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Nonne diverse

/ 05.12.2016
di Silvia Vegetti Finzi

Gentile signora Finzi,
non è da me esprimere le emozioni, soprattutto se negative, ma mi sono accorta che da sola faccio molta fatica a cercare il rimedio a una situazione e allora mi rivolgo a Lei per una valutazione o consiglio.
Sono una nonna di due nipotine di 3 e 1 anno. Con l’altra nonna abbiamo il compito di custodire le piccole una ciascuna 2 giorni la settimana. Purtroppo ho sentito personalmente che la signora usa con la più grande termini che non condivido assolutamente e sono:
– Fai la brava! fai la brava!... arriva il lupooo!!!
– Quando ha fatto un capriccio l’ha chiusa in camera (e qui per fortuna i genitori sono intervenuti).
– Un giorno mentre prendevo la piccola le dice: «Fai la brava nehh con la nonna». 
Ma i bambini sono già bravi! Mi ha messo addosso ansia e tristezza.
Ora le chiedo se può davvero far male parlare a questo modo alla nipotina? Può a lungo andare nascere un complesso di non essere abbastanza brava? (purtroppo è successo a me). Ma, ritengo che l’educazione principale è dei genitori. Noi nonne abbiamo il compito di proteggerle.
Vorrei parlare con questa nonna. È giusto o sbagliato? Forse Lei ha qualche consiglio o incoraggiamento?Attendo con impazienza una sua reazione. Cordiali saluti. / DanielleMarie

Gentile DanielleMarie,
non è mai stato facile fare la nonna (se la cavano meglio i nonni!) perché si tratta di farsi carico di bambini che non sono i nostri figli, ma figli dei loro genitori. Tanto meno quando, come nel vostro caso, si alternano due nonne e quindi due storie e due stili educativi diversi.
Nella sua lettera lei non dice se è la nonna materna o paterna perché le due posizioni non sono equivalenti. Spesso, anche se non sempre, la mamma della mamma conta di più perché il rapporto con la figlia è più stretto di quello con la nuora. Ma, a dir la verità, non mi sembra che ci siano problemi particolarmente gravi. Tenga conto che qualche difficoltà non fa male ai bambini perché piccole incomprensioni, incongruenze e contraddizioni li inducono a riflettere su sé stessi, sugli altri e sulle relazioni reciproche. Se tutto procede liscio, senza il minimo inciampo, non sono sollecitati a mettere in atto comportamenti adattivi e, alla minima difficoltà, rischiano di sentirsi bloccati dall’insicurezza e dall’ansia. 

Inoltre le emozioni sono provocate, non tanto dal contenuto delle parole, quanto dallo stato d’animo che trasmettono. Se l’altra nonna aggredisce le nipotine minacciando (anche col tono della voce, l’espressione del viso, l’irruenza dei gesti) l’arrivo del lupo è una cosa, se pronuncia questa formula, vecchia come il mondo, per ammonirle vagamente, è un’altra. I bambini la sanno lunga e credo che nessuno sia mai stato traumatizzato dall’evocazione del lupo. Giorni fa un bambino di due anni cercava di spaventarmi con un mostro di plastica e io devo aver mimato talmente la paura che lui si è sentito in dovere di rassicurarmi: «ma non vedi che è finto?».

Il comportamento più preoccupante è invece quello di chiudere la nipotina di tre anni in una stanza perché ha fatto i capricci. Meglio abbracciarla per contenere la sua collera e cercare, parlandole con calma, di trovare una mediazione. 

Sono sempre del parere che, tra i «sì» e i «no» secchi e definitivi, sia sempre meglio rispondere: «sì ma». Una formula interlocutoria che riconosce legittimo il desiderio del bambino, in quanto contiene una esigenza evolutiva di autonomia, e al tempo stesso lo modera, aiutandolo a riconoscere la necessità del limite. Ma quel provvedimento, a quanto scrive, è già stato sanzionato dalla mamma. In conclusione, cara amica, il mio suggerimento è di stare tranquilla perché le sue nipotine non rischiano di essere traumatizzate. 

Ciò che può fare è invece riprendere, giocando, i messaggi minacciosi trasmessi dalla sua consuocera. Ad esempio: leggere la favola di Cappuccetto Rosso, ove il Lupo se la cava piuttosto male, disegnare e colorare la paura, giocare a chiudere in una stanza un giocattolo e poi ritrovarlo, mettere in scena uno spettacolino con i burattini e così via. Anche in situazioni molto più gravi, la fantasia salva la vita. È quello che cerco di mostrare in un libro (Una bambina senza stella) che vuole rassicurare nonni e genitori sulle risorse dei bambini, sulla loro capacità di aiutarsi, consolarsi e diventare grandi utilizzando le loro potenzialità. Sono ancora privi di esperienza, è vero, ma la vita s’impara solo vivendo.