L’occupazione che non dovrebbe crescere

/ 24.04.2017
di Angelo Rossi

Di solito i media parlano sempre in positivo dell’aumento degli occupati o dei posti di lavoro di un’azienda, di un ramo o di un settore. Diventano però scettici quando si tratta di aumenti del personale occupato nelle amministrazioni pubbliche o in rami – come l’educazione, il sociale o la sanità – dove l’intervento pubblico è dominante. Due titoli scelti tra quelli di una dozzina di articoli apparsi negli ultimi mesi, possono servire per meglio descrivere questa situazione. «Questo mercato del lavoro bisognerebbe poterselo permettere» scriveva, all’inizio di gennaio di quest’anno, il «Tages Anzeiger» parlando delle tendenze di aumento dell’occupazione nelle attività del parastato. Neanche un mese dopo la «NZZ» gli faceva eco con il titolo «L’amministrazione (intendendo quella federale) continua a crescere». Le amministrazioni statali (non solo quella della Confederazione ma anche quelle di Cantoni e Comuni) e le attività del parastato sono oggi molto attrattive per chi cerca impiego.

È facile capire il perché. Nel corso degli ultimi tre decenni il mercato del lavoro svizzero si è molto flessibilizzato. È aumentato il tasso di disoccupazione ed è fortemente aumentata anche la quota delle persone che vi lavorano a tempo parziale. Quella che era un’esperienza comune per molti lavoratori, ancora pochi decenni fa, ossia di entrare, una volta terminato il tirocinio, in un’azienda e di passarvi tutto il periodo della vita lavorativa è diventata oggi una grande eccezione. Come eccezionale sta diventando il fatto di ottenere un posto di lavoro a tempo pieno. Salvo naturalmente nelle attività statali e parastatali. Pur avendo soppresso, o quasi, lo statuto del funzionario che assicurava praticamente, a chi lo deteneva, un impiego per la vita e uno stipendio che aumentava in parallelo con la durata del rapporto di lavoro, le amministrazioni pubbliche e le aziende del parastato continuano a garantire un’elevata sicurezza del posto di lavoro. In un mercato del lavoro dove il precariato è una condizione che si espande sempre di più è quindi normale che chi cerca lavoro si orienti, di preferenza, verso le attività statali e parastatali. Ma anche la domanda di lavoratori da parte del settore pubblico è in continuo aumento.

I due esempi sempre citati sono quelli della sanità e dell’educazione. Mentre nel settore sanitario, nel corso degli ultimi 25 anni, il personale è aumentato del 66%, ossia a un tasso del 2% annuale, nel settore dell’educazione gli effettivi sono aumentati del 54%, ossia a un tasso pari all’1,7%. Per il confronto si tenga presente che il tasso di aumento annuale medio dell’occupazione in Svizzera, nel corso del periodo 1991-2016, è stato pari allo 0,9%. Le ragioni di questo forte aumento sono diverse. Per quel che riguarda l’educazione si osserva che a fronte di una stagnazione degli scolari nei livelli di scuola inferiori si è avuta una sorta di esplosione nel livello terziario in seguito allo sviluppo delle scuole universitarie professionali. Anche i servizi specializzati che sostengono gli educatori hanno visto il numero dei posti di lavoro aumentare. C’è chi sostiene che questo aumento sia eccessivo e, soprattutto, che, in questo settore, non siano i bisogni, ma piuttosto la disponibilità di insegnanti a far aumentare il numero dei posti di lavoro.

Sono ipotesi che restano tuttavia da dimostrare. L’occupazione nel sanitario sembrerebbe aumentare perché da un lato, in seguito al continuo invecchiamento della popolazione, la richiesta di prestazioni aumenta e, dall’altro, perché è difficile far aumentare la produttività delle cure, siano esse prestate a domicilio o in ospedale. Aumentano naturalmente anche gli effettivi degli impiegati delle amministrazioni pubbliche, sebbene a un tasso molto più contenuto (intorno all’1% annuale). In questo caso sono quasi sempre nuovi bisogni nel campo della sicurezza, della politica di controllo delle migrazioni, o del controllo amministrativo a far crescere il numero dei posti di lavoro. L’aumento dell’impiego nelle attività del settore pubblico e in quelle dei settori parapubblici preoccupa le autorità di tutti i livelli perché i costi del personale nei conti pubblici rappresentano sempre la fonte di spesa più importante. Le misure di freno alle assunzioni sembrano avere effetto solo per periodi di tempo limitato. A differenza del settore privato, nel pubblico le chiusure e le fusioni non portano immediatamente a una riduzione del personale. Qualche grado di libertà in più lo si può ottenere privatizzando quelle attività che possono concorrere sul mercato. Tuttavia l’evoluzione dell’impiego pubblico e parapubblico di quest’ultimo quarto di secolo dimostra che anche le privatizzazioni delle aziende pubbliche non hanno portato a una flessione della tendenza all’aumento più che proporzionale dell’occupazione.