Non che sia un patito della nostalgia, ma da sempre mi affascinano i servizi fotografici che consentono, con un salto di decenni o addirittura di un secolo, di rivedere paesaggi, piazze o angoli di strade di un tempo. Ho già avuto modo di confessare questa mia patologia su «Azione». Se ne parlo di nuovo è perché la nostalgia è tornata a colpirmi all’improvviso visitando il pdf di una rivista trovata per caso su Twitter. Sulle prime ho pensato di inviare il documento al collega Oliver Scharpf per suggerirgli una possibile meta delle sue mirabili escursioni «walseriane». Ho desistito appena ho scoperto che riguardava un paese del Giura argoviese turisticamente già noto (e dirò poi perché), tanto da figurare fra le proposte di Postauto. Comunque il messaggio trasmesso dal documento non riportava solo operazioni legate alla nostalgia, consentiva anche la riscoperta di certi valori importanti, oggi ignorati o minimizzati, quando non derisi e criticati.
Il documento digitale di cui parlo riguarda Linn, un minuscolo comune del canton Argovia. O meglio: quello che una volta era un comune. Colpito dalla solita aggregazione che privilegia i grandi, da cinque anni è soltanto una frazione e il nome di Linn è scomparso. Da questa triste sepoltura burocratica gli abitanti e gli attinenti di Linn hanno però saputo far partire una splendida iniziativa: stampano, vendono e diffondono sul web, ogni anno una bellissima rivista che si chiama «FokusLinn». Quella reperibile ora, e scaricabile gratuitamente da internet, è una «Jubiläumsausgabe», un’edizione giubilare che non commemora i cinque anni della morte di Linn per imposta incorporazione in un altro comune, ma al contrario celebra in maniera splendida il quinquennio della nascita e della crescita di «ProLinn», l’associazione che, pur accettando il verdetto democratico, si è mobilitata per salvare l’identità e l’eredità culturale di oltre 700 anni di esistenza del paesino argoviese. Più o meno la stessa longevità la esibisce anche un maestoso tiglio – un «tilia platiphyllos» (www.linnerlinde.ch) – che con la sua età calcolata fra i 600 e gli 800 anni è l’albero più vecchio del cantone. Il maestoso tiglio funge, oltre che da attrazione turistica, anche da «porta di entrata» del villaggio, creando una «location» resa famosa dai telefilm Il becchino che in questi luoghi e proprio attorno al secolare tiglio ha girato diverse scene. Gli sforzi degli oltre 400 soci della ProLinn (e il sostegno di quasi 50’000 followers su Facebook) ha favorito anche un risveglio della componente politica. A Linn, che dopo la fusione deve chiamarsi Bözberg, il governo cantonale ha tenuto una sua seduta (peraltro in incognito, ma con visita e foto anche sotto le fronde del tiglio), a testimonianza di come sotto la spinta delle iniziative culturali le forze politiche si stiano muovendo, sempre più decise a riparare gli effetti negativi che la legge sulle aggregazioni comporta.
Mentre mi stavo interessando alle vicende narrate dalla rivista del comune argoviese, ho ricevuto anche un’altra pubblicazione: info-Massagno, rivista trimestrale che il comune luganese distribuisce ai suoi abitanti, per informare, ma anche perseguire gli scopi della ProLinn. Come noto Massagno difende la sua identità e la sua autonomia di comune rimanendo indifferente, se non ostile, sia alle proposte di aggregazione vagheggiate dall’amministrazione cantonale, sia all’interesse, ufficialmente mai dichiarato ma non per questo assente, della grande Lugano. Basta questa puntualizzazione per chiarire l’importante e diversa sensibilità esistente fra quanto decreta la legislazione ticinese in materia di fusioni comunali rispetto a quella del canton Argovia. Ne consegue anche una differente motivazione culturale: mentre Linn è obbligato a fare affidamento sulla nostalgia per cercare di rianimare quanto ha perso, Massagno la usa invece per difendere quel che vuole continuare a preservare. Lo si evince dalla bella fotografia con cui info-Massagno lancia in copertina un servizio sulla locale bocciofila nata 90 anni fa all’ombra dei platani che sovrastano il viale del Grotto Valletta, giubileo ricordato anche dal sindaco Giovanni Bruschetti in un editoriale costellato di furbeschi idiomi dialettali. Tiglio plurisecolare a Linn e platani a Massagno. Sarò anche sognatore, ma mi piace immaginare un «fil rouge» di oltre 240 km, teso fra le radici delle due piante «usate» per sottolineare nei due paesi il valore e l’importanza dell’identità. Spiegano i sociologi che la radice è statica, perché rimanda a un fatto, o a un complesso di fatti, avvenuto nel passato; l’identità invece è in continua evoluzione e alimenta l’organismo (paese, comunità). È però la radice a rimandare immancabilmente a qualcosa di originario e a risultare indispensabile per un successivo sviluppo. Di conseguenza nessuno stato, nessun comune, nessuna unione può sperare di preservare e rendere duratura la propria identità, senza impegnarsi ad avere cura e rispetto delle proprie radici.