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L’importanza del padre

/ 03.12.2018
di Silvia Vegetti Finzi

Cara Silvia,

mi ha molto colpita la lettera di Estella, la «mamma cattiva», perché anch’io ho rischiato di comportarmi allo stesso modo. Ma quello che mi ha mosso a scriverle è la constatazione che, nella vita di quella donna, non c’è posto per il padre di suo figlio. Persino lei, cara Silvia, sempre così attenta ai rapporti familiari, non fa rilevare questa mancanza.

Ed è in proposito che le scrivo, non per salire in cattedra ma per dare una testimonianza che mi auguro possa servire alle mamme in difficoltà, convinta come sono che anche quando sbagliano non vanno condannate ma aiutate dai papà, troppo spesso immaturi e impreparati.

Anch’io, come Estella, non ho avuto un buon rapporto con mia madre, separata da quando avevo quattro anni. Cresciuta tra incomprensioni e litigi, sono stata sballottata da una parte e all’altra.

Così che, quando sono rimasta incinta, mi sentivo confusa e spaventata e i primi mesi di nausea gravidica non mi hanno permesso di prepararmi al lieto evento. Che infatti non è stato lieto.

Tornata a casa, sola col mio fagottino non sapevo da che parte voltarmi. Ma sono stata fortunata perché ho trovato accanto a me un uomo straordinario. Si è dimostrato subito un buon padre e un buon compagno accettando i miei sbalzi di umore, sostenendomi nei momenti di stanchezza, sostituendomi appena possibile in modo da lasciarmi qualche spazio di libertà per telefonare alle amiche, andare dal parrucchiere, seguire il mio programma preferito in Tv. E soprattutto mi ha sempre fatto sentire una donna, oltre che una mamma.

Ora nostro figlio Alessio ha cinque anni e con suo padre ha un ottimo rapporto: sono amici e complici. Come vede, molto dipende dagli uomini ed è a loro che mi rivolgo per dire: state accanto a mamma-figlio in modo discreto e premuroso e vedrete che, non solo farete la cosa più giusta per loro, ma anche la più bella per voi. Grazie per l’ascolto. / Lucia

 

Cara Lucia,

la ringrazio per questa bella testimonianza che mi permette di sottolineare, nell’ambito del rapporto madre-figlio, l’importanza del padre. Una figura che avevo lasciato in ombra per non turbare il grido di dolore di una madre che si riconosce coraggiosamente incapace di comportarsi come vorrebbe, di non essere all’altezza dei suoi ideali.

In proposito lei, cara amica, ha ragione: il padre è la persona più efficace per contenere l’ansia di una neo-madre e proteggere la coppia madre-figlio da rischi involutivi.

Ma trasformare il due in tre, accettare l’introduzione di un terzo non è mai facile. L’amore materno, anche se ambivalente, fatto di luci e di ombre come tutti i sentimenti, tende a essere assoluto e possessivo. Molte giovani donne si aspettano che il compagno si comporti come farebbe la loro mamma, senza ammettere le insuperabili differenze di sesso, di età, di ruolo. E, appena lui si rivela impacciato e maldestro, lo allontanano deluse con la frase: «lascia stare, faccio io».

Ma anche la paternità s’impara e, con un po’ di pazienza, i due modi di fare finiscono per armonizzarsi. Senza che lui diventi un «mammo» però, perché i bambini hanno bisogno di due genitori, capaci di collaborare senza perdere le caratteristiche specifiche.

Avete mai osservato una mamma dinanzi al fasciatoio? Tocca delicatamente il suo cuccioletto, lo accarezza, lo vezzeggia, lo bacia, lo stringe al petto. Il papà invece lo schernisce «Ma va là piscione!», lo maneggia come una polpetta, gli parla come fosse un ragazzino e infine lo fa volteggiare per l’immancabile «vola vola». In tal modo il bambino riceve due messaggi che gli saranno utili sino all’adolescenza: mentre la mamma dice «resta», il papà gli suggerisce «vai», due movimenti complementari, necessari per raggiungere l’autonomia preservando la sicurezza.

Una tentazione dei padri più giovani è invece quella di trasformare il necessario supporto fisico e psichico alla madre in una competizione, in una gara a punti per stabilire chi è più abile e competente. In questi casi la sfida danneggia l’attaccamento profondo che lega madre e figlio.

In ogni caso è opportuno che la coppia originaria si apra progressivamente per far entrare in gioco anche il papà. Una mossa importante che aiuta tutti, soprattutto i bambini, accompagnandoli più attrezzati lungo il cammino della vita. Ci saranno inevitabilmente frangenti difficili ed è importante prepararsi per tempo ad affrontarli senza temere di provare, sbagliare e riprovare. Ricordo che le scadenze più a rischio per la tenuta della coppia sono oggi quelle legate all’arrivo e all’uscita di casa dei figli, prove impegnative che si superano meglio accettando la miscela che tiene insieme, nello straordinario laboratorio della famiglia, somiglianze e differenze, vicinanze e lontananze.