Postate, qualcosa resterà

/ 20.03.2017
di Paolo Di Stefano

Diciamo la verità, nell’epoca della post verità la verità è diventata un’opinione. Cioè spesso una bugia. Per esempio: «Il cane è un felino» è una falsità, ovvero una post verità. Idem «il felino è un cane», «l’insetto è un cane». Tutte post verità. A ripensarci alla luce di Donald Trump (1), Berlusconi (1+) potrebbe essere recuperato come un venerabile pioniere della post verità: «Non ho mai pagato la quota d’iscrizione alla P2», «Giuro sulla testa dei miei tre figli che non so niente sulle tangenti alla Guardia di Finanza», «Il mio governo ha diminuito le tasse», «Le leggi che propongo non hanno niente a che fare con i miei interessi privati», «Il mio governo ha creato un milione di posti di lavoro» e via mentendo. Vi ricordate? Nuda post verità o post menzogna, che è un po’ la stessa cosa, come se un sessantenne dicesse di avere quarant’anni, così, tanto per sparare una baggianata. In questo contesto, Pinocchio oggi sarebbe un post maestro di post verità che gli fanno allungare il post naso e guadagnare la post punizione della post fata.

Ora si spiega meglio anche il neologismo «postare», che è segnalato dall’Accademia della Crusca come una di quelle nuove formazioni verbali provenienti dal mondo digitale. Vedi anche alle voci: «bloggare» (da «blog»), «googlare» (da «Google»), «chattare» (da «chat»)… Ma è «postare» la voce più interessante se analizzata in funzione della «post truth», ovvero della «post verità»: «postare» significa alla lettera inviare un messaggio (un «post»), un’immagine, un video via internet; ma può nascondere un doppio senso, cioè inviare una post verità. «Postate postate, qualcosa resterà» potrebbe essere il nuovo slogan social: specie se postare equivale a calunniare, lo sport preferito dal nuovo presidente degli Stati Uniti. «Calunniate calunniate, qualcosa resterà». Del resto, è stato il suo ghost writer Tony Schwartz ad ammettere che Trump «ha mentito in modo strategico» (cioè a scopi di auto propaganda), come se si potesse mentire in modo non strategico. Per esempio, in campagna elettorale ha dichiarato che «le tasse degli Stati Uniti sono le più alte del mondo» per gettare fango su Obama, ma semplicemente si trattava di una post verità, cioè di una menzogna strategica: secondo l’Ocse, il gettito fiscale degli Usa equivale al 26 per cento, uno dei più bassi dei paesi sviluppati. Se Trump fosse un alcolizzato, si potrebbe dire: «In vino post veritas», invece pare che il simpatico Donald spari baggianate (in inglese «fake news») in stato di perfetta sobrietà.

La verità è che la post verità non è solo una solenne bugia («il cane è un felino»), ma si tratta, come avverte Luca Sofri sul giornale online «Il Post» (5+), di «una condizione culturale nuova per cui la distinzione tra bugia e verità non è più rilevante, non è più un valore, non pone la verità in una condizione di forza rispetto alla bugia». Non preoccuparsi di distinguere tra vero e falso va di pari passo con l’indistinzione del valore e della competenza, un’altra conquista aberrante della cultura social. Trionfa il culto dell’incompetenza: più sei incompetente, più spari bufale a buon mercato, più posti (verbo), più diventi virale, più hai possibilità di essere eletto o nominato da qualche parte, premier o amministratore di condominio. È il declino della filologia, la disciplina (anche morale) su cui si è formata una buona parte (la migliore) della cultura storico-letteraria italiana e forse europea. Lo ha scritto un filologo dell’Università di Siena, Claudio Lagomarsini: nessuno si preoccupa più di verificare la provenienza di un testo, né di accertare la sua autenticità. E quando si parla di testo non si intende solo un’opera letteraria medievale come quelle studiate da Lagomarsini, ma anche una notizia giornalistica o, appunto, un semplice post. La scuola avrebbe proprio questo compito fondamentale: insegnare il dubbio, la critica, la verifica. Il materiale su cui esercitarsi non mancherebbe.

Per una didattica ludica, cliccare sul sito Lercio.it (5½), sottotitolo: «lo sporco che fa notizia», divertente parodia del giornalismo contemporaneo. Ultim’ora: «Trump cambia le regole del Risiko, il famoso gioco da tavolo: vietato passare dall’America centrale agli Stati Uniti»; «Medjugorie: troppe apparizioni, la Madonna dice: basta, mi ritiro in Svizzera come Mina!»; «Esibizionista corre in tuta da sci su una spiaggia per nudisti»; «Trump annuncia l’uso di droni a forma di Pokémon per non turbare i bambini siriani durante i raid». Esercizio per gli studenti: postare queste «fake news» per verificare come essere eletti a un governo qualunque diffondendo ridicole post verità.