di gennaio del 2015 di lasciar flottare il franco rispetto all’euro, continua però a penalizzare la nostra economia. Ma quest’anno sembra che l’effetto negativo sulla crescita sia stato meno forte che lo scorso anno. Come si è già ricordato, la prestazione dell’economia svizzera raggiungerà, alla fine dell’anno, quella media europea. Con il 2017, poi, si dovrebbe tornare a una situazione nella quale l’economia svizzera cresce più rapidamente di quella europea. BAK-Basel, KOF e SECO prevedono, per l’anno prossimo, tassi di crescita tra l’1,7 e l’1,8%.

Le previsioni per l’economia europea anticipano invece una lieve caduta del tasso di crescita, dall’1,7% di quest’anno all’1,5% per il 2017. Saranno soprattutto le economie di Germania, Gran Bretagna e Spagna a farne le spese. L’economia svizzera crescerà più rapidamente di quella europea grazie, da un lato, a una attesa svalutazione del franco di circa 5 centesimi rispetto all’euro, dall’altro, alla crescita delle esportazioni verso i mercati americani e asiatici. 

Se le previsioni macroeconomiche sono positive, vi sono diversi dossier aperti preoccupanti. Il più importante è sicuramente quello dei tassi d’interesse negativi per il quale non si vede una via d’uscita a breve termine. Come ha precisato di recente il vicepresidente del Direttorio della Banca nazionale, Fritz Zurbrügg, gli interessi negativi servono per mantenere la differenza nei tassi di interesse tra la Svizzera e i paesi europei. Stando a Zurbrügg, se i tassi di interesse non fossero negativi, sia il tasso di inflazione, sia il tasso di crescita in Svizzera sarebbero più bassi.

Se il ristabilimento della differenza tra i tassi d’interesse svizzeri e quelli europei è la ragione che giustifica l’imposizione di tassi negativi, è evidente che non vi sarà un mutamento di politica da parte della BNS fino a tanto che i tassi di interesse europei non dovessero riprendere a crescere. Per il momento però, la Banca europea non ha nessuna intenzione di cambiare la sua politica dei tassi di interesse bassi. I bancari elvetici sperano tuttavia che una svolta importante in materia di tassi di interesse possa venire dalla nuova amministrazione americana. Campa cavallo…!

Un secondo dossier aperto, che minaccia di trascinarsi ancora per le lunghe, è quello concernente le misure da prendere per dare seguito al nuovo articolo costituzionale sull’immigrazione di massa. Al momento non si vede ancora quale soluzione si potrà adottare. Quelle discusse in parlamento non rispondono di certo al dettato del nuovo articolo costituzionale e quindi saranno probabilmente bocciate dal referendum che sarà promosso contro di esse. D’altra parte, se la Svizzera dovesse introdurre contingenti all’immigrazione dovrebbe rinunciare ai trattati bilaterali con l’UE senza sapere, in maniera chiara, quali potrebbero essere le conseguenze per la sua economia. Per quel che riguarda questo dossier non ci attendiamo quindi nessuna soluzione definitiva nell’immediato.

Osserviamo da ultimo che delle preoccupazioni che ci angustiavano all’inizio del 2016 ne abbiamo potuto mettere da parte una sola: il pericolo di bolla nelle costruzioni. Il rallentamento demografico ha posto fine sia al forte aumento nella domanda di alloggi dei passati anni, sia all’aumento degli affitti e dei prezzi per le abitazioni. Nel contempo, però, la bolla non è scoppiata. Il mercato delle abitazioni sembra stia riassestandosi in modo tranquillo. Almeno su questo fronte non dovrebbero più esserci preoccupazioni nel 2017.