Di fronte a tragedie assurde come quella provocata dal crollo del ponte Morandi a Genova sorge impellente un bisogno di risposte «rassicuranti», dalla spiccia ricerca dei colpevoli a improvvisate misure che dovrebbero evitare disgrazie simili in futuro. Spesso però non sono le risposte giuste, non reggono di fronte alla realtà. E la realtà bisogna prima di tutto capirla: abbiamo sentito e letto di tutto su quel ponte che quando fu inaugurato rappresentava il fiore all’occhiello dell’ingegneria stradale italiana (anche se ben presto fu oggetto di critiche severe), chi in passato aveva paventato un crollo viene eletto a profeta, chi giura che il ponte fosse ben monitorato e i lavori di manutenzione effettuati regolarmente viene messo a tacere. In realtà non sappiamo ancora per quali ragioni sia crollato. E quest’assenza di risposte immediate alimenta la paura: chi oggi attraversa un ponte senza aver davanti agli occhi quel disastro?
Se davvero si vorranno evitare altre tragedie – e l’Italia di ponti crollati e di vittime ne ha contati parecchi in questi ultimi dieci anni –, occorrerà quindi capire a fondo quali fattori hanno concorso (ce ne sarà probabilmente più di uno) al cedimento del Ponte Morandi, ma anche e soprattutto occorrerà un monitoraggio sistematico, ordinario e straordinario, di tutte le strutture stradali e autostradali. Prime voci fanno stato di 300 manufatti a rischio crollo, quali siano non si sa, ci vorrà quindi una mappatura seria e interventi importanti. Dal canto suo, alla luce di questa tragedia, la politica e la società devono rendersi conto che le infrastrutture non sono date per sempre, che costa adeguarle alla realtà odierna: oggi c’è un carico di traffico cresciuto esponenzialmente rispetto ai tempi in cui autostrade, ponti e gallerie vennero costruiti. Non possiamo continuare ad illuderci che la nostra sete di mobilità, con la filosofia del trasporto su gomma a oltranza di merci e persone, possa essere soddisfatta senza ripensare le strutture su cui poggia.
La mappatura e i controlli, così come i lavori più urgenti saranno la prima cosa da fare, il governo italiano dovrà ingegnarsi a trovare i fondi. In questo senso Roma ha obblighi anche internazionali, perché le autostrade italiane fanno parte dell’asse di trasporti europeo, vi transitano italiani e stranieri, noi compresi: se è vero, come ricordava il direttore del «Corriere del Ticino» Fabio Pontiggia, che questa tragedia ci tocca da vicino perché tutti una volta nella vita siamo transitati sul ponte Morandi, è altrettanto vero che altri ponti anche più vicini a noi sono da anni al centro di critiche (fondate o meno lo devono stabilire gli esperti), come quello di Monte Olimpino, giusto fuori Chiasso.
In un secondo momento ci vorrà una riflessione più ampia sul sistema di trasporti adeguato ad economie e società con un alto tasso di produzione e di consumo. Per la coalizione di governo attuale, in Italia, non sarà un argomento facile da affrontare, poiché i 5stelle si sono distinti fin qui per un’opposizione totale alle grandi infrastrutture, dalla TAV, la linea ferroviaria che dovrebbe collegare il Piemonte alla Francia, alla «Gronda di Ponente», ossia quella circonvallazione di Genova che avrebbe alleggerito il carico sul ponte Morandi, sulla cui opposizione il movimento ha costruito la sua crescita politica in Liguria. Ma soprattutto sarebbe utile che l’Italia creasse le condizioni per un efficiente trasporto delle merci su rotaia. Solo che le infrastrutture costano, e anche i cittadini dovranno capire che lo Stato deve poter disporre di maggiori risorse, risparmiando altrove, evitando sprechi e ruberie, certo, ma forse anche riscuotendo le imposte.