Tra i tanti anniversari che si celebreranno quest’anno, in Ticino, è possibile che uno passi inosservato: quello dei cinquant’anni dall’approvazione da parte del nostro Gran Consiglio del primo progetto di legge urbanistica cantonale. Come si sa questo progetto, per molti aspetti molto in avanti rispetto alla legislazione in materia allora esistente nei Cantoni svizzeri, fu respinto dall’elettorato nella votazione sul referendum, svoltasi nell’aprile del 1969. E questa potrebbe essere la ragione per la quale non si celebreranno i 50 anni dalla sua approvazione in parlamento: le leggi non approvate dal popolo passano nel dimenticatoio. Non così i problemi che le stesse si proponevano di risolvere come, nella fattispecie, i problemi legati allo sviluppo edilizio molto rapido negli agglomerati urbani del Ticino.
Dopo che il primo progetto di legge urbanistica cantonale venne respinto si dovettero attendere altri venti anni prima che una legge cantonale sulla pianificazione del territorio vedesse la luce. Quest’ultima venne concepita come strumento per facilitare l’applicazione della legge federale del 1979, introdotta nel frattempo, dopo che l’elettorato svizzero e quello del Ticino ebbero accettato di attribuire alla Confederazione, nell’autunno del 1969, le necessarie competenze in materia. Se parliamo oggi di pianificazione del territorio (termine utilizzato solamente dalle nostre parti) o di urbanistica (termine più consono alla lingua italiana) non è però per celebrare l’anniversario del primo progetto di legge urbanistica cantonale, quanto per accennare all’evoluzione più recente in questo campo. Nel marzo del 2013, come qualche lettore ricorderà, l’elettorato svizzero aveva accettato la revisione della legge federale che gli era stata sottoposta come controprogetto all’iniziativa popolare sul paesaggio, la quale, invece, venne respinta. Una delle maggiori novità della revisione consisteva nella volontà di ridurre l’estensione delle zone edificabili per contenere la frammentazione del territorio.
Con questo termine, in tedesco Zersiedlung, i pianificatori intendono designare sia il continuo aumento della superficie edificabile, in particolare alla periferia degli agglomerati urbani, sia anche la costruzione di edifici isolati, fuori dalle zone edificabili stabilite. Impedire un’ulteriore frammentazione del territorio è uno dei principali obiettivi della pianificazione del territorio. Ed è anche l’obiettivo che, nel corso degli ultimi cinquant’anni, non si è riusciti a soddisfare. Ora, però, vuoi per effetto del nuovo indirizzo in materia di politica di pianificazione, vuoi anche per effetto di un mutato apprezzamento da parte di tutti i professionisti dell’edilizia di quanto importante sia questo obiettivo (mai come in questi ultimi dieci anni si è densificato, costruendo per esempio grattacieli nelle città svizzere e anche nelle corone dei loro agglomerati), sembra che si sia riusciti a frenare un’ulteriore frammentazione. E questo anche se il nuovo indirizzo pianificatorio, che insiste sulla riduzione delle zone edificabili, non ha ancora trovato dappertutto applicazione.
La nuova legge federale è entrata in vigore nel maggio del 2014. Entro il 2019 toccherà ai Cantoni rivedere i loro piani direttori per dare attuazione al principio del contenimento delle aree edificabili. Finora il Consiglio federale ha approvato i piani direttori rivisti di undici Cantoni. Gli altri, tra i quali il Ticino, stanno lavorando per terminare la revisione entro il 2019. Intanto l’Ufficio federale di statistica ci fa sapere che, nel quinquennio 2012-2017, pensiamo per la prima volta da quando esiste la pianificazione, la superficie delle zone edificabili in Svizzera non è cresciuta anche se la popolazione è significativamente aumentata. La superficie edificabile per persona è addirittura diminuita da 309 a 291 metri quadrati.
È un’inversione di tendenza che deve essere salutata positivamente. Non è però di portata tale da contentare chi si batte per difendere il paesaggio. I giovani del partito dei verdi hanno così raccolto le firme per un’iniziativa che intende impedire che, anche in futuro, le zone edificabili possano crescere. Essi vorrebbero introdurre nella Costituzione – in analogia con la legge forestale – il principio stando al quale nuove zone edificabili possano essere create solo se, parallelamente, si eliminano zone edificabili non utilizzate per una superficie equivalente. Il Consiglio federale e, nella recente sessione primaverile, anche il Consiglio degli Stati propongono di respingere questa iniziativa. A sostenerla, per il momento, ci sono solo i giovani verdi, il loro partito e i giovani socialisti. La decisione finale spetterà però all’elettorato.