In Sicilia si vota il 5 novembre, in Italia ancora non si sa. Di solito si dice che quello che accade in Sicilia accadrà dopo nel resto d’Italia. Se così fosse, le elezioni politiche di inizio 2018 rischiano di segnare un tempo degradato per la vita pubblica. La presentazione delle liste per le regionali siciliane è stata uno spettacolo imbarazzante.
Quattordici deputati (sull’isola dell’autonomia dire «consigliere regionale» è troppo poco) che sostenevano la sinistra si candideranno con la destra. Passano dall’ex comunista Crocetta all’ex missino Musumeci. In realtà, restano sempre sullo stesso posto: la poltrona.
Alcuni rivelano una tecnica da contorsionisti. Totò Lentini era nel centrosinistra, è passato al centrodestra, ma a Palermo è tornato nel centrosinistra per appoggiare Orlando, e ora in Regione ri-ritorna nel centrodestra. Alessandro Porto, presidente del gruppo «Con Enzo Bianco» al Comune di Catania, si candida nelle liste di Silvio Berlusconi.
Sono in teoria 76 mila i voti di preferenza che si spostano. Questo perché si presume che i clienti seguano i loro patroni, indipendentemente dal programma e dai valori. Che la classe dirigente non abbia molta stima dei compatrioti lo si vede da altri dettagli. Forza Italia ha perso Vincenzo Figuccia, passato all’Udc, ma ha messo in lista Onofrio Figuccia «detto Vincenzo»: qualcuno che lo vota per sbaglio ci sarà. Figuccia quello vero è furibondo. Gaetano Armao, leader mancato, non si candida, ma il suo movimento Siciliani Indignati schiera con Forza Italia il teologo Pietro Garonna «detto Armao».
Il penoso spettacolo coinvolge ovviamente la sinistra, nella parte di attrice non protagonista. Tutti contro tutti – Fava contro Micari, Orlando contro Crocetta – in una faida che non ha la nobiltà della tragedia, ma la fatuità della farsa. Il governatore non ricandidato – per disperazione – aveva annunciato l’ingaggio di Carmelo Leanza, fratello di Lino, ras del movimento del suo predecessore Raffaele Lombardo (condannato in appello a due anni di carcere per voto di scambio; in primo grado aveva preso sei anni e otto mesi per concorso esterno in associazione mafiosa). Ma all’ultimo minuto, scrive il «Giornale di Sicilia», Carmelo Leanza ci ha ripensato. Crocetta si è allora messo alla trafelata ricerca di un altro Leanza, e ha trovato Antonio, figlio di un assessore socialista degli anni 90. In tutto questo, le liste devono ancora passare l’esame dell’Antimafia, che indaga su almeno venti casi sospetti, tra cui si distingue Antonello Rizza di Forza Italia: 4 processi, 22 capi di imputazione.
Un tale degrado morale si spiega in due modi. La condizione di privilegio di cui godono i deputati regionali, tradizionalmente generosi con se stessi, che si fissano adeguate ricompense destinate spesso a rivelarsi soltanto un minimo garantito, un acconto sul grosso degli introiti: la politica come prosecuzione degli affari con altri mezzi. E la sottomissione di centinaia di migliaia di siciliani, che campano di lavori precari, vivono di sussidi, abitano case abusive, vengono insomma scientemente tenuti in condizione di dipendenza dalla politica: il diritto diventa favore. L’alternanza tra destra e sinistra non ha cambiato nulla. L’onestà personale di Nello Musumeci, in testa ai sondaggi, non è in discussione; ma non c’è da stupirsi che sia tallonato dal candidato antisistema, Giancarlo Cancellieri. I Cinque Stelle, con la loro consueta gragnuola di No, difficilmente sarebbero la soluzione per lo sviluppo; ma la speranza di molti siciliani è che riescano a catalizzare le energie e la rabbia della comunità.
È il caso di ricordare che non stiamo parlando di una landa desolata e senza speranza, ma di un’isola senza confronti al mondo per patrimonio naturale e artistico, con teatri greci più belli che in Grecia, mosaici bizantini più belli che a Bisanzio (commovente la cappella Palatina restaurata), oltretutto in pieno boom turistico nonostante la storica carenza di infrastrutture e di voli diretti con il Nord Europa.
Ero a Palermo nei giorni scorsi. Giorni pieni di sole e vento, in cui i siciliani hanno raccolto un cadavere all’Arenella, a Palermo – il quinto da marzo –, contato due parricidi a Barrafranca, Enna, e a Pedara, Catania. Mai come oggi la sensazione è che l’enorme potenziale di crescita economica e culturale rischi di essere bruciato nella fornace del malcostume e dell’autodistruzione. E viene un brivido nel pensare – come ci ha insegnato la grande letteratura da Verga a Camilleri passando per Pirandello, Sciascia, Tomasi di Lampedusa – che la storia della Sicilia parla di tutti quanti gli italiani. E credo che anche gli svizzeri siano consapevoli che i siciliani presi uno per uno sono capaci di grandi imprese; ma tutti insieme non sono ancora riusciti a far decollare la loro terra.