Domenica pomeriggio 4 dicembre: un uomo armato entra in una pizzeria a Washington ed esplode alcuni colpi. Era convinto di trovarsi in un covo di pedofili che fanno capo a Hillary Clinton, come insinuato da alcuni tweet durante le presidenziali americane. Fortunatamente, nessuno viene ferito e l’uomo arrestato. Tre giorni dopo Michael J. Flinn viene licenziato dal team di Donald Trump: è stato lui a mettere in circolazione il tweet falso sul giro di pedofili legati alla Clinton. Michael J. Flinn non è un signor nessuno, suo padre, il generale in pensione Michael Flinn, è il futuro consigliere alla sicurezza di Donald Trump. Anche il padre aveva pubblicato un tweet con le stesse insinuazioni, ma a pagare è stato solo il figlio.
Il caso aggiunge un aspetto drammatico ad un problema inquietante che ha caratterizzato questa campagna presidenziale: l’ampia diffusione di informazioni false attraverso Twitter e Facebook. Ciò che porta ad interrogarsi sull’influenza avuta sulle elezioni.
Studi condotti negli Stati Uniti su siti della destra e della sinistra radicale suggeriscono che in questa campagna presidenziale il 40 per cento delle informazioni pubblicate da questi siti erano false.
A queste si aggiungono le notizie false prodotte per puro desiderio di guadagno. Ha fatto scalpore il caso delle fake news prodotte a Veles, nel cuore della Macedonia, dove alcuni giovani sono riusciti a guadagnare migliaia di dollari (una manna, in quella regione) inventando notizie false su Hillary Clinton che hanno avuto una diffusione virale su Facebook, attirando quindi pubblicità sulle pagine in questione.
Ma più preoccupante ancora è il ruolo che i servizi segreti americani hanno attribuito alla Russia. Mosca è accusata di avere violato i server del Partito democratico per impossessarsi di email che potevano danneggiare Hillary Clinton e di averli messi a disposizione di Wikileaks. Inoltre, secondo un’inchiesta del «Washington Post» pubblicata il mese scorso, degli esperti stimano che durante la campagna presidenziale americana 200 siti web hanno fatto propaganda in favore della Russia, raggiungendo, con 200 milioni di click, almeno 15 milioni di cittadini americani. E non tranquillizza il fatto che il già citato generale in pensione Flinn abbia visitato ed elogiato a Mosca il canale televisivo Russia Today, importante organo di diffusione filo-governativo, in gioco anche nelle presidenziali americane.
In questa guerra di propaganda informatica hanno svolto un ruolo anche i cosiddetti Bots, twitter generati dal computer. Neppure più la fatica di scrivere fake news, ci pensa il computer a produrle e a lanciarle come bombe a grappolo. Secondo una ricerca di un’università californiana, citata dalla «Neue Zürcher Zeitung» (24.11.16), il 15 per cento dei partecipanti a Twitter non sono persone reali, e questi robot hanno generato un quinto dei tweet legati alla campagna presidenziale americana. Sempre secondo questo studio, un terzo di questi Bots era favorevole a Trump, un quinto a Hillary.
A tutto questo va aggiunto il fatto che Facebook e altre piattaforme lavorano sempre più con algoritmi che riconoscono le preferenze dei fruitori e gli presentano esclusivamente notizie che confermano le loro opinioni, rinchiudendoli in una «bolla cognitiva» (vedi l’articolo di Enrico Morresi su «Azione» di settimana scorsa). Dobbiamo quindi imparare a difenderci da disinformazione e propaganda in un contesto assolutamente nuovo. Questo mentre i tradizionali canali di informazione soffrono di una grave crisi di credibilità e vengono soppiantati dai social network.