Ricchi e poveri

/ 02.07.2018
di Angelo Rossi

Di ricchi ticinesi in Ticino ce ne sono pochi. I miliardari si possono contare sulle dita di una mano. Per tener conto anche dei multimilionari, sotto il miliardo di sostanza, basterà far ricorso alla seconda mano. Di questi tempi i nostri Paperoni usano riunirsi nella villa di un compaesano a Montecarlo per disputare il loro Trofeo Turistico misurandosi in gare di nuoto a ostacoli, di boccia, di pétanque, e in tornei di scopa e tresette. Chi ha mai detto che il denaro non fa felici: in realtà anche i ricchi ticinesi si divertono nelle loro oasi fiscali. I multimilionari residenti in Ticino sono intorno al centinaio. Sono stranieri che beneficiano della tassazione globale e pagano quindi meno tasse di quanto dovrebbero fare nel loro paese di origine. Il discorso sui ricchi può terminare qui.

Nel nostro cantone, invece, molto più numerosi sono i poveri. Gli stessi si dividono grosso modo in due categorie: i poveri che lavorano e i poveri che non lavorano. La prima categoria comprende quei lavoratori che ricevono un salario o uno stipendio così bassi da non consentire loro di far fronte ai loro impegni di spesa. La seconda categoria include in particolare i disoccupati che non hanno più diritto alle indennità dell’assicurazione contro la disoccupazione ma anche persone come i richiedenti l’asilo che, pur risiedendo in Ticino, non possono esercitarvi un’attività lucrativa. L’annuario statistico ticinese dedica un intero capitolo, il penultimo, alla situazione economica e sociale della popolazione, ossia alla statistica della povertà. Il lettore che volesse approfondire questo tema dal profilo dei numeri e delle percentuali farà bene a consultare questa pubblicazione.

Sono due le domande alle quali la statistica può dare una risposta: quanti sono i poveri e come evolve il loro numero. Precisiamo subito che la risposta a queste due semplici domande non è facile perché la stessa dipende dal modo come si definisce la povertà. Per molto tempo e, soprattutto, a livello di politiche sociali, la povertà è stata definita fissando una soglia di reddito, la soglia di povertà per l’appunto, al disotto della quale si trova la popolazione povera. Di solito questa soglia di povertà si situa verso il 60% della mediana del reddito disponibile. Così per esempio il nostro annuario ritiene come soglia per calcolare il tasso di rischio di povertà il 60% del reddito mediano disponibile in Svizzera. Con questa soglia, la quota dei poveri in Ticino superava, nel 2016, il 30% della popolazione: si tratta di una percentuale elevatissima, tenuto conto che, per la Svizzera il tasso di rischio di povertà, sempre nel 2016, non arrivava al 15%. Perché in Ticino dovrebbe esserci una quota di popolazione a rischio di povertà superiore al doppio della quota media della Svizzera è difficile da spiegare. Ancora meno comprensibile poi è il fatto che questa differenza, tra la quota media svizzera e la quota ticinese, si sia formata, come indica il grafico allegato, in soli 5 anni, a partire dal 2011. Dopo la crisi finanziaria del 2008 e fino al 2011, infatti, i valori dei tassi di rischio di povertà medio svizzero e ticinese erano molto più vicini.

Ma, come si è già ricordato, la ricerca recente è molto critica nei confronti di definizioni del fenomeno della povertà in base a una soglia di reddito. Preferisce chiamare poveri le persone che soffrono di privazioni come l’essere in ritardo con i pagamenti, il non poter concedersi una vacanza, o un piatto di carne regolarmente, il dover rinunciare alla televisione a colori, a un riscaldamento adeguato dell’appartamento, alla lavatrice, al telefono o all’automobile. Nel 2016, il 7,6% della popolazione ticinese si trovava in queste difficoltà. A livello svizzero, invece, il tasso di privazione non era che del 5,3%. Dopo la crisi del 2008, la quota in questione è dapprima diminuita, fino al 2011, per poi ricominciare a risalire sia in Ticino che in Svizzera. L’aumento della quota dei poveri, che si manifesta, a partire dal 2011, indipendentemente dalla definizione del fenomeno di povertà, domanda di essere spiegato. Ci sono più fattori come, ad esempio, l’aumento dell’effettivo dei rifugiati, l’aumento di quello dei disoccupati che non ricevono più indennità dall’assicurazione contro la disoccupazione, ecc, che potrebbero concorrere a una spiegazione. Finora però nessuno si è preoccupato di eseguire questa analisi. Ecco un bel tema per una tesi di master.