Quando tutto va bene, con quel che segue

/ 30.04.2018
di Angelo Rossi

Rispetto al baricentro della Confederazione, il Cantone Ticino è un cantone periferico. Questo fa sì che le sue prestazioni vengano di solito trattate con indifferenza da parte del resto della Confederazione. Anche quelle dell’economia. Vi sono però delle eccezioni. Così, mai come negli ultimi mesi, le prestazioni dell’economia ticinese hanno suscitato l’interesse dei confederati con articoli sui giornali e settimanali e con interviste nei media radiofonici e televisivi. Questo ritorno di fiamma per il Ticino economico si deve all’eco suscitata dai risultati di due analisi che, talora con argomenti diversi, concordano nel definire lo sviluppo in atto nel Cantone come sorprendente.

Mentre la prima delle due analisi, fatta da Avenir suisse e pubblicata a fine 2017, si limitava ad affermare che al Ticino le cose non andavano poi così male anche se la sua economia ancora non aveva concluso una necessaria fase di ristrutturazione, la seconda, elaborata da BAK Basel Economics e uscita qualche settimana fa, sottolinea addirittura che la prestazione dell’economia ticinese (in termini di crescita del prodotto interno lordo) è stata, nel corso degli ultimi dieci anni, superiore alla media nazionale. Altri risultati sorprendenti, almeno per chi è abituato a sentire solo i gesummaria di certi ambienti politici ticinesi, sono, lo afferma Avenir Suisse, che, nonostante la forte immigrazione di frontalieri, il tasso di attività della popolazione residente è aumentato con lo stesso ritmo di quello nazionale e che, risultato certo ancora più sorprendente, il salario mediano dei ticinesi è aumentato nella stessa misura, o quasi, di quello mediano svizzero.

E che ne è della competitività dell’economia ticinese, il tema che domina sempre i dibattiti di ConfronTi, i periodici incontri promossi dall’Istituto di ricerche economiche dell’USI? Il giudizio di Avenir Suisse è sulle linee di quello del nostro Istituto universitario. Se misurata con la produttività per ora di lavoro o per lavoratore, la produttività dell’economia ticinese è leggermente inferiore alla media nazionale pur essendo però superiore a quella di due Cantoni che confinano con il Ticino, ossia il Vallese e Uri. L’opinione del BAK Basel Economics è invece più positiva. Stando alle stime di questo Istituto la produttività dell’economia ticinese sarebbe infatti uguale a quella media nazionale. Nel confronto internazionale (che è quello che più conta per determinare la competitività di un’economia) il Ticino (con 100’000 dollari per posto di lavoro) si troverebbe tra i paesi dell’U.E. (80’000 dollari) e gli Stati Uniti.(114’000 dollari).

All’economia del nostro Cantone va tutto quindi per il meglio? Dopo aver considerato i risultati pubblicati nelle due analisi sulla recente evoluzione dell’economia ticinese penso che si possa concludere con due osservazioni. La prima è che le tendenze positive messe in evidenza da questi studi sono incontrovertibili. Nel corso degli ultimi anni (diciamo dal 2010 al 2015) l’economia ticinese è cresciuta più rapidamente di quella svizzera. Che questo tasso di crescita superiore alla media continuerà a manifestarsi nel tempo è però tutto da dimostrare. Questa è la debolezza maggiore di studi che approfondiscono solo l’evoluzione più recente. È probabile che con la rivalutazione del franco, dopo il 2015, il tasso di crescita ticinese sia tornato ad essere inferiore a quello medio svizzero. La seconda osservazione riguarda l’evoluzione della produttività. Che l’accelerazione nella crescita del Pil si sia tradotta in un aumento più rapido della produttività è anche un dato di fatto. Pur ammettendo che sulle stime della produttività regionale pesino molti dubbi, non dubitiamo che, nel corso degli ultimi anni (ma probabilmente solo fino al 2015) vi sia stata una ripresa della produttività ticinese rispetto a quella media nazionale.

Tuttavia resta ancora senza risposta la domanda sul perché la produttività dell’economia ticinese sia in ripresa. Al limite, potrebbe darsi – precisiamo che si tratta solamente di un’ipotesi – che la stessa cresca più velocemente che per il passato, e più velocemente che la produttività media nazionale, perché alcuni dei rami di produzione con livelli di produttività molto elevati – si pensi per esempio al settore finanziario – stanno perdendo posti di lavoro in misura significativa.

Come direbbe la seconda legge di Chisolm: quando tutto va bene c’è sempre qualcosa che va male.