Quant’è difficile farsi soccorrere

/ 18.11.2019
di Ovidio Biffi

Sembrava una tranquilla mattinata di inizio novembre. Non era il 13 e nemmeno il 17; astri favorevoli, luna al primo quarto e sole su Lugano. Avvio normale quindi, tranne un leggero urto avvertito durante la manovra in retromarcia che compio da oltre mezzo secolo per uscire con l’auto dal posteggio. Cancello chiuso, occhiata alla ruota posteriore, cerchione pulito con la scarpa, e via, nel traffico, per raggiungere l’altro posteggio, quello di un autosilo cittadino, e uno studio medico per un banale controllo. L’alto grado di serenità riceve un drastico correttivo quando arrivo dal medico e scopro un’altra normalità: una decina di persone in attesa. Vabbè, stimo circa due ore. E mi va di lusso, perché dopo un’ora e mezza sono di nuovo in strada, pronto a dare continuità all’inizio di settimana.

Tornato all’autosilo, la ruota urtata mi cancella di colpo la serenità: gomma completamente a terra, il cordolo ha inciso il copertone. Secondo vabbè: si cambia la ruota. Solo che, chiuso fra due vetture e un pilastro, oltre a faticare a reperire la ruota di scorta, proprio non riesco ad alzare l’auto con il cric. Ci vuole il TCS, mi dico, e cerco la tessera con il numero di emergenza da chiamare. Nella solita custodia non c’è e subito ricordo di averla portata in casa per sostituirla con quella nuova ricevuta la settimana prima. Invece l’ho dimenticata nel cassetto assieme al distintivo d’oro dei 50 anni di appartenenza al mitico TCS. Terzo vabbè: ci sarà un custode dell’autosilo. Lo trovo, gentilissimo e oltretutto dotato di mega cellulare, di quelli che tu gli formuli la domanda e lui ti presenta la risposta, vale a dire indirizzi e numeri di telefono sul display. Pronunciamo prima TCS, poi Assistenza TCS, poi ancora Soccorso Stradale TCS. Niente da fare: il numero per convocare i soccorritori è introvabile. Ovviamente la colpa non è dell’assistente digitale che non reperisce il numero giusto. Lui, poverino, raggiunge sedi centrali, uffici regionali e altri indirizzi, riporta musichette, voci suadenti e inviti a schiacciare tasti, sicuramente utilissimi a molti utenti, di sicuro non a chi cerca solo il numero magico dei soccorsi. Quarto vabbè: basta chiamare casa e la moglie leggerà la tessera d’emergenza appesa in cucina. Uno, due, cinque tentativi, poi riconsegno il cellulare al custode: a casa mia il telefono fisso suona, la linea si sblocca, ma non c’è comunicazione. Inizia per contro un duello di squilli telefonici fra moglie che chiama da casa e io che la cerco dall’autosilo, ma il risultato è sempre quello: impossibile parlarci, niente lettura della tessera, addio soccorso stradale.

In compenso ho un nuovo problema: oltre alla gomma ora da riparare c’è anche la linea telefonica. Esco dall’autosilo e duecento metri dopo entro in un negozio Swisscom dove conosco un altro cortese anfitrione. Sentito il rapporto su quanto mi capita, lui mi gela subito: «Non posso aiutarvi. Dovete chiamare voi il numero gratuito per l’assistenza guasti». Elementare Swisscom, mi vien da dirgli. Ma mi limito ai saluti. Un po’ sfiduciato (ormai era mezzogiorno) obbedisco agli ordini recuperando in macchina il mio vecchissimo prepagato: spiego di nuovo la situazione a una gentilissima impiegata che, dopo il famoso attimo dei servizi telefonici, conferma che il nostro telefono fisso non funziona, lo stanno però riparando. A questo punto, vabbè (quinto), mi vien da piangere: la gomma è sempre sgonfia e il numero del TCS inaccessibile. Passo alla decisione più drastica: mi faccio soccorrere da mia figlia che poco dopo arriva a portarmi a casa. Trovata la tessera nuova e il numero per chiedere aiuto al TCS, ritorno in città dove verso le 13.30 incontro un gentilissimo meccanico che rimette in marcia la vecchia Volvo, sicuramente smaniosa di ricevere gomme nuove. Cercando di dare un lieto fine al mio disastrato inizio di settimana, vado diritto fino alla sede del mio abituale gommista a Manno. Mentre in preselezione lascio passare le macchine che arrivano in senso contrario da Bioggio, un’occhiata mi basta per capire che le mie peripezie non sono ancora finite. Meglio mettere la freccia per rientrare sulla corsia principale: davanti al gommista c’era un’incredibile colonna di automobilisti che, dopo aver fatto tutto il giro del palazzo, raggiungevano l’entrata dell’officina in attesa di equipaggiarsi con gomme invernali! Tra code e traffico sono di nuovo a casa verso le 15 e mi rendo conto di aver avuto bisogno di oltre 6 ore per percorrere pochi chilometri e sbrigare un banalissimo controllo medico. Naturalmente la colpa di un simile imprevisto e sfortunato inizio di settimana è tutta mia, reo di aver urtato un cordolo uscendo dal posteggio. Chiedo solo l’attenuante di averlo schivato per più di 50 anni.