Forse avete già visto gli ultimi spot realizzati dalle FFS. Vengono trasmessi sui canali televisivi, ma possono essere visti soprattutto online, sia nel sito web della nostra beneamata ferrovia federale, sia negli ormai invasivi e invadenti cookies proposti sui siti più disparati, comunque quelli che voi utilizzate maggiormente. La serie di spot pubblicitari merita un plauso per regia e sceneggiature, come pure per i testi che accompagnano i brevi filmati, sempre pertinenti, tecnicamente efficaci secondo la finalità per cui sono stati realizzati: brevi storie, soggetti e immagini suggestive, colori e trame pregnanti fanno chiaramente leva sui sentimenti, toccano i tasti giusti e garantiscono alle Ffs un ritorno di immagine molto positivo, quasi surreale. Uso questo aggettivo perché è non è facile entrare nell’immaginario collettivo ignorando treni con il «numerus clausus» (eufemismo per definire chi non può salire o viene fatto scendere prima che il locomotore si avvii perché il treno è già pieno), o è costretto a fare il viaggio in piedi, o viene tradito da coincidenze sempre più virtuali.
Gli spot parlano però di futuro, quindi c’è un invito indiretto, ma fortemente presente, a considerare l’offerta proiettata in un domani imminente, visto che, come spiegano i vari filmati, certi progetti sono già avviati. Oltre alla trama di un disabile che con la ferrovia potrà ampliare la sua mobilità, e quella (sceneggiata in Ticino, mi è parso di intuire) di una giovane incinta che pensa a quando dovrà viaggiare con la famiglia, uno dei nuovi spot cavalca la storia di un anziano svizzero francese. Mi soffermo su questo filmato perché ho subito capito che è quello che più mi riguarda, anche se la speranza che lo spot veicola, a mio parere, difficilmente potrà diventare realtà. La trama si sviluppa attorno al tema dell’amicizia seguendo un vegliardo che riesce ancora a usare la sua auto per ritrovarsi con dei coetanei e uscire con loro in barca a vela sul Lemano. Ma il testo interrompe l’incanto: come farà il vegliardo quando non avrà più la patente? Non c’è risposta, però una signora architetto o ingegnere spiega come le FFS stiano progettando per consentire anche al simpatico componente degli amanti velisti di continuare i suoi appuntamenti e il suo rito. Siamo al succo: la ferrovia sostituirà l’auto dando un futuro all’amicizia. Nello spot non si parla di altre soluzioni per il suo «quando non avrò più la patente», nessun accenno all’eventualità che uno degli amici possa andare a prendere il nostro velista, oppure che un figlio o una figlia arrivino a scarrozzarlo sino al lago.
Se pensate che io stia esagerando con la critica, provate un po’ a pensare dove, in Svizzera, esiste un treno con una fermata davanti a un porto di barche... Quindi, anche se lo spot non lo dice, qualche vettura, privata o pubblica, dovrà sempre entrare in azione nel «futuro che inizia oggi» delle FFS. Ma c’è un tasto ancor più dolente sui probabili effetti collaterali di quel filmato (anche se, l’ho già scritto, subito mi è apparso bello ed efficace). Riguarda, e non è elemento trascurabile, tempi e costi che questo «futuro che inizia già oggi» comporterà per il singolo utente. Un esempio: quanto tempo impiegherò e quanto mi costerà tra andata e ritorno, tra bus e treno, andare a fare vela sul lago di Locarno, partendo, diciamo, da Arosio? Già sento l’obiezione: ma ci sono abbonamenti a metà prezzo, arcobaleni, carte giornaliere ecc. Tutto vero. Ma fare vela sul lago, come tante altre occasioni di viaggio dei più anziani, è un rito difficile da programmare e da far coincidere con gli orari dei mezzi pubblici. Altro esempio: l’amico chiama la sera, dice che domani mattina farà bello e che alle 9 si mollano i pappafichi... Addio giornaliere tramite il comune! E l’abbonamento a metà prezzo – che per gli anziani costa come ai pivelli di 30 anni che lo usano tutti i giorni – se poi servirà solo due o tre volte diventa un’ipoteca che affloscia ogni buona intenzione. Restano allora le tariffe piene. Così, se per i mezzi pubblici i conti del futuro quadrano, per tanti anziani sono i conti del presente a dettare legge. Ecco dove volevo arrivare: a ricordare che un tempo ogni anziano otteneva quasi automaticamente agli sportelli pubblici e spesso anche a quelli privati una tariffa tutta sua. Poi, se gli abbonamenti risultavano più favorevoli (per chi viaggia tanto o tutti i mesi), ecco che scattavano ulteriori benefici. Oggi invece quel che resta della nostra vecchiaia è irrimediabilmente inserita nel calderone degli abbonamenti, dei canoni, dei premi mensili ecc. Insomma: l’anziano è uno dei tanti e basta.