Nocino e cellulari dimenticati

/ 14.05.2018
di Bruno Gambarotta

Leggo troppi gialli. E poi vado in paranoia. Due giorni fa, nel corso di un bel tramonto luminoso, pedalando sulla pista ciclabile lungo un viale che fiancheggia un parco adagiato sulla sponda del Po, ho intravisto una giovane coppia, un uomo e una donna alzarsi dalla panchina dov’erano stati seduti e abbracciati per salire su un taxi che si era accostato. Scorrendo di fianco alla panchina ho scoperto, quando già il taxi si era allontanato, che avevano dimenticato un cellulare ultimo modello. Ne posseggo uno vecchio che serve solo per telefonare, non m’intendo di quelli nuovi. Ho pensato di prenderlo e, rispondendo alla prima telefonata, farmi dire il nome del proprietario per organizzare la restituzione.

Mi sono però ricordato di un fatto analogo, successo anni fa, a ruoli invertiti. Mentre tornavo a casa, sempre in bicicletta, dalla tasca del giaccone invernale mi era caduto il mazzo con tutte le chiavi di casa, quando me ne sono accorto non ho avuto il tempo di disperarmi perché un anziano signore che stava portando a spasso un cagnolino, le aveva viste cadere e, conoscendo il mio indirizzo me le aveva riportate. Volendo dargli un segno della mia riconoscenza gli ho regalato una magnum di grappa stravecchia che avevo in casa da tanti anni, nella sua artistica cassetta di legno con il coperchio scorrevole. Gli ho fatto notare che sarebbe stata una perfetta bara per il suo cagnolino, quando sarebbe giunto il momento e lui mi ha guardato storto. La gente è strana. Mi sono affrettato a raccontare l’episodio a mia moglie, credendo di essermi meritato i suoi elogi per due ragioni: avevo compiuto un gesto altruistico e avevo trovato il modo di disfarmi di quella grappa e della tentazione di berla. Lei invece mi ha dato dell’incosciente e dell’irresponsabile: «E se per quel vecchio la grappa fosse un veleno mortale?» «Be’», ho replicato, «può sempre imitare il mio gesto, riciclarla a qualcuno che gli ha fatto un favore». Non è bastato a convincerla: «Un vecchio solitario che di notte porta a spasso un cane al novanta per cento è un vedovo. Avesse ancora la moglie lei potrebbe metterlo in guardia, ma ora lui si lascia andare, pensando che un bicchierino non potrà fargli del male. Invece no, ci resta secco. I vicini di casa, allarmati dall’abbaiare del cane, chiamano la polizia. Iniziano le indagini e tu passi i tuoi guai. Non dirmi che non ti avevo avvertito». E qui, da lettore di romanzi polizieschi, mi sono ribellato: «Gli investigatori per risalire al colpevole vanno in cerca di un movente. Non arriveranno mai a me».

Infatti non ci sono mai arrivati. Ritornando al cellulare che ho rinvenuto sulla panchina, ho pensato: se rintraccio il suo titolare, lui è capace che mi regala una bottiglia di liquore fatto in casa. Come sapete, è in atto una raccolta di firme perché le Nazioni Unite mettano al bando i liquori fatti in casa. Facciamo l’ipotesi che si tratti di un nocino, sono solo in casa e nessuno può salvarmi dalla tentazione di assaggiarlo, incurante del fatto che una volta, al terzo bicchierino, ho avuto la visione di San Secondo, il patrono della mia città natale, che mi rimproverava. Il nocino fatto in casa è un’arma micidiale; lo fabbricano mettendo a macerare nell’alcol le noci ancora verdi, con tutto il mallo e le tengono lì per mesi, finché non si disfano completamente. Viene fuori un liquore nero, per versarne un piccolo quantitativo è necessario tenere la bottiglia capovolta per un quarto d’ora. Se lo bevi ti tappa lo stomaco che d’ora in poi dividerà gli anni in «prima del nocino» e «dopo il nocino». Per farla breve il primo che rientra in casa mi trova in stato di morte apparente, crollato sulla scrivania del mio studio. Mia moglie chiama l’autoambulanza, mi ricoverano in rianimazione e, mentre ancora non ho ripreso conoscenza, iniziano le indagini. Che sono serrate, incalzanti, sappiamo tutti, noi lettori di cronaca nera, che il tempo lavora a favore degli assassini, trascorse ventiquattrore diventa arduo trovare un colpevole.

La domanda centrale è sempre la stessa: cui prodest? Qual è il movente che ha ispirato il gesto criminale? Si scava nel mio passato, si fruga nei cassetti della scrivania, nel rendiconto delle carte di credito, si leggono i messaggi sul cellulare e sulla posta elettronica, soprattutto negli articoli che ho scritto per «Azione», per analizzarli al fine di scoprire se qualcuno potesse essersi risentito al punto da architettare la vendetta. Quell’avanzo di nocino rimasto in fondo alla bottiglia viene inviato per le analisi al Ris di Parma, già oberato di lavoro. Tutti coloro che hanno l’hobby di fabbricarsi il nocino in casa vengono passati al setaccio mentre i più timorosi, prima che arrivi la polizia, vanno di notte a seppellire in un prato le bottiglie già pronte. Mi ribello all’idea che il frutto di tanta fatica vada perduto. Ecco perché ho lasciato che fosse un altro a trovare il cellulare dimenticato sulla panchina.