Non lasciate che altri pensino per voi

/ 30.04.2018
di Maria Bettetini

«Scopenauer non a definito la legge come…». «Di questo tema si parla fin dall’antichità, per esempio nei processi americani». Non so se ho il coraggio di citare altre perle, ma il risultato di un compito scritto (a mano, non al computer) mi ha così duramente provata da pensare che i due esempi siano sufficienti. Passi per la studentessa turca che mi scrive utilizzando il traduttore di Google, che però deve essere un traduttore turco («Scusi per occuparsi da qua, domani non potrò essere frequentata del lezione perché devo andare al incontro di Erasmus. Aspetto per il suo risposto»). Passi per quello portoghese che chiede di far l’esame in qualunque altra lingua (compreso l’uzbeko?) ma non in italiano. Però i due esempi sopra sono prodotti da due madrelingua, e non fatemi dire nulla su questa povera madre di due disgraziati. Due? Diciamo cinquanta, tanti i compiti in cui ho trovato almeno un paio di svarioni come quelli.

Puoi non sapere che Schopenhauer ha due acca malandrine. Ma questo non giustifica togliere subito dopo la medesima acca, per par condicio, anche al verbo avere usato come ausiliare, in terza persona. Puoi avere le idee confuse sulla data precisa di inizio e fine dell’era antica, in fondo si tratta di convenzioni. Ma non puoi seriamente pensare che i primi processi degli Stati Uniti d’America si siano svolti nell’antichità, magari con la supervisione di quel leguleio di Marco Tullio Cicerone. Ora, le enormità qui sono di due generi, grammaticale e storico, dove per storia si intende quel minimo buon senso che aiuta a destreggiarsi tra i secoli chiunque abbia frequentato le scuole elementari e ogni tanto dia un’occhiata a un giornale, ma anche solo alla televisione, Grande Fratello escluso. Sconvolta, portando sottobraccio quei fogli imbrattati, torno in aula e chiedo come, come sia possibile aver commesso errori così gravi di grammatica, compresi un altra, qualcun’altro, o visto, sto lottando col correttore per mantenere lo sbaglio. E col correttore, infatti, mi hanno risposto i ragazzi: non scriviamo mai a mano, quindi non ci preoccupiamo degli errori, è il computer che aggiusta tutto. Veloce susseguirsi di pensieri: vi ammazzo tutti, finirete male, ma no forse il futuro è questo. In fondo, per noi a scuola era un problema sapere cancellare, non fare macchie, seguire le righe del quaderno. Oggi, sono problemi che non esistono più, le giovani menti, grazie al progresso, non devono più preoccuparsi di gomme, penne, carta (che si bucava, anche, se cancellavi con troppa foga). Possono quindi dedicarsi ad attività più elevate, evviva le sorti magnifiche e progressive e così via.

Poi, un lampo: ma il computer non sa che cosa state scrivendo, o bestie. Potrà aggiungervi un apostrofo, correggere un sostantivo, ma come potrà sapere se volete scrivere Parenzo o sapienza, sophia o soffione? Parenzo è una cittadina croata dell’Istria, Poreč, nota per una canzone popolare dedicata alla «mula de Parenzo», ossia la ragazza di Parenzo (ga messo su bottega / de tutto la vendeva / fora ch’el bacalà / perché non m’ami più), che non si dava all’amante, ma aveva le sue ragioni, se lui prosegue la canzone dicendo della «morosa vecia» che manda a pascolare. Poi dopo un sogno gastronomico – se il mare fosse tocio e i monti de polenta ohi mamma che tociade polenta e bacalà – la richiesta alla Marieta, su non far la difficile. Sapienza invece è un’alta virtù, il vertice della fatica del saggio, che non solo vive bene, ma sa anche perché. Temi differenti, simili per differenza a sophia e soffione. Sophia, traslitterazione dal greco per sapienza. Soffione, pianta delle Composite, così chiamata perché gli acheni provvisti di pappo si disperdono nell’aria con un piccolo soffio. Il soffione è noto più comunemente come dente di leone, o come tarassaco, una delle erbe più di moda per placare i nervi, o come dente di cane, cicoria selvatica, cicoria asinina, grugno di porco (ma perché?), ingrassaporci, brusaoci, insalata di porci, pisciacane, lappa, missinina, piscialletto, girasole dei prati, erba del porco. Il sinonimo più elegante di soffione è «girasole dei prati», molto romantico ma certo lontano da ogni riferimento alla sapienza, alla sophia.

Ma che ne sa il computer? Una volta che le doppie siano doppie, gli apostrofi siano al loro posto, perché dovrebbe anche sapere se scrivere soffione o sophia? Lui non lo sa, il computer, ma sa dove mettere gli apostrofi, quindi diventa una guida sicura. Scampato il rischio dell’errore banale, perché occuparsi di che cosa si vuole dire? I ragazzi lo sanno, con quei compiti hanno siglato una condanna: d’ora in poi, le ore di lezione diventeranno – anche – ore di lettura; i compiti scritti, saranno tutti scritti a mano. Perché nessuno si deve permettere di prendere il vostro posto, quando pensate, quando parlate, quando scrivete.