«Debbe uno quando assalta una città fare tutte le sue ostentazioni terribili». Niccolò Machiavelli non ha dubbi, quando si aggredisce si deve ruggire, secondo la famosa legge «della golpe e del leone», della volpe e del leone, che porta a essere astuti ma a non tralasciare le esibizioni di forza bruta. Nel Cinquecento questo voleva dire ostentazione: esibizione, mostra. Oggi il termine ha assunto una colorazione leggermente diversa, chi ostenta lo fa per «sussiego e vanità», dicono i migliori vocabolari, arrivando anche a fingere, a ostentare nel senso di «fare come se» si fosse ricchi, o religiosi, o ben educati. Dal latino ostendere, un semplice «mostrare», al nostro indurre la credenza di un certo status, corrispondente a realtà o meno, il passo è meno breve di quel che sembra, e molto ci fa riflettere sulla crescente importanza dell’apparire rispetto all’essere, dell’immagine rispetto alla sostanza. Parole astratte e fumose, anche un po’ retoriche? Comunque sia, di grande attualità.
Si è dibattuto, nei passati giorni di feste e vacanze, se sia o meno corretto mostrarsi con la famigliola a bordo di un jet privato, in procinto di raggiungere favolosi luoghi di villeggiatura. Nessuna legge lo vieta, sui social media sono proibiti solo comportamenti offensivi e discriminatori. Così Instagram ha accolto le foto di Briatore con figlioletto, della moglie di Bonolis con bambini e risata del marito in sottofondo, di Melissa Satta col piccino. Tutti salutano, evviva andiamo in vacanza, nei caldi mari del Sud, dove sappiamo essere presente uno stuolo di altre star. Non riprese da fotoreporter ingombranti (ricordate gli appostamenti per la povera lady Diana?), niente paparazzi, ma le foto mostrate senza censure dai soggetti stessi o dai loro partner. Buona o cattiva che sia l’immagine, è sempre pubblicità. Una volta si diceva, in senso negativo, «parlate parlate, qualcosa resterà». Oggi diciamo lo stesso, aggiungendo un sottinteso «purché se ne parli». Inoltre, l’ostentazione di ricchezza è pur sempre un segnale di successo, quindi illumina di luce ricca di riflessi positivi coloro che ostentano. Come una volta era la pancia per gli uomini delle campagne. Così tante erano le guerre, le carestie, le epidemie, così diffusa era la povertà, da ritenere strano che un bambino crescesse vivo, sano e robusto, se capitava era l’eccezione alla triste regola della morte e della malattia. Per diventare un bambino e poi un uomo adulto in carne, il benessere doveva essere presente in famiglia da almeno qualche generazione. Per arrivare poi a essere panciuti, da diverse generazioni.
Ora è il contrario: è più facile che sia grasso, nella nostra opulenta società, chi per poca ricchezza mangia molti economici carboidrati, rispetto a chi invece si può permettere carni, pesce, o addirittura regimi vegetariani/vegani, che richiedono attenzione e specifici acquisti in luoghi certificati (tra parentesi: ma perché le farine a base di insetti si vendono nei reparti per vegani e vegetariani? Non sono animali anche loro? Di questo parere era la gentil farfalletta della vispa Teresa: «anch’io son figlia di Dio»). Quindi, da ostentare saranno, oltre all’aereo privato, la linea perfetta nonostante la recente gravidanza – inviata da qualche luogo sublime del pianeta, dove non piove e non tira vento come dalle nostre parti; abiti e gioielli indossati a una festa, meglio se preceduta da red carpet (sul quale sfilano anche signore e signorine che non sono del mestiere, né attrici né stiliste né mogli o fidanzate di, chissà perché), insomma, il lusso. Qualcuno si lamenta, con cattivo gusto. Il mondo non ha da mangiare e tu consumi molti denari per un viaggio o un vestito.
I censori tuonano, gli indignati si indignano. Allora viene in mente quella favola delle api di Bernard de Mandeville, che nel 1705 scrisse L’alveare scontento, ovvero i furfanti divenuti onesti, ripubblicata poi come La favola delle api, vizi privati pubbliche virtù. Il pensatore, divenuto poi un punto di riferimento per il liberismo di Adam Smith e altri, sosteneva che il lusso, il vizio, infine le calamità (in quanto portano sempre lavori da svolgere) sono all’origine del benessere e della ricchezza delle popolazioni. Un libertino, che non si preoccupa di trattenere le sue passioni e lascia prosperare il vizio senza porsi altre domande, che vive nel lusso, avrà una prodigalità che «darà lavoro ai sarti, ai servitori, ai profumieri, ai cuochi e alle donne di vita: tutti questi a loro volta si serviranno dei fornai, dei falegnami» e così via, arrecando benefici a tutta la società. È vero, un terremoto comporta anche una ricostruzione. È vero, un pranzo raffinato dà più lavoro di un toast. Però un pranzo molto raffinato può comportare sprechi, spese inutili, ferite ecologiche. Non sempre è tutto indispensabile al buon funzionamento di una società. Meno jet privati – che inquinano senza motivo – e migliori servizi low cost? Ma se uno vuole e può permetterselo... ecco, almeno non ostenti.