Macron al contrattacco

/ 11.02.2019
di Paola Peduzzi

La polarità si è invertita di nuovo, nella Francia delle piazze catarifrangenti e dei foulard rossi, due visioni del mondo che si scontrano, con in mezzo il presidente, Emmanuel Macron, il dittatore secondo i gilet gialli (che detto da un gruppo tendenzialmente russofilo e madurista fa un po’ ridere), l’argine alla distruzione secondo gli altri. Dopo aver subito l’arrembaggio della protesta che si è gonfiata a dismisura da dicembre a oggi – grazie a un coro internazionale indefesso e dall’identità chiarissima: i russi da una parte, l’alt right americana dall’altra, il populismo di destra e di sinistra nel cuore europeo – Macron sta recuperando popolarità: i grand débat, nati come una rincorsa ai gilet gialli dopo che l’Eliseo aveva perso la presa sul discours national, hanno segnato un cambiamento importante. In questi incontri con i cittadini, Macron dà il meglio di sé, ha ritrovato la grinta da candidato outsider delle presidenziali, è spigliato, diretto, convincente. Ha dalla sua la forza della ragionevolezza, che di questi tempi è merce rara nel dibattito europeo: la guerra per la normalità, per il buon senso, è tornata a essere prioritaria nel fronte antipopulista, e a chi si lamenta che è un po’ noiosa, Macron offre in cambio le dichiarazioni esagitate e poco edificanti dei gilet gialli. I quali come si sa non sono tutti uguali: ci sono quelli più moderati che vogliono offrire una visione alternativa a quella liberale di Macron, ma le loro voci sono state soffocate dagli altri, da quelli che evocano la guerra civile e la presa della Bastiglia, denunciando il governo al contempo tecnocrate e picchiatore (la legge antiteppisti ha tormentato il Parlamento in questi ultimi giorni). Questi ultimi stanno cercando alleanze in Europa nella speranza di presentare una lista spacca-tutto al voto per le europee di fine maggio – hanno trovato una porta aperta nell’Italia gialloverde, che continua la sua lotta contro Macron e il macronismo, che corteggia i ribelli, e che si è inventata un proprio movimento di gilet gialli, adattamento dei francesi, con un twist tutto italiano che va dall’Italexit allo stop della fattura elettronica all’assenza dell’obbligo vaccinale. 

Poiché tra le varie istanze dibattute c’è anche quella della democrazia diretta, Macron ha cercato di sottrarre l’arma fatale ai suoi oppositori e ha fatto sapere che potrebbe indire alcuni referendum nello stesso giorno delle europee. Il referendum è diventato un martello da picchiare sui tavoli di ogni negoziato, l’esperienza britannica mostra che non è uno strumento, come dire, risolutivo, e che la volontà popolare può trasformarsi in un mostro indomabile. Ma è pur sempre la sintesi istituzionale della democrazia diretta, così Macron ha sventolato l’ipotesi, creando il panico nel suo stesso governo: non c’è tempo tecnico, dicono alcuni, non c’è nemmeno un quesito cui fare riferimento, dicono altri, e poi lo sappiamo – dicono in coro molti – che spesso i referendum non sono sulla domanda scritta sulla scheda elettorale bensì su chi pone la domanda (l’esperienza italiana del governo Renzi è in questo senso esplicativa). Non si sa insomma se poi sia una grande idea quella di unire il voto europeo al voto referendario, ma al momento a Macron è stato sufficiente porre la questione per ribaltare ulteriormente la polarità con i gilet gialli: non siete voi catarifrangenti ad avere il monopolio del popolo. Con il dialogo diretto con i francesi, il presidente è anche riuscito a rimobilitare la sua base, che era stata molto attiva nel 2017 e che poi si è un po’ dispersa e che ora si rimette in mostra, con il foulard rosso. 

Soprattutto, come già era accaduto nel suo anno magico, Macron riesce ad approfittare delle divisioni della sua opposizione. La destra è sempre in crisi identitaria, e il «Monde» sta pubblicando in queste settimane dei dossier sul malessere gollista che deve risultare parecchio doloroso tra i Républicains: ci sono le liti e le debolezze dei loro leader, tutte messe in fila. I gilet gialli poi fanno gola sia a Marine Le Pen a destra sia a Jean-Luc Mélenchon, ma dopo un iniziale idillio, i due stanno cercando, almeno pubblicamente, di prendere le distanze l’uno dall’altro: ai loro elettorati l’alleanza sembra davvero innaturale, per quanto la realtà dimostri che mai come ora gli estremi abbiano punti di contatto sempre più evidenti. Per disinnescare entrambi, Macron li ha invitati all’Eliseo per un dialogo costruttivo: la trappola perfetta.