Dovendo parlare di un sogno, preferisco ricostruirlo subito. Tutto inizia dalla domanda di un amico che tocca il tema delle registrazioni telefoniche e dell’uso che ne possono fare i media o chi gestisce un potere:
– Ta pénsat che quii dala Cia i scúltan e i registran anche i ball che cüntum sü mi e ti al telefun?
– E sì, l’è mej fà atenziún...
– Ma tra da nüm parlum dumà dialètt, quii là i capissan nagott...
– T’al dísat ti! Propi iér un articul sü Repüblica al diseva che l’archeologo scvizar Burkhardt, quant’al parlava cunt i arabi, al prövava a fass capì doprando ul schwizertüütsch...
– Sì, ma gh’è na bèla diferenza fra ul dialètt da Gurtnellen e quii che gh’em da Airöö in giò...
– A saress mia inscí tranquill. Pröva a imaginà che ul mè gatt al sa ciama Tor, dal nom dal diu Thor dala mitologia tudesca. E al telefun mi ta disi: «G’ho dai una scatuleta da ton al Thor». Quii che sculta i telefunaat, cusè che i capissan? Che mi g’ho una scatula da detonatór!!!! Cinq minütt e pö in via al Ponte a Massagn e alla Mugerenstrasse a Cham a vola i droni...
– Ma va là... L’è un caas che t’è inventaa ti...
– Vörat un altru esempiu? Se ta disi: «Duman a ta porti ul can dal Otto», l’è natüral che a 7000 km da distanza ul cervelún eletronic dal Maryland al pizza la spia rossa: l’ha sentü e capii che mi ta porti un candelotto!!!
– Al gh’eva propi resún quel che diseva: «Occhio alle orecchie».
Ecco ricostruito (e abbellito, per mitigare un po’ la fatica) il mio strano sogno. Potrà forse risultare anche poco verosimile, ma il colloquio era più o meno quello. L’ho scambiato con l’amico che ogni giorno mi telefona da Cham, dorata cittadina zughese, per una sana e critica rilettura, rigorosamente in dialetto, dei fatti del giorno, anzi: della stampa cantonale. Più che altro io faccio da spalla, contento di godere la sua arguzia e il suo amore per il Ticino. Difficile, a questo punto, stabilire il perché le intercettazioni siano approdate nel sogno. Ho due deboli indizi. Il primo fa riferimento a un libro, scritto vent’anni fa da due colonnelli analisti dell’esercito cinese. È uno di quei libri strani che compero senza sapere bene se li leggerò e se mi serviranno. Quanto al piacermi, l’ho appena iniziato per poterlo dire. Per ora mi accontento di sapere che è in mio possesso, visto che Amazon avvertiva che era l’unica copia (e forse è stato quello a convincermi) presente nel suo sterminato magazzino che comprende anche e-book e copie di seconda mano. L’ho cercato quando ho saputo che viene usato, dopo l’attacco alle torri gemelle dell’11 settembre 2001, per istruire gli apparati d’intelligence Usa e oggi viene studiato da coloro che vogliono scoprire il ruolo che la Cina mira a ricoprire nel mondo. Il generale Fabio Mini, noto ai telespettatori ticinesi per le sue presenze alla Rsi come esperto di strategia militare, nel primo capitolo lo definisce uno dei testi fondamentali per capire quanto indica il sottotitolo: l’arte della guerra asimmetrica fra terrorismo e globalizzazione (il titolo invece è Guerra senza limiti di Qiao Liang e Wang Xiangsui). Forse è stato quel parallelo fra violenza rivoluzionaria e globalizzazione, in un momento in cui terrorismi e attentati continuano a tormentare la pavida Europa, a mettere in circolo nella mia mente quel trattato militare cinese anche durante il sonno.
Il secondo indizio, potenzialmente mischiato al primo, è una lettera inviata a «Repubblica» il giorno prima da un magistrato che, citando i conflitti fra quattro ordini di interessi (diritto della giustizia di svolgere le indagini su reati e indiziati; diritto della difesa alla conoscenza degli atti; diritto all’informazione e alla libertà d’espressione; diritto alla privacy), trattava il tema delle intercettazioni e dell’uso politico e mediatico che se ne fa in Italia, spesso in violazione del segreto istruttorio. Quella lettera deve aver riacceso nella mia mente l’incendio della sterminata letteratura sul «tracking telefonico», cioè le intercettazioni riguardanti smartphone e social media, spintesi anche alle applicazioni (Skype, WhatsApp e altri) dei tablet e dei pc. Certo è sorprendente che un pensionato arrivi ad avvertire anche durante il sonno preoccupazioni per queste problematiche che spaziano dalla sicurezza nazionale sino allo «sputtanamento», ovvero al pettegolezzo intriso nel fango. Comunque non credo che esistano gli estremi che spingano ad analizzare, interpretare e magari... elaborare un simile sogno. Meglio seguire il monito di un certo Sigmund Freud, un esperto, che diceva: «I sogni apparentemente innocenti si rivelano maliziosi, quando ci si sforza di interpretarli». In altre parole, conviene riderci sopra.