Se i migliori sono i peggiori

/ 09.01.2017
di Paolo Di Stefano

Il romanzo migliore del 2016? Ognuno ha sparato il suo. Classifiche, sulla «Lettura» del «Corriere della Sera», sulla «Repubblica» e in Rete. A mio avviso, alcuni dei premiati avrebbero meritato fra il 2 e il 3, ma lasciamo perdere. Per quanto mi riguarda, tra gli italiani segnalerei tre titoli da 5½: Il brevetto del geco di Tiziano Scarpa (Einaudi), Una sostanza sottile di Franco Cordelli (Einaudi), Qualcosa sui Lehman di Stefano Massini (Mondadori). Romanzi difficili, per cui la fatica, come (a volte) il santo, vale la candela. Quello di Scarpa è un libro che si affida quasi interamente alle descrizioni, bellissime, ormai bandite dalla narrazione perché rallentano troppo il ritmo, la trama, l’intreccio. Ecco la Stazione Centrale di Milano: «Pilastri a forma di faro sostenevano lanternoni ottogonali; i muri erano costellati di zodiaci, fregi, bassorilievi istoriati, modanature in ottone, mensole dove sono andate ad appollaiarsi aquile di pietra, colossi gagliardi, mascheroni ingrugnati, mosaici arcaizzanti, panorami piastrellati; e dappertutto pareti tirate a lucido, come pavimenti signorili issati in verticale». Resteranno, queste pagine, nella memoria letteraria? Il protagonista Federico Morpio, quasi quarantenne, è un video artista in crisi immerso in un’epoca, la nostra, che «non era in grado di sopportare la disperazione senza che fosse avvolta in un packaging scherzoso». La sua sfida è la ricerca della perfezione al tempo del mercato, l’investimento totale nella parola, nell’intenzione creativa (o talento). Nella società del consumo di massa di solito i libri considerati migliori sono quelli che si vendono di più. Quello di Scarpa non è libro da classifiche. 

Nemmeno il romanzo di Cordelli, figurarsi, troppo denso, troppo pieno di incubi, di angoscia, di divagazioni, di pensieri che vanno avanti e indietro, di ricordi sgradevoli, di resoconti e interrogativi sulla vita, sulla morte, su quella «sostanza sottile» che è il limitare tra vita e morte, sulla malattia, sulle relazioni possibili e impossibili tra uomini e donne, tra genitori e figli, sull’amicizia. Troppa vertigine, troppa molteplicità di livelli tematici, narrativi, stilistici, vocali in questo diario-resa-dei-conti sulla senescenza e sulla trascendenza in cui un padre e una figlia finalmente si parlano (e forse si capiscono). Con pagine piene di poesia, specie quando si descrive la natura della Provenza (scenario della narrazione): che cos’è la poesia, pensa il narratore, se non l’incontro della necessità e del caso, di ciò che sappiamo e di ciò che non sappiamo? «I contrari, insomma: dove tutto si ricongiunge». Il libro di Cordelli non è libro da classifiche, ma risponde a un’esigenza di Milan Kundera: «la conoscenza è l’unica moralità del romanzo». 

Potente, inarrestabile flusso quello di Massini, il giovane autore (classe 1975) della Lehman Trilogy portata in scena da Luca Ronconi: non c’è grande narrazione senza sfida. La saga dei Lehman, che comincia con il viaggio di Henry a metà ’800 dalla Baviera a Montgomery in Alabama, è una lunga ballata-cavalcata (in versi sciolti) nel capitalismo, dal commercio alla finanza, dall’America schiavista alla bancarotta mondiale del 2008: una sorta di trattato sulla caducità del denaro («de caducitate pecuniae») in forma di chanson de geste, dove gli ideali «cavallereschi» che nel Medioevo avevano il compito di consacrare il potere feudale – lealtà, prodezza e generosità – sono invece finalizzati a legittimare l’accumulazione di capitale, divenuta la sola religione dei Lehman, persino superiore alla religione ebraica che apparteneva alla loro tradizione familiare. È il racconto di questa sostituzione di una fede con l’altra, attraverso vari passaggi storici: la Guerra di Secessione, la Grande Guerra, la depressione del ’29, il secondo conflitto mondiale, il boom economico, la società dei consumi. 

Né Scarpa né Cordelli né Massini sono stati segnalati tra gli autori dei romanzi migliori dell’anno: sarà persino difficile trovarli in librerie stracolme di gialli. Un’ossessione poliziesca. Solo e sempre gialli. In compenso, bisognerà faticare per trovare i Sillabari di Goffredo Parise, capolavoro di delicatezza (voto: 6) sui sentimenti umani, datato 1972. Non c’è anniversario, né di nascita né di morte, ma ugualmente sotto il segno di Parise si potrebbe cominciare questo 2017. Per esempio con due suoi pensieri rimasti utilissimi oltre quattro decenni dopo essere stati scritti (avvertenza: sostituire «mondo» alla parola «paese»): 1. «Il nostro paese è un solo grande mercato di nevrotici tutti uguali, poveri e ricchi, che comprano, comprano senza conoscere nulla e poi buttano via e poi ricomprano». 2. «Il nostro paese è un’enorme bottega di stracci non necessari (perché sono stracci che vanno di moda), costosissimi e obbligatori». Tra gli stracci non necessari ci sono diversi libri segnalati come i migliori del 2016.