Quattro anni di legge Weber

/ 05.08.2019
di Angelo Rossi

La legge federale che intende limitare la costruzione di case a appartamenti di vacanza ha un po’ più di quattro anni (essendo stata approvata il 20 marzo 2015), ma continua a suscitare un dibattito tra esperti intorno alle sue clausole, al modo nel quale dovrebbe venir applicata, e alle sue conseguenze economiche. Il dato che tutti conoscono è che la legge impedisce di costruire nuove residenze secondarie in comuni nei quali la quota delle abitazioni di vacanza supera già il 20% di quelle esistenti. Si tratta praticamente di tutti i comuni della regione alpina con qualche piccola eccezione.

Stando all’apposito studio fatto allestire dal Cantone nel 2017, in Ticino tutti i comuni di montagna registrano una quota di residenze secondarie al di sopra del 20%, con picchi sopra al 50% nei distretti di Leventina, Blenio e Vallemaggia. Sempre stando alle informazioni fornite da questo rapporto la quota del 20% di residenze secondarie è però superata anche da comuni delle aree urbane situate attorno ai laghi. Così nel Locarnese, mentre la città possiede una quota di residenze secondarie che oscilla attorno al 16%, i comuni di Ascona, Brissago, Brione, Minusio, Muralto, Orselina e Ronco sopra Ascona hanno tutti quote superiori al 20%. Nel Luganese si riproduce la medesima situazione con i Comuni di  Bissone, Collina d’Oro, Melide, Morcote e Vico Morcote, Brusino Arsizio, Caslano,  Magliaso, Maroggia e Ponte Tresa, mentre Lugano e Paradiso possiedono quote inferiori a quella fissata dalla legge.

I problemi sollevati dalle residenze secondarie non sono uguali in tutti i comuni. In quelli delle regioni di montagna si pone, e questa sembra essere stata la maggiore preoccupazione dei promotori della stessa, il problema del conflitto tra nuove costruzioni e protezione della natura e del paesaggio. Nel caso del Ticino, però, le residenze secondarie di montagna  sono molte volte costituite non da nuove costruzioni, ma da vecchie costruzioni nei nuclei o nei maggenghi che vengono recuperate e riattate a questo scopo. Mentre non si può negare che esistano casi particolari di conflitto tra le residenze secondarie e  la protezione della natura e del paesaggio, in generale si può affermare che nei comuni delle montagne ticinesi la residenza secondaria ha molte volte contribuito a salvaguardare un patrimonio edificato vecchio di qualche secolo che, altrimenti, sarebbe stato abbandonato all’incuria del tempo.

Diverso il caso nei comuni delle regioni lacuali nei quali la residenza secondaria quasi sempre è in conflitto con la residenza primaria. Qui le case e gli appartamenti di vacanza sottraggono superficie abitabile alle residenze primarie e, di conseguenza, fanno lievitare prezzi e affitti per le persone che risiedono permanentemente in questi comuni. Sulle conseguenze dell’applicazione della nuova legge non esistono ancora studi dettagliati. Si sa che dal 2013 all’entrata in vigore della legge (1.1.2016) il numero dei permessi di costruzione di residenze secondarie è aumentato. Evidentemente i promotori cercavano di evitare i rigori del nuovo strumento legale. In molte destinazioni si è così costruito molto più di quanto la domanda richiedeva. Di conseguenza, ancora oggi, esiste un eccesso di offerta.

Lo sviluppo delle vendite viene bloccato dalle aspettative di guadagno dei proprietari. È chiaro che, a medio termine, dovrà manifestarsi un calo significativo dei prezzi. Tuttavia quello delle residenze secondarie è un mercato nel quale una buona parte dell’offerta è nelle mani di persone che possono attendere. Tanto più che, da un paio d’anni, con la possibilità di ricorrere al portale Airbnb i proprietari possono ottenere un guadagno non indifferente, affittando la loro proprietà ai turisti, senza incorrere (almeno per il momento) in alcun inghippo giuridico. A perderci, in questi frangenti, sono quindi oltre agli inquilini anche gli albergatori della destinazione turistica in questione.