L’indebitamento dei privati in Svizzera sta aumentando. È una delle conseguenze poco gradite dei tassi di interesse bassi. Quando il denaro costa poco la tentazione di indebitarsi si rafforza. Stando alla Centrale per le informazioni sul credito, nel 2018 i crediti al consumo pendenti in Svizzera ammontavano a 76 miliardi di franchi, con un aumento pari al 6% rispetto all’anno precedente. I debiti per beni di consumo sono dunque aumentati a un tasso praticamente doppio del tasso di crescita nominale del Pil nazionale. Dal 2004 l’aggregato di questi crediti (leasing di automobili, crediti a contanti e crediti al consumo) sarebbe aumentato del 60%, mentre il Pil nominale, nello stesso periodo di tempo, non è aumentato che del 40,6%.
A facilitare questa crescita è stato in primo luogo, il miglioramento delle prospettive economiche a medio termine. Negli anni successivi alla crisi del 2008/2009 il credito al consumo si era ridotto, nel nostro paese, di quasi un terzo. Il ritrovamento di un tasso di crescita del Pil nominale superiore all’1% annuo ha probabilmente influenzato in positivo le aspettative non solo degli investitori ma anche quelle dei consumatori di beni durevoli. Un secondo fattore che ha favorito lo sviluppo del credito al consumo è stata la riduzione, intervenuta nel 2016, del tasso di interesse massimo per questi tipi di credito dal 15 al 10%. Sull’espansione del credito al consumo ha influito anche l’apparizione di nuove forme di finanziamento come le piattaforme Crowd Lending.
Sui vantaggi e gli svantaggi dell’indebitamento per crediti al consumo si discute da molto tempo. L’argomentazione dei contrari è che a fare debiti sono normalmente i ceti più poveri della popolazione che, con una pubblicità molto insistente, vengono spesso indotti a fare spese inutili ed eccessive privandosi magari di una parte del necessario per comperare un bene di lusso. L’argomento delle banche specializzate e delle altre organizzazioni finanziatrici a favore di questo tipo di credito è che lo stesso è molto remunerativo (in Svizzera si parla di rendite del 6-7% annuali) e che, tutto sommato, le perdite per crediti rimasti impagati sono abbastanza contenute. Ciò significa che i finanziatori procedono sempre con i piedi piombo concedendo i crediti tenendo conto delle disponibilità finanziarie effettive del debitore. Lo prova la quota relativamente bassa di economie domestiche che non riescono a pagare gli interessi dovuti. In effetti, la statistica federale prova che solo il 2,5% delle economie domestiche accusa ritardi nel pagamento degli interessi di questi crediti, mentre per cespiti di spesa obbligatori, come per esempio i premi di cassa malati o le imposte, la quota delle economie domestiche con ritardo nei pagamenti è nettamente superiore al 5%, (in Ticino il 6,4% per i premi di cassa malati e addirittura il 10,3% per le imposte).
Preoccupa comunque che la quota delle economie domestiche con almeno un ritardo nei pagamenti continui ad aumentare. Questa tendenza indica che, indipendentemente dal livello di indebitamento raggiunto sin qui, a livello nazionale come a livello cantonale, molte economie domestiche hanno problemi nell’amministrazione delle proprie risorse. Stando ai risultati dell’indagine sui redditi e sulle condizioni di vita delle economie domestiche del 2013, l’ultima disponibile, il 9,1% delle economie domestiche interpellate in Svizzera riconoscevano che per loro era molto difficile tenere sotto controllo il loro budget. In Ticino, questa percentuale saliva addirittura al 17,5%. E questo nonostante le economie domestiche ticinesi, più di quelle delle altre regioni del paese, fossero quelle che più si sforzavano di risparmiare e quelle che meno effettuavano acquisti di un certo valore impulsivamente. Il loro difficile rapporto con il denaro deve essere attribuito al fatto che le famiglie ticinesi erano purtroppo anche quelle che disponevano del reddito disponibile più basso: quasi il 30% in meno della media nazionale.