Quanto ci mancano le stroncature! Quelle belle, sincere stroncature di una volta. Non le pensose, incolori, insapori, inodori pseudorecensioni di oggi, di questa nostra notte dove tutti i gatti sono bigi: tutti i libri sono da buoni ad abbastanza buoni a discreti, comunque sufficienti. Una boccata di ossigeno è arrivata qualche domenica fa da Natalia Aspesi (5½ alla carriera) che sulla «Repubblica» ha detto quel che pensava, pacatamente, sinceramente, di The Mister, il nuovo romanzo di E.L. James, l’autrice delle gloriose Cinquanta sfumature. Ebbene, ha scritto Aspesi: «Per snobismo, populismo, superbia, avevo deciso di farmi piacere l’atteso nuovo romanzo. Purtroppo non ce l’ho fatta: The Mister è veramente bruttissimo, eppure degno del massimo rispetto, perché creerà nuovo denaro per l’autrice, con giubilo del marito pure lui scrittore e dei due figli, ma anche dei suoi editori e delle languenti librerie che l’attendono ansimando».
Un’«ottima artigiana del nulla», questa E.L. James, una signora che racconta il sesso come lo racconterebbe chiunque sia privo di senso della realtà ma anche di immaginazione e soprattutto di stile: «Approfondisco il bacio facendomi più incalzante, Alessia sussulta per la sorpresa», «Geme e a un tratto urla con il corpo scosso dagli spasmi», «Gode tra le mie braccia» (il voto lo lascio devolvere simpaticamente al lettore).
Sarebbe meglio stroncare cose meno ovvie, quelle che in genere vengono esaltate o cautamente apprezzate. Un maestro coraggioso di stroncature è oggi Marco Ciriello (5½), ottimo scrittore oltre che critico, che scrive per «Il Messaggero». Ciriello ha criticato con argomenti non futili il nuovo romanzo di Marco Missiroli, Fedeltà (Einaudi), dato da almeno un anno per favorito del premio Strega: «È uno dei tanti romanzi italiani che sembrano mobili Ikea: stessi pezzi, viti, trame, telefonini, mestieri e tormenti…».
Ha fustigato l’ultimo libro, Serotonina (La Nave di Teseo), del «Nostradamus del nostro tempo», ovvero Michel Houellebecq: «Houellebecq lavora sulla mediocrità, e per forza di cose deve entrare in pensieri lubrichi e quindi scandalizzare, ma non è Louis-Ferdinand Céline». Non basta, insomma, essere reazionari e politicamente scorretti per fare grande letteratura, dice Ciriello. Al quale non piace neanche Chiara Gamberale con il suo L’isola dell’abbandono (Feltrinelli): «un’educazione sentimentale frou frou». Insomma, si può liberamente essere d’accordo o in disaccordo con Ciriello, ma è difficile non apprezzare al massimo grado la sua serietà e capacità di analisi: pregi che, aggiunti al coraggio, lo rendono poco gradito agli uffici stampa delle case editrici e in definitiva alle case editrici stesse.
La scorsa settimana Pierluigi Battista, sul «Corriere della Sera», si soffermava su alcune stroncature antiche raccolte in una interessante Guida tascabile per maniaci dei libri (Edizioni Clichy, voto al volume: 5). L’elenco è lunghissimo, a tratti divertente a tratti sconcertante. Truman Capote a proposito di Sulla strada di Jack Kerouac: «Questo non è scrivere, è battere a macchina» (5+). Vladimir Nabokov su Ernest Hemingway: «Qualcosa su campane, palle e torri [la traduzione non può rendere ragione al gioco di parole in lingua inglese: «bells, balls and bulls»]: mi ha disgustato» (4½). Hemingway su William Faulkner: «Povero Faulkner. Davvero crede che i paroloni suscitino forti emozioni?» (4-). Virginia Woolf sull’Ulisse di James Joyce: «L’opera di un nauseabondo studente universitario che si schiaccia i brufoli» (6-). Gustave Flaubert su George Sand: «Una muccona piena di inchiostro» (3). D’Annunzio su Marinetti: «Un cretino con lampi di imbecillità» (5+). Charles Baudelaire su Voltaire: «Il re degli imbecilli, il principe dei superficiali, il portavoce delle portinaie» (5-). Gore Vidal su Capote: «È in tutto e per tutto una casalinga del Kansas, pregiudizi compresi» (3). Evelyne Waugh su Proust: «Roba davvero scadente. Penso avesse qualche disordine mentale» (3-). Giorgio Bassani sui giovani scrittori del Gruppo 63: «Non sono che libertini profumati, incipriati e crudeli» (4+). Naturalmente si potrebbe continuare all’infinito. C’è persino una stroncatura firmata da Friedrich Nietzsche contro Dante Alighieri: «Una iena che scriveva poesie sulle tombe» (inclassificabile).
E una frecciata di Jonathan Franzen diretta al cuore di Philip Roth: «Roth non è uno scrittore di talento, nei suoi libri parla solo di sé, non avendo altro da raccontare» (4½). È chiaro che nel giudizio si insinuano inevitabilmente i gusti del recensore, le sue idiosincrasie, persino le ostilità personali. Ma, diversamente dalle recensioni insapori e tiepide che leggiamo tutti i giorni sulle pagine culturali, anche dalle stroncature più violente qualcosa di vero emerge sempre. O quasi. Pensate a cosa diceva Mark Twain di Jane Austen: «Tutte le volte che leggo Orgoglio e pregiudizio mi viene voglia di disseppellirla e colpirla sul cranio con la sua stessa tibia». La domanda a Twain (4+) sarebbe: perché non rilassarsi e dedicarsi ad altre letture?