Next Stop: NEXPO

/ 02.04.2018
di Orazio Martinetti

Si sa, i mega-eventi non hanno vita facile. Esposizioni nazionali, campionati mondiali, olimpiadi macinano milioni, senza che emerga una chiara contropartita, ovvero il rilancio economico della regione organizzatrice. È quindi comprensibile che la popolazione si mostri guardinga: il santo vale la candela? Alla fine chi tapperà la voragine che fatalmente si aprirà nei conti pubblici? Gli esempi, interni ed esteri, per non dire gli scandali, non mancano. Nell’opinione pubblica brucia ancora il ricordo di Expo.02, il laborioso avvicinamento, il rinvio, gli strascichi polemici, i buchi nel bilancio. Molti, al termine di quel tortuoso cammino, dissero «mai più». Mai più un simile inutile dinosauro nell’orizzonte elvetico.

Eppure di tanto in tanto il sogno rinasce. Dopo Expo.02 si sono fatti avanti i cantoni nord-occidentali, con epicentro Argovia. Il progetto – intitolato «Svizra27» – si proponeva di allestire per il 2027 una serie di manifestazioni incentrate sulla triade «uomo-lavoro-coesione». All’ideazione e al finanziamento avrebbero dovuto partecipare altri cantoni della fascia, come San Gallo, Turgovia, i due Basilea. L’iniziativa è stata tuttavia affossata già dopo i primi passi in due consultazioni popolari.

Ora ci riprovano le città, i dieci comuni urbani più popolosi: Basilea, Berna, Bienne, Ginevra, Losanna, Lugano, Lucerna, San Gallo, Winterthur e Zurigo. La nuova Expo in fase di elaborazione si chiama NEXPO e assicura di non voler ripetere gli errori del passato. Promette di configurarsi dal basso e in modo decentrato, attraverso la partecipazione attiva degli abitanti, e soprattutto di mobilitare i giovani, i cittadini della Svizzera di domani. Nessun gigantismo, nessuna infrastruttura fine a se stessa, ma la tessitura di una rete di relazioni, mentali più che materiali. Ma diamo la parola ai promotori, una commissione di studio istituita dalle dieci municipalità: «L’Expo del futuro non è destinata a diventare un parco tematico di consumo, né un laboratorio scientifico per esperti della società. La mission di NEXPO è avviare un movimento culturale che si concentri sul futuro della Svizzera. Mira ad incoraggiare la partecipazione, promuovere interazioni visionarie tra persone e territorio, presentare idee innovative e trasmetterle in modo popolare e accattivante». Anche qui sono tre i princìpi-guida: «innovazione, partecipazione e spazio vitale». 

L’idea di ripensare e riprogettare la Confederazione a partire dal reticolo urbano, agendo dal basso e non calando dall’alto contenitori già pronti all’uso, non è nuovissima. L’avevano formulata negli scorsi decenni l’associazione «Metropoli Svizzera» e ancor prima il gruppo ticinese che aveva proposto l’expo «Le nuove frontiere», da tenersi nel 1998 sui tre laghi Lemano, Bodano e Verbano nonché sul grigionese Piz Lunghin. I temi-chiave erano allora la Vita, il Sapere, la Pace e la Libertà. Non se ne fece nulla, ma intanto il gruppo aveva indicato una via e un metodo.

Adesso tocca alle città, ovvero alla Svizzera urbana. Sono quegli agglomerati che negli ultimi decenni hanno attirato e metabolizzato la famiglia dei nuovi saperi e le attività del terziario, dal settore finanziario ai centri di ricerca, dalle alte scuole all’industria culturale in tutte le sue numerose articolazioni. È qui che, nel corso dei decenni, è confluita l’energia creativa della società post-industriale, favorendo la gemmazione di lavori e servizi legati alle tecnologie dell’informazione, della robotica e delle scienze biomediche. La città come concentrato «smart», laboratorio intelligente nel campo dell’ambiente, della mobilità, dell’energia, dell’amministrazione amica dei cittadini.

Rimarrà comunque da definire la relazione tra i centri urbani e le periferie, in particolare con le regioni di montagna, dato che non è scontato che la prosperità dei primi ricada automaticamente sulle seconde. Anzi, storicamente si è piuttosto avvenuto al contrario: spopolamento, spoliazione delle risorse naturali, abbandono.

Inoltre, nei documenti che abbiamo consultato, non appare mai la parola «Europa». Come se tutto si esaurisse in un circuito chiuso, senza aperture verso i paesi confinanti. Ma siamo ancora allo stadio embrionale (l’avvio è previsto nel 2023); diamo tempo ai volenterosi sindaci e anche fiducia. Un paese che smettesse di riflettere cesserebbe di vivere.