Due temi hanno dominato l’estate che sta finendo. Per coglierli era sufficiente ascoltare le conversazioni. Fra gli anziani, i giovani vivono con la testa china sulle tavolette. Siamo nel giardino dell’albergo di montagna, in attesa della cena. Una villeggiante spalanca davanti a sé un quotidiano. Titolo: «Stati Uniti e Corea del Nord sull’orlo della guerra nucleare». Depone il giornale con aria angosciata e domanda all’amica seduta di fronte: «Secondo te, le uova, le controllano una per una?». Come risponde un torinese che non vuole schierarsi? «Conforme. Dipende». L’amica non demorde: «Dipende da cosa?». «Bisogna vedere cosa intendono per controllo, se consiste nel prendere l’uovo in mano, leggere cosa c’è scritto sopra e rimetterlo giù, si può fare». «Ma che razza di controllo è? Sull’uovo possono scriverci quello che vogliono, anche messaggi d’amore, mio cugino che non batteva chiodo per la bruttezza, ha trovato l’anima gemella così, tramite l’uovo». «Io non leggo mai cosa c’è scritto sul guscio di un uovo prima di romperlo». «Fai male, avresti potuto trovare anche tu l’anima gemella». «Non sposerei mai uno che mi scrive una lettera d’amore sulla superficie di una cosa uscita dal fondoschiena di una gallina».
Nella conversazione si intromette il cittadino virtuoso: «Noi consumatori dobbiamo fare la nostra parte, pretendere che sul guscio dell’uovo ci sia il nome della gallina che l’ha partorito, il suo pedigree, quello dell’allevatore, la data e il luogo dove è stato scodellato, un documento che certifichi che la gallina è di sana e robusta costituzione… tanto per cominciare». «Ci starà tutta questa roba sul guscio?» «Non mi interessa, è un problema che devono risolvere i nostri politici». La prima villeggiante riprende in mano il pallino: «Buoni quelli! Vanno a turno in tivu per rassicuraci, a dire che non c’è nessun rischio per i consumatori, che solo se mangi una frittata di otto uova puoi avere qualche piccolo disturbo». «Sarebbero più convincenti se si mangiassero un uovo in diretta. Ne prendono uno a caso dal nastro che scorre, lo rompono, lo mettono in un tegamino con un po’ di burro, lo cuociono, se lo mangiano e fanno scarpetta».
Entra in scena il complottista: «Chi ci assicura che le uova del nastro da cui il ministro ne prende una a caso non siano state prima controllate facendo un’ecografia o la Tac?» In un dibattito serio non può mancare la persona aggiornata: «Non gli fanno la Tac, ma la risonanza magnetica nucleare. Mio cognato ne aveva prenotata una, l’hanno rinviata di sei mesi, gli hanno detto che devono dare la precedenza alle uova». Si affaccia la padrona dell’albergo: «La cena è servita, stasera gara di frittate». Altro grande tema è stato il ritorno alla ribalta dei grandi vecchi e la cosa non può che farmi piacere essendo entrato a far parte della categoria. Nel mese di agosto i quotidiani facevano a gara per lanciare servizi su alcuni che sono diventati influencer e trendsetter. Penso che voglia dire che influenzano le opinioni e la moda.
Al festival di Venezia ha spopolato la coppia formata da Jane Fonda e Robert Redford. Sono tante le storie dei grandi vecchi che non si arrendono. Nello sport, per esempio, ma facendo gli opportuni controlli. C’è chi fa il furbo dichiarando: «Detengo il record mondiale dei 1500 metri per la categoria degli ultra 95enni», omettendo di aggiungere che è rimasto l’unico uomo al mondo a correre a quell’età. Un ex compagno di scuola mi ha segnalato l’ultra ottantenne che sta per laurearsi in lettere moderne, con una tesi sul poeta Ceccardo Roccatagliata Ceccardi. Ho voluto intervistarlo. «Perché proprio quest’autore?», è stata la mia prima domanda. «Cos’ha questo poeta di tanto speciale?». La sincerità della risposta mi ha commosso: «L’ho scelto perché il suo è l’unico nome che riesco a ricordare».
Sulle pagine di cronaca locale avevo pubblicato la storia del professore di filosofia che di pomeriggio faceva il ciabattino. Dopo l’uscita del servizio era stato licenziato dal liceo privato dove insegnava ma aveva moltiplicato le clienti che portavano nel suo negozio i figli a farsi risuolare le scarpe per scroccare un ripasso gratis nella sua materia. Ci sono i collezionisti delle cose più strane, come l’amico che mi ha invitato a cena per mostrarmi la sua raccolta di tessere di socio onorario di circoli, confraternite (della trippa, del bollito misto, del baccalà) e associazioni. Fra queste, gli amici delle Bollicine, del Museo Ferroviario, del Museo del Grande Torino, del circolo della magia. Secondo lui basta poco per meritarsi la tessera di socio onorario. «Tieni una conferenza nella loro sede, partecipi a una premiazione, accetti di far parte di una giuria, e arriva la nomina».
Preferisco coloro che tentano un’impresa giudicata impossibile, come quella di un novantenne decano del parapendio. Gli credevo sulla parola ma lui aveva voluto esibirsi in un lancio dimostrativo. La discesa era andata bene fino a pochi metri dal prato, quando un’improvvisa e rabbiosa folata di vento aveva spinto il trabiccolo a stamparsi contro un muretto di pietra. Da principio sembrava che il vecchio Icaro se la fosse cavata con un paio di fratture agli arti e un grande ematoma in fronte. Portato in pronto soccorso, nella notte erano sorte complicazioni cardiache. Una folla commossa ha preso parte al suo funerale.