Chi si attendeva dal Consiglio federale un controprogetto diretto con i denti, all’iniziativa popolare RASA, che chiarisse una volta per tutte i rapporti con l’Unione europea, è senz’altro deluso. Le due varianti messe in consultazione il 1. febbraio lasciano nel vago la politica europea del governo federale, ciò che induce a pensare che fra i sette ministri manchi il consenso per affrontare di petto la questione, nonostante l’oggettiva urgenza. Diversamente, non avremmo dichiarazioni in ordine sparso di singoli consiglieri federali: come scrive la «NZZ», il ministro degli esteri Didier Burkhalter vorrebbe una votazione dai termini chiari (sì o no alla via bilaterale), coerentemente con quanto andava dicendo dopo la votazione del 9 febbraio 2014 sull’immigrazione di massa; dal canto suo il ministro dell’economia Johannes Schneider-Ammann ha auspicato in un’intervista alla «Aargauer Zeitung» che il parlamento bocci il controprogetto del Consiglio federale («sarebbe una soluzione elegante»).
Che cosa prevedono le due varianti di controprogetto all’iniziativa RASA (che chiede la semplice cancellazione dell’articolo costituzionale 121a, introdotto con il voto del 9 febbraio 2014)? La prima, di completare l’articolo con la specificazione che nella gestione autonoma dell’immigrazione vengano tenuti nella giusta considerazione gli accordi internazionali di grande portata per la posizione della Svizzera in Europa, e di stralciare al contempo la disposizione che l’articolo 121a debba essere tradotto in legge entro tre anni (che scadono questa settimana). La seconda variante prevede unicamente lo stralcio della disposizione sui tempi di attuazione. Una formulazione, quella relativa alla prima variante di controprogetto, i cui effetti non aggiungono né tolgono nulla a quanto deciso dalle Camere federali in dicembre, con la preferenza light ai lavoratori residenti rispetto agli immigrati dall’Unione europea. Inoltre, se in votazione popolare venissero bocciate sia l’iniziativa RASA sia il controprogetto del Consiglio federale, non avremmo comunque chiarezza sui rapporti futuri con l’Unione europea.
Per contro, ci penseranno presto gli anti-europeisti a sgombrare il campo dalle ambiguità. Non tanto coloro che si preparano a lanciare il referendum contro la legge di applicazione dell’iniziativa popolare del 9 febbraio 2014 decisa dalle Camere federali in dicembre, ma l’UDC e l’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI), che a metà anno lanceranno un’iniziativa popolare per abrogare la libera circolazione delle persone. A quel punto i cittadini svizzeri dovranno prendere una posizione netta, con la consapevolezza che un rifiuto della libera circolazione equivarrebbe a disdire gli accordi bilaterali in vigore con l’Unione europea, perlomeno quelli contenuti nel primo pacchetto negoziato alla fine degli anni Novanta. Un chiarimento necessario, poiché durante la campagna per il voto del 9 febbraio gli anti-europeisti avevano fatto credere che un sì ad un controllo autonomo dell’immigrazione non avrebbe messo in pericolo gli accordi bilaterali – un’ambiguità che ha permesso alle Camere federali di considerare più importante il rispetto degli accordi internazionali con Bruxelles (anch’essi iscritti nella Costituzione) varando una legge che non contravviene alla libera circolazione.
A questo punto, non sarebbe auspicabile che venisse ritirata l’iniziativa popolare RASA (con poche probabilità di successo), ciò che renderebbe superfluo anche il controprogetto del Consiglio federale?
La votazione sembra inutile, conta invece quella che l’UDC e l’ASNI si accingono a lanciare.