La cosiddetta «storiografia revisionista» ha da un po’ di tempo in qua cresciuto un’audience di «interessati alla materia» – chiamiamoli cosi – pronti a sottoscrivere quelli che vengono presentati sul mercato della comunicazione come punti di vista diversi e «alternativi» alla storiografia ufficiale. O forse, per meglio dire, di quanto della storiografia ufficiale è passato nella coscienza culturale di massa delle moderne res gestae. Prendiamo ad esempio gli Indiani d’America, gli stessi che già dalla prima apparizione sulla scena della Storia globale hanno avuto la sfortuna di essere chiamati col nome sbagliato perché com’è noto gli Indiani d’America con gli Indiani Indiani non ci azzeccano proprio.
Ma tant’è: complice un certo populismo ormai vincente, da cattivoni selvatici sporchi e puzzolenti che erano nei classici film Western d’antan sono stati sdoganati a vittime innocenti della Storia secondo quella rilettura codificata da film come L’Autunno dei Cheyenne di un John Ford convertito sulla via di Damasco al paternalistissimo – perdonerete la scorciatoia linguistica altropologica – «Balla coi Lupi» da Sette Oscar dove, fra danzate e narrate, le balle sono altropologicamente innumerevoli. Tanto che, a proposito di Sette, lo stesso Settimo Cavalleria che per anni aveva annunciato a suon di cariche di tromba la salvezza last minute dei prodi pionieri o chi per loro dall’accerchiamento dei guerrieri di Manitù è stato fatto vittima sacrificale, eroica anche-se-ma-proprio-perché perdente di un Generale Custer immolato al Piccolo Grande Corno.
Si tratta di una revisione sincera? Si tratta di una rilettura seria, critica e sincera di un’epoca nella marcia trionfale del cosidetto Occidente verso il Sol dell’Avvenir oppure... oppure... oppure un Corno, sostiene il Vostro, a proposito del Little Big Horn. La sostanza del discorso è e rimane che gli Indiani hanno due sole alternative nel campo della guerra guerreggiata: o perdere perché perdono o perdere perché se anche vincono così sia per esaltare l’eroismo per quanto incosciente e dunque tanto piu tale» del folle di turno in vena di bravate. L’importante è – comunque – che i Pellerossa non vincano mai senza se e senza ma. Eppure.
Con la firma del Trattato di Parigi che poneva fine alla guerra per l’indipendenza delle Colonie americane nel 1783, al governo dell’Unione veniva assegnata la giurisdizione delle terre ad est del Mississipi e a sud dei Grandi Laghi. Il governo americano sperava di risollevarsi dalla catastrofica situazione finanziaria del periodo post-rivoluzionario con la vendita di quelle fertili terre ai pionieri. Conti fatti senza l’oste: gli indiani nativi non ne volevamo sapere. I territori a Nordovest del fiume Ohaio dovevano rimanere di sovranità indigena, altrimenti... Altrimenti, come poi fu in effetti, sarebbe stata guerra. Sotto la leadership di Piccola Tartaruga e di Giacca Blu gli indiani riuscirono a bypassare inimicizie storiche per poi formare una coalizione in grado di mobilitare, al massimo della sua forza, almeno un migliaio di guerrieri ben armati e meglio determinati ad impedire l’invasione dei grandi terreni di caccia del bisonte all’Uomo Bianco ed alle sue Giacche Blu.
Le prime scaramucce divennero presto scontri in campo aperto fra truppe raccogliticce di giovani reclute e volontari motivati più dall’odio verso gli indiani che da un’effettiva capacità militare. Sconfitte umilianti acc ompagnate da perdite significative non motivarono il presidente americano George Washington – dopo tutto eroe vincitore contro gli Inglesi che certo non erano militarmente da meno di quattro selvaggi sporchi e puzzolenti – a più miti consigli. E fu così che il Generale Arthur St Clair si trovò a guidare un’improbabile forza mista di un migliaio fra soldati regolari, reclute e volontari con relativo seguito di cuoche mogli, cantiniere e prostitute così come da prassi per gli eserciti di allora.
Sia come fu: all’alba del 4 Novembre 1791 i mille guerrieri di Piccola Tartaruga attaccarono il campo dei soldati americani. Presi di sorpresa molti di questi non riuscirono nemmeno a mettere mano ai fucili e fuggirono gettando l’intero accampamento nel caos. Al termine del fuggi fuggi generale – e del massacro che ne conseguì perché i guerrieri di Piccola Tartaruga mica prendevano prigionieri – più del 97 per cento della forza americana, ovvero un quarto dell’esercito allora in armi della giovane Unione statunitense, era caduto sul campo. Statisticamente parlando, si tratta della peggior sconfitta della maggiore potenza globale di tutti i tempi. Da parte di quattro selvaggi-sporchi-puzzolenti. E cattivi: non risparmiarono nessuno perché per loro guerra era guerra di popolo. Ovvero totale. Compris?