L’approdo del Gay Pride a Lugano ha suscitato, come è noto, entusiasmi e consensi, ma anche opposizioni e polemiche. Tuttavia, è indubbio che questo recente «orgoglio» declamato pubblicamente è uno dei segni più eloquenti del cambiamento di mentalità e del rovesciamento di princípi morali, concezioni e valori che hanno dominato per secoli e secoli. Nella concezione ecclesiastica l’amore omosessuale era – ed è ancora oggi – considerato un atto «contro natura», anche se il Catechismo della Chiesa cattolica è oggi molto più indulgente che in passato: si limita a dire che «le persone omosessuali sono chiamate alla castità». Per secoli e secoli le stesse persone furono invece chiamate al carcere (e ancora oggi, in certi Paesi islamici, anche alla tortura e alla lapidazione), benché già nell’XI secolo san Pier Damiani, proclamato Dottore della Chiesa nel 1828, scrivesse, nel suo Liber Gomhorrianus, che «la sozzura sodomitica si insinua come un cancro nell’ordine ecclesiastico». E il santo, che Dante alloggia nel settimo cielo del Paradiso, ribadiva nel suo opuscolo – fortemente critico contro il clero d’allora – la gravità di un peccato «manifestamente contro natura».
È qui il nodo cruciale che oggi determina e giustifica il nostro radicale cambiamento di giudizio: la conoscenza scientifica attuale sconfessa clamorosamente l’innaturalità dei rapporti omosessuali. L’etologo Frans de Waal, ad esempio, ha ampiamente documentato la normalità e la consuetudine di rapporti sessuali tra maschi (come anche tra femmine) nelle scimmie bonobo, la specie di scimmie antropoidi che maggiormente condivide il patrimonio genetico dell’uomo, almeno fino al 95% dei geni. Ma non sono solo le scimmie a praticare l’omosessualità, bensì moltissime specie animali: tra i casi documentati, l’accoppiamento tra elefanti maschi, lo sbaciucchiarsi delle giraffe, le cerimonie di saluto dei cigni, le carezze reciproche delle balene. Il neuroscienziato Swaab scriveva, otto anni fa, che «il comportamento omosessuale è descritto in circa millecinquecento specie animali, dagli insetti ai mammiferi». Ha dunque ancora senso parlare di comportamento «contro natura»?
Ma poi, che cos’è la «Natura»? Anche su questo tema, le varie culture ne fanno un’astrazione rivedibile secondo i tempi e le convenienze. Sempre nell’ambito della sessualità, oggi si riconosce che l’identità di genere viene determinata già durante la permanenza nell’utero e rimane impressa nel cervello, anche indipendentemente dall’apparato genitale che compare poi nel neonato. Anche sulla base di queste nuove conoscenze nel maggio scorso il Consiglio federale ha proposto una modifica del Codice civile intesa a semplificare la pratica burocratica per le persone che intendono cambiare la loro identità sessuale quale figura nel registro dello Stato civile: i transessuali potranno così più agevolmente mutare sesso e nome. In questo caso, dunque, si riconosce un fondamento naturale e lo si asseconda. Però, ad esempio, quando si esegue una fecondazione in vitro e poi si trasferisce l’ovulo fecondato nell’utero della donna si attua un processo naturale, ma con un procedimento del tutto artificiale. Senza contare che questa nuova tecnica di fecondazione consente di diagnosticare eventuali difetti o malattie genetiche delle quali la coppia è portatrice, con tutte le inquietanti possibilità delle quali si dibatte nell’etica d’oggi – dalla possibilità di scegliere espressamente il sesso del nascituro a quella di selezionarne alcune caratteristiche… via via, fino all’eugenetica.
Anche il rispetto della Natura – che oggi sembra assumere nuovo vigore e consenso tra le masse, via via che cresce il timore del degrado ambientale – rimane in una zona di ambiguità e oscilla tra quel che conviene e quel che appare dannoso. È sempre stato così: per alimentare i campi l’uomo ha deviato corsi d’acqua, per debellare le malattie ha escogitato farmaci, per viaggiare più rapidamente ha costruito ponti, strade, macchine che volano, macchine da corsa… Rousseau ha oggi molto più ragione di quando scrisse, nel 1762: «L’uomo costringe una terra a nutrire i prodotti di un’altra, un albero a portare i frutti di un altro albero. Mischia e confonde climi, elementi, stagioni. Mutila il cane, il cavallo, lo schiavo. Capovolge ogni cosa, sfigura tutto, ama i mostri e le difformità. Non vuole nulla secondo natura, nemmeno l’uomo: deve domarlo per sé, come un cavallo da maneggio, formarlo a modo suo come un albero del suo giardino».