Quel muro mentale difficile da abbattere

/ 18.11.2019
di Peter Schiesser

È in uno stato di cose radicalmente diverso che l’anniversario della caduta del Muro di Berlino è stato ricordato. Ricordato, più che celebrato. In un contesto in cui nei Länder dell’ex Repubblica democratica tedesca (la DDR) si affermano forze nazionaliste con tendenze autoritarie c’è poco da celebrare. Trent’anni dopo la dissoluzione dei regimi e sistemi comunisti in tutta l’Europa orientale, oltre che in Unione Sovietica, si cela nella nebbia del presente un muro invisibile, ma ben presente nella mente delle persone. È l’eredità di decenni di dittatura e oppressione, di secoli di dominazione imperiale, tedesca, austro-ungarica e zarista. La Germania orientale la condivide con tutti gli altri paesi che fecero parte di questi due imperi, poi sostituiti da regimi anche meno liberi. Oggi, nell’era della globalizzazione dell’economia, ai cui squilibri le democrazie occidentali sprovviste di strumenti adeguati non sanno porre rimedio, nell’est europeo riemergono i fantasmi di tanti passati.

Secondo alcuni, il presente mostra che in Europa lo scisma fra est ed ovest non è superato. Che è l’esperienza fragile dei primi decenni di democrazia, forma politica e di vita non ancora sufficientemente interiorizzata, a spingere molti elettori nelle braccia di un nazionalismo autoritario, ma anche a ridare linfa a partiti sorti sulle ceneri comuniste. Quando lo Stato, il re, l’imperatore hanno sempre pensato per te, se possibile impedendoti di parlare, quando sei stato a lungo suddito non sviluppi un senso di auto-responsabilità in così breve tempo. «Il blocco orientale era un paesaggio di menzogne», ha scritto il direttore della NZZ Eric Gujer, e l’eredità di quel tempo è una profonda diffidenza verso lo Stato e le élite che rende molte persone facile preda di «verità alternative», fake news per intenderci. Ma a ben guardare, quello che vediamo nell’est europeo si discosta molto da quanto avviene in Italia, Spagna, e Francia? Non sono simili le paure di una crescente emarginazione politica, sociale, economica nei «perdenti della globalizzazione»? Sono così diversi dagli Orban, i Kaczynski, l’AFD tedesca, leader come l’italiano Salvini, la francese Le Pen, lo spagnolo Abascal? Anche ad ovest il capro espiatorio è lo straniero, il migrante (benché all’est ci sia un substrato più complesso: nei paesi eredi di quegli imperi multinazionali e multietnici un’omogeneità etnica esiste solo dove era stata imposta con la forza e le deportazioni). Anche a ovest un’importante fetta della popolazione torna a preferire un uomo forte, che possa risistemare le cose senza andare troppo per il sottile.

Potremmo dire che pure in Italia e in Spagna non c’è stata una vera elaborazione delle dittature fasciste. Caduto Mussolini, improvvisamente in Italia quasi nessuno era più fascista, la democrazia sembrava la naturale forma di governo del paese. In realtà il fascismo, come lascito culturale e mentale, non era sparito e col tempo si è manifestato e cresce. Ci aveva pensato Berlusconi a sdoganare i post-fascisti di Gianfranco Fini, e pure oggi non c’è molta distanza tra un Salvini e una Meloni, anzi li accomuna una predilezione per l’autoritarismo che invece a Berlusconi e Fini mancava. Anche in Spagna, morto il dittatore Franco, la spaccatura nella popolazione risultava gestibile solo stendendoci sopra un velo, con l’augurio di poterla sanare con i frutti della democrazia e di un’economia di mercato. Aggiungiamoci le tendenze separatiste in Catalogna e possiamo spiegarci parte del successo di Vox di Santiago Abascal. Ma la Francia? E l’Austria, l’Olanda e quegli altri paesi dell’occidente europeo in cui forze nazionaliste contano numerose adesioni? Non tutto è eredità del passato: c’è un presente disruptivo e un futuro incerto che inquietano anche ad ovest. E la lettura della realtà, le risposte che si cercano e si danno sono molto simili in tutta l’Europa. Le sfide possono avere toni diversi a seconda dei retaggi del passato, i modi di affrontarle risultare anche molto dissimili, ma il confronto con gli autoritarismi e  una costruzione della realtà basata su fake news ci accomuna tutti, ad est e ad ovest.