Sarà un parlamento diverso?

/ 16.09.2019
di Peter Schiesser

Ci siamo quasi: il 20 ottobre è alle porte, la campagna per le elezioni federali ha raggiunto l’apice (Marzio Rigonalli ce la descrive a pagina 37) e i barometri elettorali alimentano le aspettative. Come otto anni fa dopo Fukushima, il tema principe è dato: l’emergenza climatica. Secondo il più recente sondaggio della SSR-SRG, Verdi e Verdi liberali guadagnerebbero assieme oltre il 5 per cento di consensi. I Verdi supererebbero la soglia del 10 per cento (10,5) e al contempo il PPD, che scende al 10,2 per cento (–1,4 punti). Guadagnerebbe qualcosa il PLR (16,7 per cento, +0,3), pare stabile il PS al 18,7 per cento (–0,1), mentre questa volta chi rischia di perdere di più è l’UDC, in discesa al 26,8 per cento (–2,6). Resta poi alla ricerca di un senso e di un’identità il PBD dell’ex consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf (2,6 per cento, –1,5), partito nato dalla scissione dall’UDC e posizionatosi a fatica nell’affollato centro dell’arco politico.

I sondaggi restano sempre sondaggi, ma questi risultati sono corroborati dai risultati e dalle tendenze registrati nelle elezioni cantonali di questi anni. Per cui, in questo ultimo mese di campagna restano determinanti. Tanto, che l’eventuale sorpasso dei Verdi sul PPD ha già sollevato l’interrogativo per eccellenza: spetterebbe ai primi il quinto seggio in Consiglio federale? E a spese di chi, del PPD o del secondo seggio del PLR? Considerato che la forza del PLR arriva vicino a quella del PS, sarebbe più logico che a perdere il seggio fosse il PPD. Lo sapremo solo in dicembre, quando verrà rieletto il Consiglio federale, ma è dubbio che possano crearsi maggioranze superiori a quella formata da UDC, PLR e PPD. Inoltre, la politica federale ha tempi solitamente lunghi: il risultato di un partito alle federali deve dapprima consolidarsi nelle elezioni successive – è stato così anche per l’UDC, che ha atteso otto anni prima di ottenere un secondo consigliere federale; oltre a ciò, il PPD resta una forza preponderante al Consiglio degli Stati, che nel sistema bicamerale svizzero ha un ruolo paritetico a quello del Nazionale, come pure nei governi cantonali. Se il PPD vive da un decennio un lento declino, è tuttora una forza che si guadagna un posto in Consiglio federale.

L’attesa progressione dei Verdi unita alle perdite dell’UDC dovrebbe comunque bastare per cancellare la risicata maggioranza borghese che UDC e PLR hanno avuto al Nazionale in questa legislatura. Tuttavia, sappiamo per esperienza che una svolta, a destra o a sinistra, o in senso ecologico, assume peso e sostanza soltanto se trova maggioranze solide in Parlamento e poi in votazione popolare. Lo abbiamo visto in questi quattro anni. 

Ma oggi una svolta in senso progressista sembra essere in atto anche nella società nel suo complesso, in modo quasi trasversale. Un’analisi commissionata dalla «Neue Zürcher Zeitung», compiuta paragonando le posizioni dei candidati alle federali del 2019 e del 2015 (10.9.’19), indica che su alcuni temi di società c’è in atto un importante cambiamento. Una tassa sul CO2 troverebbe oggi una solida maggioranza (con PPD e PLR che compiono un enorme balzo in suo favore), così come la otterrebbe una effettiva parità per le coppie omosessuali (anche in seno al PPD e al PLR) e una legalizzazione della canapa (anche se UDC e PPD restano fra gli oppositori).

Al di là dei guadagni e delle perdite elettorali del tale o tal altro partito, sarà dunque interessante osservare e capire se e quanto stia evolvendo la sensibilità politica all’interno dei singoli partiti e dell’elettorato (il riposizionamento del PLR sull’ambiente è un segnale). Una svolta per essere tale deve avere solide basi.