Poeti brave persone

/ 10.12.2018
di Bruno Gambarotta

Una premessa: i poeti, almeno quelli che ho avuto la fortuna di conoscere e di frequentare, sono tutte brave persone, cittadini esemplari da ogni punto di vista. Ma in Italia quanti sono? Impossibile censirli: molti di loro, per nostra fortuna, nascondono in un cassetto della scrivania i loro versi, ma, a giudicare dagli infiniti certami che si svolgono ogni anno nel nostro paese, devono essere milioni. In base alla mia esperienza azzarderei la cifra di otto milioni. Non c’è Comune, circolo, associazione, quartiere, strada, condominio, ente benefico, fondazione, società sportiva, bocciofila, che rinunci a organizzare il suo concorso poetico. Più piccolo è l’ente promotore del concorso, più è vasto e multiforme il regolamento per la partecipazione. È sfaccettato per consentire a ogni categoria di partecipare. La divisione passa per fasce di età, corrispondenti ai cicli scolastici: asili nido, scuole materne, elementari, medie inferiori, medie superiori, università, dottorato. Nei concorsi legati alle professioni primeggiano i medici (Umberto Veronesi era fiero di proclamarsi poeta), seguono gli avvocati, i commercialisti, i giudici, i cancellieri di tribunale, gli insegnanti di ogni ordine e grado, i presidi delle scuole, i custodi dei musei, gli stilisti, i pubblicitari, i bancari, gli addetti alle onoranze funebri, i giornalisti. (Per caso esiste un concorso per i soci della Migros? E se non c’è, cosa aspettiamo a promuoverlo?)

Esistono concorsi per dipendenti delle poste, delle ferrovie, per poliziotti, carabinieri, guardie di finanza, guardie forestali, pompieri, ufficiali giudiziari, guardie carcerarie, necrofori. Ho chiesto in giro ma nessuno ha saputo dirmi se ne esiste uno per agenti segreti. Sono stato nella giuria di un concorso riservato ai detenuti e lì è nato un singolare quesito: una buona metà dei vincitori, nel frattempo, grazie a una delle tante amnistie, era uscita di prigione, perdendo la qualifica necessaria per partecipare al concorso. Che fare? Dopo una lunga discussione si è deciso di premiare solo quelli ancora in galera, anche in considerazione del fatto che quelli usciti si erano affrettati a far perdere le loro tracce e pertanto sarebbe stato impossibile consegnare loro il premio. Tutto ciò sul versante dei produttori. Su quello del prodotto abbiamo infinite specializzazioni: concorsi per poesie scritte per fare cantare i bambini, le mogli, i nonni, le mamme, le domestiche, le zie, le maestre, gli animali domestici come cani, gatti, tartarughe, criceti, topolini, conigli, pettirossi, canarini. Sui pesci i concorsi sono più rari, prevalgono i pesci rossi e le trote. Fioriscono i premi per poesie ispirate da cose materiali, sovente finanziati da un marchio che quegli oggetti li produce: caffè, cioccolata, parmigiano reggiano, prosciutto cotto, mortadella. Non mi sorprenderebbe un concorso per poesie ispirate dalla brugola, sponsorizzato dall’Ikea. Provo una complice curiosità verso i rappresentanti di questo mondo di devoti al verso; provo tenerezza verso queste persone miti, legate a un’idea retrò, devote al culto dell’opera stampata su carta, in un contesto dove chiunque può creare un suo profilo sui social e riversarci tutti i componimenti poetici che vuole.

Non c’è ragione che tenga, solo la carta certifica che si è entrati nel magico mondo della poesia. In compenso i libri di poesia vendono poche copie perché i milioni di poeti si guardano bene dal comprarli e dal leggerli. Se gli chiedi perché, la risposta è: non voglio farmi influenzare. Accetto con piacere l’invito a far parte della giuria di un premio, anche se non ho mai scritto un solo verso in tutta la mia vita, in altre parole non sono mai andato a capo prima di completare una riga. Di recente ho fatto una scatto di carriera, assumendo la carica di Presidente di un premio di poesia organizzato da una cittadina alle porte di Torino. Ho preso il posto di un grande letterato, scomparso di recente, Giorgio Bàrberi Squarotti. Mi era stato garantito che avrei avuto come compito solo quello di firmare i diplomi. Erano una montagna, non solo i vincitori, primo, secondo e terzo per ogni categoria ma anche le menzioni speciali, i segnalati per qualche motivo dalla giuria, gli incoraggiamenti, ecc.

In pratica nessuno dei concorrenti è andato via senza il suo diploma. I poeti sono capaci di percorrere, a spese loro, migliaia di chilometri per venire a ritirare un diploma con una semplice menzione. Dobbiamo proteggerli, spiegare loro che devono diffidare di un concorso che chiede il versamento di una tassa di partecipazione. Ci sono concorsi organizzati al fine di raccogliere tutti gli elaborati pervenuti in un’antologia. Arriva l’avviso: l’opera sarà venduta al prezzo, diciamo, di 50 euro, ma chi la prenota avrà uno sconto, la pagherà 30. Possiamo essere certi che ogni poeta ne prenoterà almeno una copia e qualcuno molte di più da regalare a parenti e amici. Scommettiamo che l’editore stamperà solo il numero di copie prenotate?